Opinioni
Cosa c'è di strano nell'inchiesta su De Luca
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2015-11-11
Il governatore campano sarebbe stato minacciato dagli altri indagati nell’inchiesta che lo riguarda. Il reato è di concussione per induzione. Ma allora perché è stato iscritto anche lui nel registro?
Vincenzo De Luca sarebbe stato minacciato da alcuni indagati nella vicenda di una decisione del tribunale civile di Napoli a lui sfavorevole se non avesse provveduto, è stato scritto nel capo di imputazione, ad una nomina nella sanità campana. È su questo filone che verte l’inchiesta della procura di Roma. Sono 7 gli indagati della procura di Roma nell’inchiesta che coinvolge Vincenzo De Luca. Con il governatore sono iscritti tra gli altri con l’accusa di concussione per induzione, il giudice Anna Scognamiglio e l’ex capo segreteria di De Luca, Carmelo Mastursi. Tutti, tranne De Luca, sono stati perquisiti il 19 ottobre. Per questo il governatore della Campania in conferenza stampa dice di essere la vittima del reato.
Cosa c’è di strano nell’inchiesta su De Luca
Gli altri indagati sono l’avvocato Guglielmo Manna, marito della Scognamiglio, Giorgio Poziello e Gianfranco Brancaccio, intermediari, Giuseppe Vetrano, ex coordinatore delle liste che hanno sostenuto De Luca in campagna elettorale. Nessuno dei perquisiti ha fatto ricorso al tribunale del riesame di Roma per impugnare i decreti di sequestro. L’inchiesta, affidata ai pm Corrado Fasanelli e Giorgio Orano, ha preso spunto da una trasmissione di atti da parte della procura di Napoli. I pubblici ministeri di Roma scrivono della minaccia nel capo d’imputazione del decreto di perquisizione eseguito nelle scorse settimane. La Scognamiglio, sempre secondo gli inquirenti, “abusando della sua qualità e dei poteri decisionali nella suddetta controversia giudiziaria, in concorso con il coniuge Guglielmo Manna e con gli intermediari Giorgio Poziello e Gianfranco Brancaccio, minacciando De Luca, per il tramite di Vetrano e Mastursi di una decisione a lui sfavorevole da parte del tribunale con conseguente perdita della carica ricoperta, inducevano il medesimo (De Luca) a promettere a Manna la nomina ad una importante carica dirigenziale nella sanità campana”. Questo messaggio sarebbe stato recapitato sempre tramite Vetrano e Mastursi. La condotta sarebbe stata “reiterata” in occasione “dell’udienza tenutasi al tribunale di Napoli l’11 settembre 2015 ed avente ad oggetto la legittimità del Dpcm che aveva sospeso De Luca dalla carica di presidente della Regione Campania”.
De Luca e il reato di concussione per induzione
Il “nuovo” reato di concussione per induzione, che ha avuto un ruolo nella vicenda Ruby e nell’assoluzione di Berlusconi, è stato cambiato in occasione della legge Severino nel 2012 dal governo Monti: ancora la stessa legge torna nella vicenda De Luca.
Prima della riforma, l’articolo 317 del Codice penale sulla concussione teneva insieme (punendole con la medesima pena) le condotte di costrizione e di induzione; dopo, invece, solo la costrizione è rimasta nell’articolo 317 (pena da 4 a 10 anni) mentre l’induzione è diventata un reato autonomo (articolo 319 quater) in cui il pubblico ufficiale è punito meno gravemente (da 3 a 8 anni) e che sanziona anche l’«indotto» (fino a 3 anni).
La procura di Roma ha anche precisato che non c’è la sentenza pronunciata a Napoli dal Tribunale sul caso De Luca all’attenzione dei pm capitolini titolari dell’inchiesta. La sentenza, ha precisato il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone, “non è oggetto di esame da parte della procura”. Allo stato dell’inchiesta non sono previsti interrogatori degli indagati e le indagini potrebbero anche concludersi nel giro di qualche settimana. L’articolo in oggetto dice:
« Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità è punito con la reclusione da tre a otto anni. Nei casi previsti dal primo comma, chi dà o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione fino a tre anni. »
Scognamiglio e Manna separati in casa
De Luca ha detto in conferenza stampa di non conoscere Manna, ovvero l’avvocato marito della giudice Scognamiglio. La stessa Scognamiglio in una dichiarazione all’agenzia di stampa ANSA che viveva da anni da separata in casa con il marito. «La nostra convivenza era solo formale e dovuta alla necessità di salvaguardare l’equilibrio psichico dei nostri due ragazzi; insomma vivevamo da “separati in casa” e ognuno di noi aveva ed ha la sua vita, anche sentimentale, del tutto autonoma». E inoltre: «Mai e poi mai avrei compromesso i miei principi morali e la mia professionalità allo scopo di procurargli illeciti vantaggi di carriera. Aggiungo, che dopo la perquisizione da me subita e dopo aver preso cognizione del capo di imputazione, ho posto fine alla convivenza, sia pure solo formale, con mio marito». Anche lei ha escluso di conoscere De Luca. Ma se la ricostruzione è quella che sta uscendo in queste ore, e che vede Mastursi minacciato da Manna per ottenere qualcosa tramite De Luca, perché il governatore è stato iscritto nel registro degli indagati? Perché il punisce, oltre al pubblico ufficiale che minaccia o abusa (in questo caso , il giudice) , anche il “concusso” di un tempo (nel nostro caso, il governatore): che diventa concorrente del reato perché aveva la possibilità di reagire e non l’ha fatto, per “promettere o dare utilità”. In altre parole, di fronte alla richiesta, era necessario denunciare, altrimenti si diventa complici del reato ipotizzato. Un’interpretazione difficile da digerire per il presidente della Regione.