Cultura e scienze

Come il Coronavirus ritrovato nelle acque reflue può essere indicatore di focolai in atto

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-04-22

Uno studio dell’ISS trova RNA di SARS-COV-2 a Roma e a Milano: “il ritrovamento non ha nessun rischio, ma il risultato rafforza le prospettive di usare il controllo delle acque in fognatura dei centri urbani come strumento non invasivo per rilevare precocemente la presenza di infezioni nella popolazione”

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Uno studio condotto a Roma e Milano dal gruppo guidato da Giuseppina La Rosa del Reparto di Qualità dell’Acqua e Salute Del Dipartimento Ambiente e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità suggerisce che il materiale genetico del virus SARS-COV-2 possa essere trovato nelle acque di scarico, permettendo quindi di usare questo tipo di campionamenti come spia della presenza di un focolaio epidemico.

Il Coronavirus nelle acque reflue a Roma e Milano

“Abbiamo selezionato e analizzato per la ricerca del virus, un gruppo di 8 campioni di acque di scarico raccolti dal 3 al 28 febbraio a Milano e dal 31 marzo al 2 aprile a Roma – spiega La Rosa -. In 2 campioni raccolti nella rete fognaria della zona Occidentale e Centro-orientale di Milano è stata confermata la presenza di RNA del nuovo coronavirus. Nel caso di Roma, lo stesso risultato positivo è stato riscontrato in tutti i campioni prelevati nell’area orientale della città. Stiamo ora estendendo la ricerca ad altri campioni di acque di scarico provenienti da una rete di raccolta in diverse regioni, costruita negli anni nell’ambito di un progetto finanziato dal Centro Nazionale di prevenzione e Controllo delle Malattie (CCM) del Ministero della Salute”, dice La Rosa  in un comunicato pubblicato sul sito, mentre Luca Lucentini,  direttore del Reparto di Qualità dell’Acqua e Salute dell’ISS, specifica che “il ritrovamento non ha nessun rischio. Il risultato rafforza le prospettive di usare il controllo delle acque in fognatura dei centri urbani come strumento non invasivo per rilevare precocemente la presenza di infezioni nella popolazione. Nella fase 2 la sorveglianza potrà essere utilizzata per monitorare in modo indiretto la circolazione del virus ed evidenziare precocemente una sua eventuale ricomparsa, consentendo quindi di riconoscere e circoscrivere più rapidamente eventuali nuovi focolai epidemici. Una strategia che viene già usata per altri virus, come quello della polio. Aver trovato RNA virale, che quindi non necessariamente rappresenta un virus infettivo, nelle acque di scarico è un risultato che non sorprende e non implica alcun rischio per la salute umana – chiarisce Lucentini -. Come evidenziato in un recente documento pubblicato dall’Istituto, il ciclo idrico integrato, cioè il processo che comprende potabilizzazione delle acque e sistemi di fognatura e depurazione, è certamente sicuro e controllato rispetto alla diffusione del virus responsabile di COVID-19, come anche di altri patogeni”.

coronavirus acque reflue roma milano

Il Coronavirus nell’acqua non potabile a Parigi

Il 19 aprile scorso “minuscole tracce” del Coronavirus SARS-COV-2 e di COVID-19 sono state scoperte nella rete idrica non potabile della città di Parigi, quella utilizzata in particolare per pulire le strade, ma “non esiste alcun rischio per l’acqua potabile”, ha annunciato il municipio di Parigi. La notizia è stata riportata da AFP e Le Figaro . Secondo quanto scrive l’agenzia di stampa il laboratorio della gestione municipale “Eau de Paris” ha scoperto “nelle ultime 24 ore” la presenza di tracce del virus su 4 dei 27 campioni testati. La vicenda ha portato il comune a sospendere immediatamente l’uso della sua rete di acqua non potabile, come del ” principio precauzionale”, ha dichiarato il municipio ad AFP. Ma l’acqua potabile, che dipende da un’altra rete “completamente indipendente”, e “non presenta alcuna traccia del virus” e ” può essere consumata senza alcun rischio “, assicura il municipio.

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Ma, com’era prevedibile, la notizia si sta diffondendo molto velocemente in Francia, dove ieri i decessi per COVID-19 sono arrivati alla cifra di 19.323 persone.

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Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), SARS-CoV-2 si può mantenere in vita nell’acqua potabile, ma è molto improbabile. A metà marzo, l’organizzazione delle Nazioni Unite ha scritto che fino ad oggi non c’erano prove di tale persistenza, né nell’acqua potabile né nelle acque reflue. Studi su virus simili suggeriscono una durata di due giorni in acqua non clorata a 20 gradi centigradi. Sempre secondo questo documento dell’OMS, il rischio di contaminazione con Covid-19 da parte dei sistemi di acqua potabile è “basso”. Nel documento – che è possibile scaricare qui – l’OMS dice che sebbene sia possibile la persistenza del virus nell’acqua potabile, non esiste alcuna prova che i coronavirus possano contagiare attraverso l’acqua potabile contaminata. SARS-COV-2, spiega l’Organizzazione, è un “enveloped virus”, con una fragile membrana esterna. In genere, gli enveloped virus sono meno stabili nell’ambiente e sono più sensibili agli ossidanti, come il cloro. Sebbene non vi siano prove fino ad oggi sulla sopravvivenza del virus di COVID-19 nell’acqua o nelle acque reflue, è probabile che il virus venga inattivato in modo significativamente più rapido rispetto ai virus con trasmissione nota a base acquosa. L’OMS cita uno studio del 2005 che ha dimostrato che un coronavirus umano surrogato è sopravvissuto solo due giorni in acqua di rubinetto declorurata e in acque reflue ospedaliere a 20 gradi. Altri studi spiegano che i coronavirus umani trasmissibili hanno mostrato una mortalità del 99,9% in due giorni a 23 gradi centigradi. Célia Blauel, delegata del municipio, spiega che le tracce ritrovate sono piccolissime ma che in nome del principio di precauzione è stata avvertita l’Agence régionale de santé.

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