I concorsi truccati all’università e il linguaggio (sconcertante) utilizzato dai baroni

di Chiara Capuani

Pubblicato il 2022-05-29

Negli ultimi tre anni, ben nove procure hanno avviato indagini nelle università italiane, da Milano a Palermo, passando per Genova, Roma e Firenze.

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Un sistema basato sullo scambio di favori: oggi a te, domani a me. Sembra reggersi su questo concetto la struttura dei concorsi pubblici nelle università italiane, quegli stessi concorsi che dovrebbero (ipoteticamente) garantire l’accesso ai dipartimenti, l’avvio di una carriera accademica all’interno degli atenei, ma che – soprattutto nel nostro Paese – si rivelano spesso un incubo per i candidati, costretti a sottostare a bandi fatti ad hoc per individui prescelti, aspettando che arrivi il proprio turno. Forse. Prima o poi.

Come riporta un’inchiesta di Repubblica, negli ultimi tre anni ben nove procure hanno organizzato indagini strutturali nelle università italiane, da Milano a Palermo, passando per Genova, Roma e Firenze. Quello che emerge è un quadro scioccante, tra concorsi truccati e intercettazioni che portano alla luce un linguaggio – quello utilizzato dai baroni – davvero sconcertante. I settori più colpiti sono medicina e giurisprudenza, anche se il problema rimane trasversale. E i numeri parlano chiaro: negli ultimi dodici mesi sono 191 tra ricercatori, professori ordinari e associati, direttori di dipartimento, rettori ad essere indagati. I capi d’accusa vanno dalla truffa all’abuso di potere fino all’associazione a delinquere.

I concorsi truccati all’università e il linguaggio (sconcertante) utilizzato dai baroni

A corredo di questo sistema corrotto, sono spuntate poi anche le intercettazioni, pubblicate sempre da Repubblica a seguito dell’inchiesta. Ampio il ventaglio delle frasi utilizzate per mercanteggiare sulle cattedre. La regola di base? “Non si possono prima fare i bandi e poi cercare i vincitori, bisogna fare il contrario”. A Milano, un’inchiesta sui concorsi a Medicina presso l’ospedale Sacco, vede indagato l’infettivologo Massimo Galli: “Ma cerchiamo di fare le robe ogni tanto un po’ più…seriamente”, dichiarava la direttrice amministrativa di Scienze biomediche Monica Molinai a una ricercatrice, riferendosi alla disinvoltura di Galli nel pianificare i bandi. Le due commentavano anche la commissione: “Mettiamo che quello di Palermo sia abituato a metodi un po’ più spicci, quello di Roma magari sta più attento, no?”.

Intercettazioni che mettono in evidenza tutta la corruzione del sistema che, a Genova, si è tradotta in una specie di metafora gastronomica, con il prof Costanzo che, rivolgendosi al collega Daniele Granara in merito alla scelta fra cattedra in Diritto costituzionale e Diritto pubblico comparato, gli consigliava: “È solo una tua preferenza soggettiva…se vuoi il bignè o la torta o il cannolo”.

 

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