Si chiamano clausole di salvaguardia, e a ben guardare lo sono: del bilancio dello Stato, certo, non del cittadino o del consumatore. Si trovano (alcune confermate) nella Legge di Stabilità 2015. La clausole di salvaguardia è stata introdotta per la prima volta nella manovra di luglio 2011, sotto il gabinetto del ministro Giulio Tremonti. Negli anni è stata più volte modificata: all’epoca prevedeva l’aumento automatico dell’Iva nel caso non fossero stati recuperati 6,5 miliardi l’anno con il riordino dei bonus fiscali e assistenziali. Oggi la clausola è questa:
Nella legge di stabilità per il 2015 è inserita una clausola di salvaguardia che contiene già tre aumenti dell’IVA, a partire dal 2016 per finire al 2018: se mancheranno o non verranno raggiunti gli interventi programmati di spending review, scatterà dal 2016 la l’aumento delle aliquote Iva del 10% (che arriverà al 13% del 2017) e del 22% (che, partendo da 24% a partire dal 2016, toccherà il 25,5% dal 2018). Aumenteranno anche (ma a queste ci siamo già abituati) le accise sui carburanti. Laleggepertutti.it
Ma c’è di più. Scrive il Sole 24 Ore che il governo sta attendendo una risposta da Bruxelles riguardo il meccanismo del reverse charge (l’inversione contabile che elimina la detrazione dell’Iva sugli acquisti) e dello split payment (il pagamento dell’Iva della Pubblica Amministrazione direttamente all’Erario). La legge di Stabilità prevede, in caso che l’Europa respinga la nostra richiesta, una clausola di salvaguardia che attiverà l’aumento automatico delle accise sui carburanti già nel 2015 (circa 900 mln di euro). Ricapitolando, le clausole di salvaguardia prevedono un aumento dell’Iva dal 10 al 12% nel 2016, al 13% nel 2017 e dal 22 al 24% nel 2016, al 25% nel 2017 ed al 25,5% nel 2018. Federconsumatori e Adusbef hanno calcolato l’impatto sul portafoglio delle famiglie italiane degli eventuali aumenti.