Chi crede alle teorie complottiste

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-01-19

La percentuale di cittadini statunitensi che dicono di credere abbastanza o molto alle teorie cospirazioniste più in voga è da sempre molto alta. Vediamo quali sono le più popolari

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Il Sole 24 Ore pubblica oggi un’infografica che riepiloga la percentuale di cittadini statunitensi che dicono di credere abbastanza o molto alle teorie cospirazioniste più in voga: la teoria di maggior successo è quella che vuole che Lee Harvey Oswald non abbia agito da solo nell’omicidio di John Fitzgerald Kennedy, che oggi – aiutata anche da film e altri prodotti dell’industria culturale – viene creduta dal 47% delle persone. Il 29% degli americani pensa anche che esista un “deep state” dietro il presidente Donald Trump e la sua amministrazione, mentre il “classico” degli alieni nell’area 51 raccoglie il favore del 27% degli americani.

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Chi crede alle teorie complottiste (Il Sole 24 Ore, 19 gennaio 2020)

Intanto aumentano i rischi  per strumenti come la manipolazione dei video attraverso l’intelligenza artificiale:

La diffusione di questi tool sta diventando massiva. Secondo indiscrezioni di qualche giorno fa, rilanciate dalla rivista Techcrunch, anche la popolarissima piattaforma di video sharing TikTok starebbe realizzando un generatore di deepfake. In parallelo le grandi aziende tecnologiche si stanno impegnando per combattere il fenomeno. Amazon, Facebook e Microsoft hanno messo insieme una ‘Deepfake Detection Challenge’, mentre Google ha condiviso un database contenente diversi filmati deepfake allo scopo di allenare i meccanismi di image recognition a smascherare i video contraffatti.

Sul riconoscimento dell’immagine insomma si sono mossi non solo gli attori che di mestiere scrivono software e progettano tecnologie per il grande pubblico. Dal primo gennaio di quest’anno la Cina attraverso la Cyberspace Administration of China (CAC) ha vietato la pubblicazione e distribuzione di false notizie online create con sistemi di intelligenza artificiale. Secondo quanto risulta a Reuters, ogni contenuto che sia prodotto con sistemi a base di intelligenza artificiale dovrà essere presentato in modo da informarne chiaramente il pubblico.

La criminalizzazione dell’usa dell’Ai da parte dei cinesi è forse il migliore esempio di come l’Ai in quanto prodotto di criteri e regole umane è un oggetto politico a tutti gli effetti che non può essere affidato esclusivamente ai produttori di algoritmi e ai detentori di dati.

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