Opinioni
Il governo più baciapile degli ultimi 40 anni piacerà ai Vescovi italiani?
di Ugo Quinzi
Pubblicato il 2018-10-07
Quando potremo udire in modo chiaro dalla viva voce dei Vescovi della “chiesa debole” italiana – quella che sembra avere poco da dire e qualcosina da rimetterci – una parola critica appropriata, circostanziata, propositiva, motivata verso un certo provvedimento del governo o verso un certo ministro? Nella migliore delle ipotesi, quando saranno direttamente minacciati gli interessi della stessa Chiesa
Il governo più baciapile degli ultimi 40 anni piacerà ai Vescovi italiani? Bella domanda. Forse non basteranno i rosari e i vangeli sventolati dal greve Salvini durante i comizi davanti ai suoi accoliti padani o il forzosamente non colombino bacio del casto Di Maio alla fluttuante reliquia ematica di S. Gennaro per sciogliere l’apparente algore dei gerarchi ecclesiastici. L’esibizione del cameo pietralcinesco davanti ad un estatico Vespa da parte di un noto Presidente del Consiglio dei Ministri probabilmente manderà in deliquio zii francescani, poverelli assisiati e compagnie cantanti, ma non pare aver smosso più di tanto i frigidi poteri delle stanze segrete. Non quelle vaticane. Quelle della CEI, della Conferenza Episcopale Italiana. 242 vescovi censiti nel sito ufficiale alla data di oggi, che hanno in mano le sorti della Chiesa italiana. 8X1000 compreso.
Perché – sappiatelo – né il Vaticano né il Papa (per quanto primate, nel senso ecclesiologico del termine, d’Italia) si arrischiano l’ultima parola sulle questioni di Enotria, ma sono quei 242 primati (nel senso biologico del termine… forse non nella percezione di tutti loro, qualcuno crede altro…) che decidono le sorti dei rapporti coi governi che si avvicendano. Bassetti, il Presidente che li rappresenta primate tra i primati, è stato lapidario: “Non basta avere un governo per poter guidare il Paese” (Assemblea CEI, 22 maggio 2018). Come dire: non basta avere un Consiglio Permanente della CEI per guidare la Chiesa italiana. E il cardinale ha ragione, purtroppo. Così, concludendo la solenne assise episcopale, con gentile fermezza il porporato ammonì: “Noi saremo molto vigilanti nei confronti di coloro che vanno al governo, come abbiamo sempre fatto. Saremo coscienza critica. Tutto quello che è buono lo apprezzeremo, ma quello che va contro la famiglia, la persona, il migrante o chiunque egli sia, noi saremo voce critica” (24 maggio 2018). In realtà Bassetti, giova ricordarlo, è bergogliano a doc. Non gesuita, ma un po’ lo capisco, io che ho fatto 7 anni di Gregoriana dai gesuiti. Cerca di dare colpi delicati, per non far male, per non squassare con un ruggito improprio i già fin troppo fragili equilibri fuori della CEI (tra forze politiche e loro sostenitori) e dentro la CEI (tra Vescovi anti qualcosa o qualcuno e Vescovi pro qualcosa o qualcuno). I pressanti appelli del Presidente all’unità dei cattolici, almeno nella loro “interlocuzione pubblica” fanno ben capire che la Chiesa italiana si trova in una condizione di diaspora politica, quando non di vera e propria lotta intestina. C’è quindi da aspettarsi che la voce autorevole del Presidente dei Vescovi italiani, che in qualche modo dà voce a tutti i cattolici sparsi nella penisola, possa prendere una posizione netta su persone, azioni, programmi di governo? Nel tempo della “chiesa debole” minata nella sua credibilità morale dagli scandali, scossa nella sua unità dalle fronde interne e infiacchita nella sua azione pastorale da ineleganti sgambetti la risposta appare scontata. No. Gli esempi ci sono e continuano a moltiplicarsi.
Il 7 giugno partecipando alla Veglia di preghiera per l’Italia Bassetti dichiara con candore: “Facciamo i migliori auguri di buon lavoro al nuovo governo al servizio del bene comune del Paese. Ma non possiamo dimenticare che c’è stato un clima di tensione e attimi di conflittualità che sono emersi dalle viscere profonde del Paese… ho visto montare una rabbia sociale persino contro la persona del Presidente della Repubblica”. Questi attimi di conflittualità e di rabbia sociale hanno reso necessario l’intervento della magistratura. 39 persone indagate per attentato alla libertà del Presidente della Repubblica, offesa all’onore e al prestigio del Capo dello Stato e istigazione a delinquere. Mentre il casto leader del M5S chiedeva di mettere in stato accusa Mattarella. “Buon lavoro, nuovo governo, ma sappi che non inizi con i migliori auspici se fomenti proprio tu tensione, conflittualità e rabbia” con uno sforzetto in più si poteva dire senza offendere nessuno, dai! La critica più spinta ad un membro del nuovo governo arriva da Famiglia Cristiana, il periodico dei paolini con tiratura e diffusioni mostruose solo recentemente intaccate dalla crisi. Il 26 luglio FC pubblica una copertina emblematica, dove Salvini viene esorcizzato da una mano clericale: “Vade retro Salvini”. All’interno tra le voci significative di alcuni vescovi viene ripreso quanto Bassetti spiega sulla questione dei migranti l’11 luglio a Firenze nell’Abbazia di San Miniato al Monte: “Non entro nelle questioni del governo, dico quello che è il pensiero della Chiesa. Il pensiero della Chiesa è la parabola del buon Samaritano, è Gesù che si prende cura… Se c’è una nave che sta nel mare non si può chiudere i porti, non si può rischiare di far morire o creare disagi a delle persone”. In pratica a chiudere i porti saranno state le mareggiate, o i fondali bassi, o banchi improvvisi di sgombri e sardine, perché se nel caso della nave Diciotti non si entra nelle questioni di governo rimangono poche altre cose, poche altre responsabilità, al massimo l’invenzione di improbabili cause naturali.
Nella conferenza stampa al termine del Consiglio Permanente della CEI, il 27 settembre il Presidente si è lasciato andare a considerazioni puntuali sul reddito di cittadinanza: “Quando uno fa delle cose buone non posso dire che è cattiva, ma non ci si può fermare lì perché, se non si rimette in moto la macchina del lavoro” il Paese non riparte. “Certo se quello muore di fame, gli servirà, certo se portano tutte le pensioni a 700 euro… però bisogna stare anche attenti a non incrementare troppo il debito pubblico perché noi magari lì per lì ne abbiamo un vantaggio, poi chi lo paga questo debito, i nostri figli?”. Quest’ultima affermazione ovviamente non era per far intendere che il cardinale avesse figli, ma torna utile per riflettere sulla pensione dei preti, il cui fondo presso l’INPS (Fondo Clero) è talmente in profondo rosso che dovrà essere ripagato non solo dagli italici figli (degli altri) ma anche dai loro italici nipoti. Ecco, questo sarebbe un bell’esempio di dialogo tra CEI e Stato italiano per il “bene comune del Paese” che sta a cuore ad entrambi: come riportare e mantenere in attivo il Fondo Clero. Insomma, anche oggi con il governo più baciapile degli ultimi 40 anni pare sia stato declinato in modo moderno il messaggio eterno della Chiesa cattolica: “Dàmose da fa! Volèmose bene! Semo romani!” (Giovanni Paolo II, 26 febbraio 2004). Perciò: quando potremo udire in modo chiaro dalla viva voce dei Vescovi della “chiesa debole” italiana – quella che sembra avere poco da dire e qualcosina da rimetterci – una parola critica appropriata, circostanziata, propositiva, motivata verso un certo provvedimento del governo o verso un certo ministro? Nella migliore delle ipotesi, quando saranno direttamente minacciati gli interessi della stessa Chiesa. Non le persone vittime di ingiustizie, dico, eh, gli sparati, i malmenati o i calunniati… perché alle vittime la santa madre Chiesa chiede che traggano motivo di crescita spirituale dalla loro esperienza di ingiustizia e al massimo le santifica, più o meno è tutto. Gli interessi, invece. Della Chiesa. Stay tuned, presto sapremo quali.