La Cassazione spiega perché le leggi italiane sulla droga sono ridicole

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2014-10-14

La Suprema Corte bacchetta in una sentenza la Fini-Giovanardi, bollata come incostituzionale, e le altre assurdità che permettevano di trattare i drogati peggio dei mafiosi

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Negli ultimi anni, il Parlamento ha inasprito molte pene in maniera irragionevole e senza fondamento – non solo per quanto riguarda gli stupefacenti – costringendo la Consulta ad intervenire più volte, e la Cassazione a ridurre o disapplicare le pene dichiarate incostituzionali fino a travolgere il mito giuridico della intangibilità del giudicato. Lo sottolinea la Suprema Corte prendendo di mira soprattutto, ma non solo, la legge Fini-Giovanardi, una normativa imposta violando la Costituzione.
 
LA CASSAZIONE E LE LEGGI SULLA DROGA
Quelle che sembrano proprio bacchettate a scelte fatte dal Parlamento nel recente passato, sono contenute nelle motivazioni depositate oggi del verdetto delle Sezioni Unite, emesso il 29 maggio e riportato dall’Ansa, che ha ridotto il carcere per i piccoli spacciatori di droghe leggere, contribuendo ad attenuare l’emergenza del sovraffollamento carcerario per la quale l’Italia rischiava le sanzioni Ue. La decisione venne accolta molto positivamente dal Guardasigilli Andrea Orlando e scontentò, invece, parte del centrodestra. «È agevole costatare che i casi di dichiarata incostituzionalità di norme attinenti al solo trattamento punitivo sono diventati sempre più frequenti negli ultimi anni, in cui il legislatore ha approvato una serie di irragionevoli previsioni sanzionatorie su cui è dovuto intervenire il Giudice delle leggi», sottolinea la sentenza 42858 scritta da Franco Ippolito, Segretario generale della Suprema Corte, e controfirmata  dal Primo presidente Giorgio Santacroce. A sostegno della necessità di applicare le decisioni della Consulta, come la bocciature della Fini-Giovanardi dove inaspriva le pene per i piccoli pusher recidivi e dove non distingueva tra droghe pesanti e leggere, le Sezioni Unite rilevano che «far eseguire una condanna, o una parte di essa, fondata su una norma contraria alla Costituzione, e perciò dichiarata invalida dal Giudice delle leggi, significa violare il principio di legalità».
 
DROGATI PEGGIO DEI MAFIOSI?
Dunque via libera agli sconti di pena. Anche perché «il diritto fondamentale alla libertà personale deve prevalere sul valore dell’intangibilità del giudicato». Secondo la Cassazione, inoltre, sarebbe del tutto irrazionale consentire la sostituzione dell’ergastolo con quella di trent’anni di reclusione, come è avvenuto in varie decine di casi di boss mafiosi per effetto della sentenza Ercolano della Corte di Strasburgo, e ritenere, invece, intangibile la porzione di pena applicata per effetto di norme che mai avrebbero dovuto vivere nell’ordinamento: un sovrappiù che risulta l’effetto ancora in atto di una norma senza fondamento, estromessa dall’ordinamento giuridico. Tra l’altro, prosegue la Suprema Corte, continuare a tenere in carcere persone condannate a pene divenute fuorilegge, costituirà un ostacolo al perseguimento dello scopo rieducativo perché tale condanna sarà inevitabilmente avvertita come ingiusta da chi la sta subendo. E questo in quanto la pena è stata «non già determinata dal giudice nell’esercizio dei suoi ordinari e legittimi poteri, ma imposta da un legislatore che ha violato la Costituzione». Anche i giudici dell’esecuzione della pena, e i pubblici ministeri nell’ambito delle loro funzioni istituzionali di vigilanza sulla ‘osservanza delle leggi, hanno il compito di far ricalcolare le pene, al ribasso, obbedendo alle indicazioni della Consulta e degli ermellini, conclude la Cassazione invitando i magistrati a fare la loro parte per rendere il carcere meno disumano e le pene più equilibrate.

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