Brexit rinviata ad Halloween: per il Regno (dis) Unito sarà dolcetto o scherzetto?

di Armando Michel Patacchiola

Pubblicato il 2019-04-11

Se sarà un “dolcetto o uno scherzetto” sarà solo Westminster a deciderlo. Fino ad allora, fino al 31 ottobre, il giorno di Halloween, i britannici e gli europei tutti resteranno col fiato sospeso per capire quando e come la Gran Bretagna uscirà dall’Unione Europea

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Se sarà un “dolcetto o uno scherzetto” sarà solo Westminster a deciderlo. Fino ad allora, fino al 31 ottobre, il giorno di Halloween, i britannici e gli europei tutti resteranno col fiato sospeso per capire quando e come la Gran Bretagna uscirà dall’Unione Europea. La Commissione Europea ha prolungato di altri sei mesi la deadline della Brexit, l’abbandono programmato del Paese dall’Unione Europea e dalle sue istituzioni. Una decisione unanime, quella dei 27 leader europei, di impedire il peggiore scenario possibile: il no deal, l’uscita disordinata e senza accordo, dipinta come una catastrofe economica e un fattore di instabilità per il Regno Unito e per l’Unione Europea. La proroga, la metà di quanto auspicato dal presidente della Commissione Europea Jean Claude Juncker, ma anche più lunga di quella chiesta fino al prossimo 30 giugno dalla premier britannica Theresa May, avrà la formula della “flextention”, un’estensione flessibile fino alla effettiva ratifica della House of Commons dell’accordo che la stessa premier britannica ha siglato lo scorso novembre con i partner europei. Fino ad allora tutto dovrà svolgersi come sempre, persino partecipare alle elezioni europee del prossimo 26 maggio: pena l’incostituzionalità dei futuri provvedimenti comunitari per manifesta assenza della rappresentanza all’interno delle istituzioni europee di uno dei suoi stati membri. Non proprio un “dolcetto” da mandar giù per i puristi dell’hard Brexit, desiderosi di abbandonare al più presto possibile l’Unione Europea e alle loro condizioni. Prima e della successiva scadenza dell’attuale Commissione Europea il 31 ottobre appunto, con cui è stato siglato il deal, “the only possible”. Che non sia uno “scherzetto”, oggi, al risveglio, dopo l’accordo raggiunto dopo l’una di notte, se ne sono accorti tutti nel regno di sua maestà. Persino Nigel Farage, pronto con il suo nuovo “Brexit Party” a mettere di nuovo alle strette i Tories, timorosi di perdere ulteriore consenso e di votare un accordo politico annacquato, con Belfast e l’Irlanda del Nord tutta, di fatto, ancora all’interno dell’Unione Europea, fino a data da destinarsi e con controlli al confine, le cui modalità sono da trattare successivamente.

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Brexit rinviata ad Halloween: per il Regno (dis) Unito sarà dolcetto o scherzetto?

Ora la palla passa di nuovo a Westminster, con il quesito che gira intorno a se Theresa May farà la fine del suo predecessore, il filo-europeista David Cameron, “decapitato” (ma in senso opposto) dal ciclone referendario, se ci saranno nuove elezioni politiche, se ci sarà un nuovo accordo (magari col sostegno dei Labour ). Quel che appare certo è che, date le intenzioni, non dovrebbe esserci un no deal, l’ha deciso anche la House of Lords, dopo la presa di posizione della House of Commons, e, dichiarazioni alla mano, anche Bruxelles, che vuole evitare l’hard Brexit (o la Brexit?). Difficile, ma non impossibile, logiche alla mano, che ci sia una convergenza all’ultimo minuto tra Jeremy Corbyn, leader del Labour Party, e la leader conservatrice Theresa May. Nonostante i tardivi dialoghi intercorsi tra i due nei giorni scorsi, le parti sembrano lontane da un accordo, trascinate dalle divisioni delle loro basi, con Corbyn scisso dal timore di perdere il consenso della base operaia anti-europeista, e dal desiderio di raggiungerlo della middle class capitolina. Stesso discorso per la May che sondaggi alla mano ha almeno il 70 percento del suo elettorato pronto a voltargli le spalle, tutti delusi sia da una possibile apertura alle richieste di Bruxelles, ma anche dal suo deal. Difficile che non sia così, viste le posizioni laburiste, che per tre volte ha bocciato l’accordo già siglato con Bruxelles. Qualcosa, però, potrebbe cambiare. Differente, infatti, sarebbe se il Regno Unito decidesse per la permanenza nell’Unione doganale. Una decisione che non sarebbe proprio una “caramellina” da mandar giù per una popolazione, soprattutto al meridione, che in larga parte è ancora convinta delle necessità di lasciare l’Unione. Il problema è che l’Europa, almeno per ora, non tratta sul backstop nord-irlandese, e ogni apertura a favore di Bruxelles sarebbe una sconfitta per il Governo May, uno dei più deboli della storia del Paese. E qualcuno dal Regno “Dis(Unito)” crede che Londra non lascerà mai l’Unione. Questo sì che sarebbe uno “scherzetto” niente male.

(foto di copertina via youtube)

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