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Bombardare l'ISIS in Libia?

Alessandro D'Amato 17/08/2015

Il governo libico internazionalmente riconosciuto, quello di Tobruk, disperato per la situazione a Sirte, ha lanciato un appello “ai fratelli Paesi arabi affinche’ lancino raid aerei contro le posizione del gruppo terroristico Isis” a Sirte dove da giorni gli uomini del sedicente califfo, Abu Bakr al Baghdadi, stanno massacrando impunemente decine di persone. Una riunione […]

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Il governo libico internazionalmente riconosciuto, quello di Tobruk, disperato per la situazione a Sirte, ha lanciato un appello “ai fratelli Paesi arabi affinche’ lancino raid aerei contro le posizione del gruppo terroristico Isis” a Sirte dove da giorni gli uomini del sedicente califfo, Abu Bakr al Baghdadi, stanno massacrando impunemente decine di persone. Una riunione straordinaria della Lega Araba è previste per domani, martedì, al Cairo. Secondo quanto riferisce il britannico Times, Tobruk si e’ rivolto alla Lega rammentando che a causa dell’embargo Onu imposto nel 2011 alla vendita di armi, non può agire da solo. Le autorità libiche avvertono che Isis connquisterà altro territorio senza un intervento armato dei Paesi della Lega Araba.  Solo la scorsa settimana il ramo libico di Isis più di 50 persone a Sirte, tra cui donne e bambini ed anche 22 inermi pazienti dell’ospedale dato alle fiamme. Non Solo, sabato hanno ucciso e poi crocefisso i corpi di 12 membri della tribù dei Ferjani, che hanno preso le armi contro di loro, aiutati dai salafiti, dopo che Isis ha massacrato il loro leader religioso, Khalid bin Rajab Ferjan. Isis, in un ultimo – solo in ordine di tempo – scempio ha anche esumato e poi dato alle fiamme i resti dell’imam della moschea del gruppo ‘Cordoba’.
 

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L’infografica del Corriere della Sera sulla situazione in Libia (17 agosto 2015)


Il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, in un’intervista a Francesca Paci de ‘La Stampa’ auspica che nei negoziati sotto egida Onu tra le fazioni rivali si faccia presto, prestissimo per “trovare una base minima è per ricostruire una Libia unita e più stabile”. Ed in questo momento “far rullare i tamburi senza questa base minima e’ inutile, dobbiamo insistere sul piano negoziale”. Questo perché, a differenza di quanto avvenne nel 2011 (con la caduta di Gheddafi grazie ai raid aerei dei jet Nato), “oggi qualsiasi nuovo intervento va posto nel quadro di un percorso di pacificazione condivisa dai libici. L’Italia contribuira’ ma a queste condizioni”, sottolinea il ministro. Il titolare della Farnesina ricorda che “il dialogo (tra le diverse fazioni che controllano la Libia, ndr) riprende mercoledi’ in Marocco ma bisogna sapere che corriamo contro il tempo affinché ciò che è stato messo insieme il 12 luglio (una prima intesa su un governo di unita’ nazionale, ndr), ossia (tra) Tobruk (il governo internazionalmente riconosciuto, ndr), Misurata, Zintan e gran parte delle municipalita’ di Tripoli (controllata dagli islamisti della coalizione Alba Libica, ndr), possa consolidarsi e magari estendersi al Gnc (il parlamento di Tripoli, che non ha firmato l’accordo, ndr). Il tempo e’ cruciale e non e’ illimitato, specialmente oggi che la presenza di Daesh (l’acronimo arabo di Isis, ndr) a Sirte ha assunto caratteristiche allarmanti: o si chiude in poche settimane o ci troveremo con un’altra Somalia a due passi dalla costa e dovremo reagire in modo diverso”. E Gentiloni propone di porre “nell’agenda della coalizione internazionale anti-Daesh il tema Libia, sapendo che non si tratterebbe piu’ di stabilizzare il paese ma di contenere il terrorismo”. Per Gentiloni nell’intervento Nato nel 2011, voluto in primis dal francese Nicolas Sarkozy e dal britannico David Cameron, con gli Usa riluttanti ma non ostili, che ha abbattuto il regime di Muammar Gheddafi e dato la stura la caos libico, “l’errore e’ stato senza dubbio non associare all’intervento alcuna idea sulla gestione del dopo. L’Italia su questo avrebbe potuto farsi sentire, ma purtroppo ci siamo accodati a quella operazione con il governo forse piu’ debole della nostra storia repubblicana, parlo dell’ultimissima fase dell’ultimo governo Berlusconi”. Legata direttamente alla Libia la crisi ormai cronica, non piu’ emergenza, dello tsunami di disperati che prendono il mare cercando di raggiungere l’Europa, con l’Italia prima ‘spiaggia’ di approdo: “L’immigrazione non e’ una catastrofe improvvisa bensi’ un fenomeno che sara’ permanente per i prossimi 10, 15 anni. Può cambiare l’entità del flusso….ma la sfida va affrontata a viso aperto: l’immigrazione va gestita e regolata con i suoi rischi e le sue opportunita’. Non possiamo cambiare la geografia ne’ infangare la nostra storia di paese civile. Chi invoca una chiara identita’ di sinistra per il Pd – stigmatizza il ministro abbandonando per un momento la diplomazia e intervenendo sul terreno politico – la cerchi su questo terreno, piuttosto che sulle preferenze o sul modo di eleggere i senato”. Sul programma nucleare iraniano, Gentiloni e’ realista, conoscendo bene le difficolta’ e le insidie del dossier, ma e’ anche ottimista. A Paci che gli chiede se ci sia da fidarsi dell’accordo sul nucleare iraniano? Il ministro replica che “non e’ scontato ma la storia consente di sperare che un paese come l’Iran possa ridiventare protagonista positivo. L’accordo spinge in questa direzione”.

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