Banche italiane e tedesche a confronto

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2016-07-12

Il Sole 24 Ore pubblica oggi un’infografica che riassume punti di forza e di debolezza delle banche europee in un confronto che si basa su sei parametri. Il tentativo è chiaramente quello di fornire una copertura politica al governo nella sua polemica con la Germania

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Il Sole 24 Ore pubblica oggi un’infografica che riassume punti di forza e di debolezza delle banche europee in un confronto che si basa su sei parametri: i crediti deteriorati in percentuale sul totale dei crediti, il tasso di copertura dei crediti deteriorati, i derivati attivi in percentuale sul patrimonio netto tangibile, i ricavi per cliente e la struttura dei costi. Il tentativo è chiaramente quello di fornire una copertura politica al governo (e a Renzi che usa continuamente l’argomento) nella sua polemica sottesa con la Germania; gli argomenti però sono cogenti. Vediamo ad esempio i parametri per Non performing loans e derivati:

La bassa redditività va poi ad aggravare i problemi specifici di ogni Paese. In alcuni il nodo è costituito dai crediti deteriorati. Su questo fronte a soffrire sono i Paesi che hanno subìto la recessione più pesante: Cipro e Grecia in prima fila (che hanno crediti inesigibili pari a circa il 35-40% del totale crediti), poi Irlanda (21,5% secondo i dati dell’Eba), Italia (16,7%) e Portogallo (16,3%). Questo non è invece un problema per altri Paesi dove la crisi ha morso di meno, come la Germania (dove i finanziamenti inesigibili ammontano appena al 3,4% del totale crediti), Francia (4,3%) o Finlandia (1,7%). Per questo le banche di Italia e Portogallo sono sulla graticola in Borsa e necessitano di ingenti aumenti di capitale.
Ma se da noi sono diventati “radioattivi” i crediti erogati a famiglie e imprese, in alcune grandi banche tedesche ad essere avvelenati sono invece i titoli illiquidabili che hanno in bilancio. Deutsche Bank e Commerzbank, secondo i dati di R&S Mediobanca, hanno infatti nei loro giganteschi bilanci titoli «tossici» (cioè invalutabili e illiquidi) per un ammontare pari rispettivamente al 51,3% e al 23,4% del loro patrimonio netto tangibile. Si tratta di titoli a cui nessuno può dare un valore, perché non hanno un mercato e nessuno li vorrebbe mai acquistare: le banche assegnano dunque loro un valore di bilancio ipotetico, frutto di simulazioni. Ebbene: se si “simulasse” che questi titoli valgono la metà, queste banche vedrebbero erodere il loro patrimonio netto. E forse avrebbero bisogno di un aumento di capitale, proprio come oggi accade al Montepaschi. La stessa cosa accadrebbe alle principali banche svizzere (il Credit Suisse ha titoli tossici in bilancio per un ammontare pari al 72,6% del patrimonio netto tangibile) o francesi. Per contro, le banche italiane quasi non sanno neppure cosa siano. Come i derivati, che pesano in maniera abnorme su banche come Deutsche Bank (tedesca) o Credit Suisse (Svizzera).

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Il confronto del Sole 24 Ore sui punti di forza e di debolezza nelle banche europee (12 luglio 2016)

Leggi sull’argomento: «L’Italia è stata tirchia con le banche»

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