Le ricerche vocali e il rischio spionaggio

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-04-02

Gli assistenti vocali come Amazon Echo, Google Home Mini e Apple HomePod sono lo stesso sulla graticola, anche a causa di incidenti come quello che si è registrato in Germania

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Ufficialmente i padroni dei Big Data negano che i loro microfoni registrino quando non sono stati attivati dalla parola chiave. E sostengono che ogni 10 secondi ciò che viene captato è cancellato con un rumore di fondo. Eppure gli assistenti vocali come Amazon Echo, Google Home Mini e Apple HomePod sono lo stesso sulla graticola, anche a causa di incidenti come quello che si è registrato in Germania e che racconta oggi Repubblica:

A un ragazzo tedesco, infatti, Amazon ha inviato una mail con 1.700 file audio registrati nella casa di uno sconosciuto. Mentre le chiacchiere private di una coppia di Portland sono state registrate a loro insaputa da Alexa (l’assistente vocale di Echo) e il file audio è stato inviato a un loro amico a Seattle. «Un errore umano», è stata la giustificazione

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Le ricerche vocali (La Repubblica, 2 aprile 2019)

Il sospetto, sempre smentito dai Big del Web, è che i microfoni ascoltino anche quando non sono ufficialmente accesi e i dati raccolti servano poi per proporre inserzioni pubblicitarie mirate alla clientela. Il tutto, va detto, è lecito: perché le informative sulla privacy che vengono fatte accettare all’atto di iscrizione a questi fornitori di servizi: «Quando utilizzi Siri — riporta il consenso informato — il dispositivo invierà ad Apple anche altre informazioni, quali: il tuo nome e il tuo soprannome; i nomi e i soprannomi dei tuoi contatti e la relazione che hanno con te; i nomi dei brani delle tue raccolte, i nomi dei tuoi album fotografici e i nomi delle app installate sul tuo dispositivo». Ovviamente spiegano che tutto ciò serve per aiutare Siri a riconoscere le domande poste dall’utente, e che la registrazione si attiva solo dopo una parola chiave, in questo caso “Hey Siri”.

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