Le incoerenze di Attilio Fontana nel commissariamento di Aria

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2021-03-23

Saltano le teste del cda, ma si salva il direttore generale in quota Lega

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Attilio Fontana voleva un’Aria nuova, ma la sua decisione è ricca di incoerenze e di decisione che appaiono stantie. Ieri la decisione di chiedere – e pretendere – un passo indietro da parte del consiglio di amministrazione della Società che, tra le tante cose, ha anche gestito (male) la piattaforma di prenotazione per la fase-1 e 2 della campagna vaccinale in Lombardia. A saltare, dunque, è stata la testa del presidente Francesco Ferri, uomo forte vicino a Silvio Berlusconi e di Forza Italia. Un addio, coatto, che apre le porte al “leghista” Lorenzo Gubian, già direttore generale da diversi mesi. Un rinnovamento dimezzato, con il Carroccio che si salva in corner, nonostante la società sia stata fortemente voluta proprio dal partito guidato da Matteo Salvini.

Aria, il commissariamento dimezzato voluto da Attilio Fontana

Il Fatto Quotidiano ha messo in evidenza questa contraddizione che è alla base dell’incoerenza – tecnica – dietro la decisione di Attilio Fontana nei confronti di Aria SPA.

Che dovesse cadere qualche testa, nell’agenzia controllata dall’assessore leghista Davide Caparini, era chiaro, dopo le critiche e gli attacchi arrivati da medici e da esponenti dell’opposizione politica, ma anche dallo stesso assessore alla Sanità, Letizia Moratti, arrivata alla vicepresidenza della Regione per volere di Forza Italia. Così ieri Fontana – su input di Matteo Salvini – ha ordinato al consiglio d’amministrazione di Aria di dimettersi, a partire dal presidente Francesco Ferri, pupillo di Silvio Berlusconi e uomo del suo partito. Fontana ha poi stabilito che il controllo di Aria passi all’attuale direttore generale dell’agenzia, Lorenzo Gubian, l’uomo chiamato proprio da Caparini (dunque dalla Lega) solo pochi mesi fa per far uscire Aria da un altro fallimento, quello degli acquisti dei vaccini antinfluenzali.

Si salva la Lega, dunque. Anzi, passa dal via tagliando il traguardo da vincitrice di questa vicenda che ha paralizzato la campagna vaccinale in Lombardia a causa di scelte strategiche (e pratiche) che hanno rallentato il piano di immunizzazione dei cittadini. Perché se è vero, come sottolinea la ministra Gelmini, che in Lombardia sono state somministrate più dosi rispetto alle altre Regioni, è altrettanto vero che la Lombardia sia stata la Regione ad aver ricevuto molte più dosi rispetto alle altre. E così il cambiamento, paventato con dichiarazioni al vetriolo, è solo fittizio.

(foto:  ipp – clemente marmorino)

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