Secondo uno studio israeliano la variante sudafricana “buca” il vaccino Pfizer

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2021-04-12

Al contrario di quanto era emerso da alcune ricerche della stessa Pfizer, in alcuni casi la variante sarebbe stata più forte del vaccino. E ora si fa sempre più concreta l’ipotesi di somministrare una terza dose

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Il vaccino Pfizer protegge dalla variante sudafricana? Da mesi se lo chiedono scienziati e non. Questo studio è stato realizzato dall’università di Tel Aviv e dall’istituto Clalit, ma non è ancora stato sottoposto a peer review. Comunque: sembra che in alcuni casi il vaccino non sia stato in grado di proteggere dal virus sudafricano, o meglio: che il virus abbia sostanzialmente bucato la copertura. I ricercatori hanno infatti esaminato 400 persone positive dopo almeno una dose di vaccino, e le hanno confrontate con altrettante persone che non erano ancora vaccinate. Quello che hanno notato gli scienziati è che c’era una prevalenza di circa otto volte superiore della variante Sudafricana tra quelli che avevano già ricevuto entrambe le dosi.

“Ci saremmo aspettato solo un caso di variante sudafricana, ne abbiamo trovati otto”, ha detto la professoressa Adi Stern The Times of Israel. “Ovviamente, il risultato non mi ha resa felice”. La variante sudafricana, paragonata al ceppo originale e alla variante inglese, «è in grado di violare la protezione del vaccino» anche se servono ulteriori studi per un quadro più preciso. Ha parlato anche il professor Ran Balicer, direttore delle ricerche al Clalit. “È il primo studio al mondo basato su dati reali e mostra che il vaccino è meno efficace contro la variante sudafricana in confronto al virus originale e alla variante britannica”.

Non c’è però solo lo studio israeliano. A condurre una ricerca su questo è stata la stessa Pfizer, che invece aveva comunicato altri dati. E ovvero: nel 100 per cento dei casi esaminati il vaccino aveva funzionato. In quel caso erano stati considerati 800 partecipanti, ed erano stati riscontrati solo 9 casi di positività, e tutti nel gruppo placebo. Ma comunque ci sono anche altri diversi studi che portano dati differenti. Per questo, alcune di queste case farmaceutiche (tra cui anche la stessa Pfizer) stanno mettendo a punto una terza dose per rafforzare la protezione contro le varianti più potenti, come quella brasiliana e sudafricana.

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