“Basta che ci siano di mezzo i soldi e a nessuno gliene frega più niente”, i diritti umani in Qatar secondo Massini | VIDEO

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2022-11-25

Lo scrittore, nel corso della contro-copertina di PiazzaPulita, ha parlato del “calcio ai diritti” nel Paese che ospita i Mondiali

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Il Mondiale di calcio e il calcio ai diritti umani. Stefano Massini, nella consueta contro-copertina di PiazzaPulita, ha parlato del Qatar, il Paese che nel 2010 ottenne dalla FIFA il via libera per ospitare i Mondiali di calcio 2022 attualmente in corso. Dodici anni per costruire stadi. Dodici anni di morti sul lavoro, impegnati in turni massacranti e con livelli di sicurezza infimi. Il Paese in cui i diritti umani erano, sono e saranno quotidianamente calpestati. Come quelli delle donne, ma anche quelli delle comunità LGBTQIA+. Eppure lì, ora, è tutta una festa.

Stefano Massini racconta i “diritti civili” in Qatar

Stefano Massini si è messo nei panni di un padre che deve spiegare al figlio cosa siano i diritti umani attualizzati alla situazione in Qatar. E lo ha fatto così:

“Quando una sera o una mattina, non fa differenza, tuo figlio dovesse chiederti che cosa sono i diritti umani, tu rispondigli che i diritti umani si capiscono da piccole cose, da dettagli. Dettagli sostanziali, per esempio i diritti umani sono un paio di leggings. Se sei una donna in Qatar, tu questo paio di leggings non li puoi indossare. I diritti umani sono questa minigonna, i diritti umani sono questa maglietta. Se sei una donna nel Qatar, tu queste cose non le puoi indossare. Per cui le prendi, ne fai un bel malloppo e le getti a terra. Dopodiché ci cammini sopra, tranquillamente, magari le prendi pure a calci.
Ecco questi sono i diritti umani, questo è quello che sta accadendo nel Qatar. Io ti vorrei raccontare, però, che c’è una parola che usiamo di continuo: è la parola sport. Hai mai pensato da cosa viene la parola sport? La parola sport viene 5 secoli fa da un verbo latino: deportare. La parola latina deportare significava uscire dalla porta della città per andare fuori città a fare delle attività di divertimenti, di gioco, di svago. Da questa parola latina è venuto il francese desport e dal desport è venuto l’inglese sport. Certo è brutto il fatto che la parola sport abbia dietro di sé il verbo deportare, una parola brutta. Ci rimanda a momenti di orrore nelle storia: la deportazione., Ci manda a momenti in cui gli esseri umani sono stati vissuti come delle bestie. Privati dei loro diritti, calpestati i diritti umani. E cosa può a che vedere, avere a che fare, lo sport con la violazione dei diritti umani? Ebbene il Qatar, di nuovo, il Qatar. Il Qatar in cui in questi giorni si stanno svolgendo i campionati Mondiali di calcio. Il Qatar, ricordatelo ogni volta che leggi sul giornale di una partita, ogni volta che vedi le immagini. Il Qatar è una zona nel mondo nella quale, per esempio: se hai dietro una catenina con un crocifisso o una maglietta con disegnato il Buddha o qualcosa che possa sembrare una Stella di Davide: beh, quella maglietta o quella catenina non devi assolutamente pensare di darla a qualcuno dicendo “puoi reggermela per qualche istante?”, perché rischi 10 anni di carcere. Reato di proselitismo di altra religione.
Non parliamo poi del bere un bicchiere di vino, della birra: rischi le frustrate, rischi il carcere, rischi anche una pena corporale profonda. Oppure non parliamo dei rapporti sessuali: l’articolo 88 del codice penale li punisce sia se sono prima sia se sono durante il matrimonio con persone fuori dall’impegno matrimoniale. E la pena può essere durissima, anche frustrate. E poi non parliamo du tutto il resto. Del fatto che puoi essere condannato per aver fatto attività che magari non hai assolutamente fatto, come la sedizione contro lo Stato. Questo è il Qatar in cui in questo momento si dà un calcio al pallone dopo averne dati tanti di calci ai diritti umani, esattamente come ho fatto io.
Pensate, per esempio, che gli stadi in cui in questi giorni stanno avendo luogo le partite del nostro campionato Mondiale: quegli stadi sono stati costruiti con vari e migliaia di operai migranti dall’India e del Pakistan che sono morti lavorando in delle condizioni veramente infami. E il Qatar si è ribellato. Ha detto: “Quando mai, non erano assolutamente i 6.500 morti che avete detto voi. Noi ne abbiamo conteggiati soltanto 3”. Accidenti, mi sono detto io, c’è una bella differenza tra 6.500 morti e 3 morti. Come si spiega? Beh, dipende come hai conteggiato gli operai morti”.

Poi, Stefano Massini ha proseguito raccontando la storia di tre operai morti per colpa dei turni massacranti sotto il sole cocente del Qatar. Impegnati a costruire gli impianti che ora, in questi giorni, stanno ospitando il Mondiale. Ma per le autorità qatariote loro non sono morti “durante il lavoro”, ma lontani dai cantieri. E, alla fine, la conclusione caustica ma strettamente attuale:

“I diritti umani sono quella cosa all’apparenza molto importanti, ma basta che ci siano di mezzo i soldi e a nessuno gliene frega niente”.

(foto e video: da “PiazzaPulita“, La7)

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