Come hanno preso i sovranisti la liberazione di Carola Rackete

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-07-03

Lo sentite questo suono? Non sono le cicale, è il rosicamento dei sovranisti che scoprono che le sentenze di colpevolezza contro la “pirata” della Sea Watch comminate sui social non valgono nulla. Mi raccomando: oggi evitate di uscire nelle ore più calde e bevete tanta acqua, che magari vi passa

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Il giorno dopo la decisione del Gip di Agrigento di non convalidare il fermo di Carola Rackete sui social sovranisti, sovranari e patridioti è tutto un pianto e stridore di denti. Se vi mettete in silenzio potete sentirli anche da qui, picchiettare sulle loro tastiere, sugli schermi dei loro smartphone tutto lo sdegno e la bile che hanno accumulato questa notte. Le motivazioni della decisione della Gip Alessandra Vella? Non le hanno lette. Ma non ce n’è bisogno perché in fondo “se l’aspettavano”.

Il senso dei patridioti per il processo penale in Italia

A nulla vale ricordare loro che il processo non è nemmeno indiziatio. La Gip si è espressa sull’istanza degli arresti domiciliari richiesta dalla Procura. La comandante della Sea Watch non è imputata ma al momento solamente indagata e quindi non è una “criminale” o una “delinquente”. Non più dei tanti italiani che seppur indagati sono innocenti fino al terzo grado di giudizio. Ma questo non è rilevante, il processo era già stato celebrato in questi 17 giorni di “crisi”. Anzi, la colpevolezza era stata accertata per principio, dal momento che la Rackete era al comando della nave “pirata” di una Ong.

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Uno che evidentemente le motivazioni le ha lette è Daniele Capezzone, che questa mattina è affranto per la «sgradevole sensazione di un retrogusto ideologico in certe decisioni». È la vecchia storia della magistratura che fa politica. Una cultura becera e incostituzionale che è migrata intatta dal berlusconismo al salvinismo. Ieri sera Matteo Salvini si chiedeva se per caso la Gip avesse anche preso un bicchiere di vino con la Rackete. Oggi l’ex radicale Capezzone ironizza e si chiede se magari la giudice non volesse dare alla comandante della Sea Watch una coppa speronamento o una medaglia tentato naufragio.

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Il giornalista de Il Giornale Gian Micalessin è ancora più tragico: «giustizia l’è morta» scrive, spiegando che in base al rigetto dell’istanza di arresti domiciliari in qualche modo sarebbe stato detto che «speronare la GdF non è reato». E perché nessuno pensa ai finanziari che la “pirata” Carola ha “tentato di uccidere”? In effetti tra le accuse non c’è quella di tentato omicidio, segno che nemmeno la Procura prende sul serio questa ipotesi.

La disobbedienza civile dei patridioti? Non pagare le tasse e andare fare rapine

Salvini ieri ha detto che in base a questa sentenza ora tutti si sentiranno legittimati a non obbedire alle leggi italiane. Naturalmente c’è una profonda differenza tra il non fermarsi al semaforo rosso e il non fermarsi ad un semaforo rosso perché si sta correndo in ospedale per portare la moglie incinta o il bambino che sta molto male. Ecco quindi che altri sovranisti esperti in questioni di diritto internazionale oggi ci spiegano che c’è un filo (rosso, ça va sans dire) che lega la scarcerazione della Rackete con le decisioni sulle “ladre Rom incinte” e sull’immigrato che “può spacciare perché non ha altro sostentamento” (quest’ultima ovviamente è una bufala messa in giro da chi legge solo i titoli dei giornali).

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Decine di account con la bandierina (o più bandierine) ci fanno sapere che d’ora in poi loro evaderanno le tasse, ruberanno nei supermercati, trufferanno le vecchiette e quant’altro. Quelli che parlano che la decisione del Gip legittima la loro voglia di non pagare le tasse (chissà, magari gli arriva un controllino della GdF che tanto osannano) magari qualche tempo fa si spellavano le mani quando Berlusconi diceva che era moralmente giusto evadere le tasse.

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C’è chi mette in atto forme di disobbedienza civile per salvare vite umane e chi invece distorce quel significato e il concetto di “stato di necessità” per il proprio esclusivo tornaconto economico. Vedremo quanti di loro avranno il coraggio delle loro (indign)azioni. Improvvisamente persone che non si vergognano del trattamento inumano dei migranti tenuti a mollo per giorni sulla Sea Watch (ma anche sulla Diciotti e su altre imbarcazioni “colpevoli” di salvare vite umane) provano vergogna di vivere in questo paese.

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Altri scoprono l’esistenza di “un teorema predeterminato” per favorire le forze anti-italiane. Il Gip di Agrigento ha lanciato il batsegnale: i porti sono aperti. Peccato che non siano mai stati chiusi. Ed è curioso che nessuno dei reati contestati alla Rackete sia contemplato nelle disposizioni dei due Decreti Sicurezza di Salvini ma in norme già esistenti. A cosa serve quindi il doppio Decreto Salvini?

Il delirio di chi vuole la guerra civile per impedire l’arrivo di 40 migranti

Che cosa possono fare gli italiani oltre a iniziare a non rispettare la legge? Un esimio utente di Twitter suggerisce che una soluzione potrebbe essere quella di «rendere l’Italia un porto NON più sicuro» oppure di scatenare una bella guerra civile. Tenete a mente che questi sono quelli che amano l’Italia e dicono che vengono prima gli italiani. Figuriamoci se non amassero il nostro Paese cosa potrebbero proporre.

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Qualche disperato annuncia che alle prossime elezioni voterà Viktor Orbán. E non è chiaro se con questo intende dire che emigrerà in Ungheria (ma senza la cittadinanza ungherese non ha il diritto di voto…) oppure se spera che il presidente magiaro si candidi anche in Italia (dopo aver voltato le spalle a Salvini?).

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Qualcuno dice che il Gip “è un mafioso”. Ma viene subito redarguito:« i mafiosi sono pur sempre migliori di quell’infame che non voglio nominare per non vomitare». Loro almeno hanno un onore, questi qui invece sono solo traditori. Quindi la mafia, che infrange le leggi per statuto e non certo per stato di necessità è una cosa positiva. Chi invece le leggi le fa rispettare, compresi i diritti per gli imputati, invece è un traditore (sì, sono sempre quelli che amano l’Italia questi).

Gli insulti ad Alessandra Vella e le insinuazioni su come ha fatto carriera

I migliori sono quelli che dopo aver passato la serata ad insultare il Gip di Agrigento cancellano tutto e si profondono in grandi scuse facendo sapere di essere “degli ammiratori delle forze dell’ordine” e dei cittadini onesti. Non ne dubitiamo. Speriamo che prima o poi i mandanti e i seminatori d’odio rispondano delle loro azioni, per aver sapientemente istigato centinaia di nostri concittadini a sputare veleno a comando sul “nemico” di turno.

Ci sono quelli che invece continuano a scrivere insulti, che parlano di “uno schifo di magistrati” oppure che definiscono “eversore” Alessandra Vella. Altri la definiscono “sinistroide” che “andrebbe radiata prima di subito”.

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Alcuni invece sono più sottili e praticano l’antica arte del sessismo. Il Gip è donna? Allora avrà fatto carriera “da sotto scrivania alla cattedra del tribunale“. Altrimenti non si spiega come mai ricopra quel ruolo. Qualcuno potrebbe dire che prima di giudicare un’ordinanza allora è il caso di laurearsi in giurisprudenza e sostenere l’esame di Stato per entrare in magistratura (o almeno quello da avvocato) ma sono argomenti che valgono solo quando li usa Salvini.

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I soliti account con la bandierina scrivono che “tra donne ci si intende se… ci si assomiglia”. Un arguto twittarolo si limita a commentare “eccola qua sta merda umana”. «Troppo potere nelle mani di una sola persona che non è legittimata da alcun voto» chiosa un’altra sovranista che vorrebbe che i magistrati venissero eletti come dei Salvini qualsiasi.

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Ma il migliore è quello che minaccia di mettere sotto con la macchina Alessandra Vella (mentre corre a salvare vite umane, chissà quando mai gli capita) e annuncia “colpirne uno per educarne  cento, lo faremo anche noi”. E Alessandra Vella ha cancellato il suo profilo Facebook.

Leggi sull’argomento: Come Marco Travaglio ha preso la liberazione di Carola Rackete

 

 

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