Siamo il Paese dove lo Stato deve risarcire i Matarrese per aver abbattuto Punta Perotti

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2022-09-13

La sentenza della Corte d’Appello di Bari che ha recepito parte del ricorso presentato dall’azienda costruttrice

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Sul lungomare di Bari, fino al 24 aprile del 2006, si ergeva un complesso di palazzine che deturpavano il paesaggio. Un complesso immobiliare, una colata di cemento realizzata nel 1995 e che aveva immediatamente mostrato tutto il suo nefasto impatto ambientale. Per questo venne sequestrata alcuni anni dopo, fino a quando il Comune decise di procedere con l’abbattimento di quell’ecomostro di Punta Perotti. Ma ora, a 16 anni di distanza, è arrivata una sentenza della Corte d’Appello che ha parzialmente accettato il ricorso dei costruttori: la Sud Fondi srl della famiglia Matarrese. Lo Stato, dunque, dovrà risarcire quell’azienda – in liquidazione da anni – per una cifra di 8,7 milioni di euro.

Punta Perotti, lo Stato dovrà risarcire i Matarrese dopo l’abbattimento dell’ecomostro

Tutto parte da un lungo processo che non ha mai portato alla condanna nei confronti dei costruttori e delle loro società. Perché dopo il sequestro preventivo del 1997, arrivarono diverse sentenze: in primo grado tutti assolti (perché avevano ottenuto l’autorizzazione alla costruzione di quell’enorme complesso immobiliare in base alle leggi regionali della Puglia), ma con confisca di tutta la struttura che – dunque – passò nelle mani del Comune; nel 2000, la Corte d’Appello confermò l’assoluzione degli imputati e decise annullare la confisca. Fino alla Corte di Cassazione che, solo un anno dopo, annullò la sentenza di Appello (in merito alla confisca) e fece tornare la gestione dell’area edificata di Punta Perotti sotto il controllo dello Stato.

La vicenda non si esaurì lì: la società di Matarrese, la Sud Fondi srl, riuscì a spuntarla di fronte alla Corte Europea dei diritti dell’uomo, ove avevano presentato istanza contro lo Stato italiano. Dunque, la confisca era illegittima. Il giudizio finale arrivò nel 2018, dodici anni dopo la demolizione. E per questo, secondo la Corte d’Appello di Bari, ora il Comune, la Regione Puglia e il Ministero della Cultura dovranno pagare un risarcimento di 8,7 milioni di euro.

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