Cosa c’è di vero nella storia delle sanzioni UE alla Russia che danneggiano l’Italia

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2018-06-08

In questi giorni si registra il frenetico lavoro di Giuseppe Conte, Matteo Salvini e Luigi Di Maio per risollevare le sorti dell’economia russa. Ma non erano stati eletti per fare gli interessi degli italiani? E come mai il governo italiano non dice che sono le sanzioni russe a danneggiare l’export del nostro Paese e non chiede a Putin di rimuoverle (e ritirarsi dalla Crimea)?

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«Saremo fautori di una apertura alla Russia, che ha consolidato negli ultimi anni il suo ruolo internazionale in varie crisi geopolitiche. Ci faremo promotori di una revisione del sistema delle sanzioni, a partire da quelle che rischiano di mortificare la società civile russa». Così il presidente del Consiglio Giuseppe Conte al Senato qualche giorno fa spiegava l’intenzione dell’Italia di aiutare la Russia. Conte tace sul fatto che la Russia ha consolidato il suo ruolo internazionale spalleggiando un dittatore come Assad e che la società civile è una cosa mentre le imprese e gli oligarchi colpiti dalle sanzioni di USA, Canada e UE sono un’altra cosa.

Le sanzioni colpiscono la società civile russa?

Oggi a Radio Anch’io il il vicepremier e ministro dello Sviluppo e del Lavoro Luigi Di Maio «Ho sempre detto che il nostro Paese deve rimanere nella Nato. Ma le sanzioni alla Russia ci danneggiano. Noi siamo filo italiani e non filo russi, ma tutte queste decisioni le prenderà Conte nei sistemi internazionali». Per la verità a danneggiarci non sono le sanzioni alla Russia, decise dall’Unione Europea nel 2014 in conseguenza dell’invasione russa della Crimea e che colpiscono principalmente il settore finanziario russo (quindi non la società civile, come sostiene Conte). Le sanzioni decise dalla UE (e quelle di USA e Canada) non sono indiscriminate e puntano a impedire l’accesso della Russia ai mercati finanziari europei. Ci sono poi un embargo sull’import/export di armi da e per la Russia e un divieto di esportare in Russia tecnologia che potrebbe essere utilizzata per scopi militari. Ci sono poi le sanzioni mirate nei confronti degli asset finanziari di un centinaio di oligarchi, ministri, generali e commercianti d’armi. Difficile sostenere che queste persone, tra le più ricche in Russia, possano rappresentare in qualche modo “la società civile.

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Contrariamente a quanto sostiene Di Maio a danneggiarci sono le sanzioni che la Russia ha deciso di mettere in campo. Una sorta di embargo iniziato nel 2014 nei confronti dei prodotti agroalimentari provenienti dai paesi UE, da USA, Canada, Norvegia e Asutralia. La Russia ha deciso di vietare l’ingresso di frutta e verdura, formaggi, carne, salumi e prodotti ittici. Sono queste le sanzioni che danneggiano l’export italiano. Eppure nessuno nel governo, nella Lega o nel MoVimento 5 Stelle sta facendo la voce grossa per chiedere alla Russia di togliere quelle sanzioni e ritirarsi dalla Crimea. Sarebbe un gesto di buona volontà che sicuramente farebbe cambiare idea a chi sostiene che le sanzioni economiche della UE siano necessarie. Non risulta nemmeno che M5S e Lega abbiano chiesto a Mosca di fare un passo indietro sul bando delle importazioni di carne di maiale, deciso nel 2014 (prima dell’avvio delle sanzioni UE) e che è stato giudicato in violazione delle regole del WTO.

Le sanzioni alla Russia ci danneggiano?

C’è chi sostiene che la Germania non ha nulla da perdere dalle sanzioni alla Russia perché non è la principale destinazione dell’export tedesco. Eppure prima di andare a fare la voce grossa in Europa e spaccare la UE sulle sanzioni sarebbe utile leggere le tabelle messe a disposizione dal Ministero dello Sviluppo Economico. Secondo i dati del dicastero retto da Luigi Di Maio si evince che attualmente la Russia non è tra i primi dieci paesi di destinazione delle esportazioni italiane. Ai primi tre posti ci sono invece Germania, Francia e Stati Uniti (eppure Salvini non ha detto nulla sui dazi di Trump). La Russia invece si trova al tredicesimo posto della classifica.

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Si dirà: bella forza, con le sanzioni decise da Mosca i nostri esportatori hanno dovuto ridurre gli scambi commerciali con la Russia. Eppure basta guardare i dati dal 2012 al 2014 per vedere che la Russia è sempre allo stesso posto. Certo, dal 2014 c’è stato un calo delle esportazioni verso la Russia, ma sostenere che abbiamo perso il principale partner commerciale è falso. Anche perché al contrario di quanto si può pensare dai toni apocalittici di Di Maio la bilancia commerciale italiana è in attivo. Anche il totale dell’export verso la Russia è aumentato nel 2017 arrivando a quasi otto miliardi di euro (prima delle sanzioni russe il picco è stato 10 miliardi).

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Inoltre, e non è una considerazione di poco conto, i prodotti colpiti dalle sanzioni russe non costituiscono che una piccola percentuale dell’export italiano. Come segnala questo studio del Center for European Policy Studies (CEPS) le sanzioni russe che sono andate a colpire le esportazioni europee di ortaggi, formaggi e carne hanno comportato una riduzione degli scambi dalla UE verso la Russia pari all’1,4% sul totale dei paesi UE.

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Tenendo conto della specificità dei prodotti sottoposti a sanzione è poi assai probabile che siano stati diretti verso altri mercati. Vale a dire che rispetto ad un evidente calo delle esportazioni dei prodotti colpiti dall’embargo russo (vedi grafico sotto) bisogna tenere in considerazione il fatto che una parte (non tutta) delle merci che non possono essere più vendute in Russia ha trovato la strada di altri mercati internazionali. Questa trade diversion ha parzialmente compensato le perdite sul fronte Russo. Coldiretti stima che il calo delle esportazioni verso la Russia ammonti a circa 10 miliardi di euro dal 2014. Ma non dice però se quel calo corrisponde ad un aumento delle esportazioni verso altri paesi.

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Fonte: CEPS

A complicare la situazione degli scambi commerciali è intervenuta la situazione dell’economia russa che ha subito una forte battuta d’arresto tra il 2014 e il 2015 dovuta anche dal deprezzamento del rublo nei confronti del dollaro (pari al 50% nel 2015) dovuta anche dal calo del prezzo del petrolio (che costituisce una tra le principali voci dell’export russo) e ad un sostanziale aumento dell’inflazione e – non meno importante – ad una generalizzata fuga dei capitali dal paese. Ciononostante i dati del MISE mostrano come la Russia sia uno dei principali paesi di provenienza dell’import (ottavo posto) e che la quantità delle importazioni sia andata progressivamente aumentando negli ultimi anni (la società civile russa è salva!). In conclusione: non sono quindi le sanzioni europee a danneggiare l’export italiano ma la combinazione di due fattori. Il primo sono le sanzioni russe nei confronti di alcuni prodotti europei (ed italiani). Il secondo – e non meno importante – sono le condizioni economiche della Russia, va da sé che se il paese versa in uno stato di recessione le importazioni si ridurranno. Ora il problema sarà spiegarlo a Matteo Salvini. Il ministro dell’Interno ieri era ospite a Villa Abamelek, residenza privata dell’ambasciatore russo a Roma e uscendo ha parlato di un possibile veto italiano sulla proroga delle sanzioni europee. Fa piacere che Salvini e Di Maio si occupino così tanto della salute dell’economia russa. Ma non sarebbe meglio pensare prima agli italiani?

Leggi sull’argomento: Ma allora l’ILVA si chiude o no?

 

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