Romanzo Criminale…verso chi lo guarda!

di Giuseppe Giusva Ricci

Pubblicato il 2017-07-26

A seguito della sentenza non-mafiaCapitale alcuni canali TV hanno riproposto in palinsesto materiali audio-video inerenti il contesto originario degli uomini dello “scandalo”. Mentre La7 ha emesso il documentario ‘L’Uomo Nero’ incentrato sulla vita di Massimo Carminati, altre emittenti hanno risparato il film Romanzo Criminale, in cui pare che alcuni personaggi siano corrispondenti a individui che …

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A seguito della sentenza non-mafiaCapitale alcuni canali TV hanno riproposto in palinsesto materiali audio-video inerenti il contesto originario degli uomini dello “scandalo”. Mentre La7 ha emesso il documentario ‘L’Uomo Nero’ incentrato sulla vita di Massimo Carminati, altre emittenti hanno risparato il film Romanzo Criminale, in cui pare che alcuni personaggi siano corrispondenti a individui che dagli anni Settanta hanno continuato ad aver peso nei legami criminogeni tra la politica e il malaffare romano-nazionale.
Dalla prima volta che mi capitò alla vista rimasi indignato e lo trovai del tutto funzionale, piacevole solo all’uccisione dei suoi protagonisti filmici. Più tardi, avendo ignorato la serie prodotta da Sky, notai Claudio Santamaria (il Dandi di R.Criminale) cantare la ri-arrangiata “Nun te reggae più” sul palco del M5s -a favore della Raggi- così mi si chiuse il cerchio.
– Cioè, Santamaria ha interpretato un personaggio che protetto dai settori più oscuri dello Stato rappresentava la “cerniera” tra servizi segreti, massoneria, mafia, finanza, imprenditoria, politica e delinquenza…e poi si è schierato a favore di quella parte politica che ‘grazie’ a tutto questo schifo italico (inclusa non-mafiaCapitale) ha raggiunto il governo della Capitale. La cosa non è sottilmente ambigua e furbesca? E’ bene guadagnarsi da vivere ‘adoperando’ la storia-di-vita e lo Spettacolo che i “cattivi” hanno concesso e poi schierarsi ammantandosi di purezza anti-sistemica? Come se lo Spettacolo inscenato non fosse di Sistema, per dirla alla La Rochefoucauld: “Spesso si fa del bene per poter impunemente continuare a far del male”.
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Romanzo Criminale [dall’omonimo romanzo di G.De Cataldo, 2002], inscena in maniera semplicistica, eroica, avvincente, accattivante e spettacolare, le gesta di un branco di feroci assassini e criminali che nella tragica realtà degli Anni di Piombo del nostro paese è passata alla storia con il nome di Banda della Magliana.
Un intreccio classico nel genere gangster, schema simile al mitico C’era una volta in America (e ad altri film che raccontano l’ascesa e la caduta di criminali, quali Scarface, Goodfellas, Carlito’s way, Blow, ecc.) in cui, oltre alla solita storia d’amore ‘impossibile’ tra uno dei protagonisti-criminali e la classica ragazza ‘perbene’, un iniziale gruppo di ragazzini di umile origine che differiscono tra loro per diverse regole e remore morali, riescono negli anni, tramite varie attività criminose (spaccio, sfruttamento della prostituzione, intimidazioni, omicidi, affari immobiliari, evasione fiscale, riciclaggio e legami politici) ad ottenere potere e denaro, e tutto quello che questi due elementi possono fornire, ossia donne, lusso, e decadenza — praticamente gli stessi obiettivi esistenziali delle masse popolari egemonizzate dai cardini sub-culturali dell’impero del consumismo. [Poi ci si lamenta del dilagare di comportamenti criminosi tra le nostre gioventù.]
A fine intreccio, se anche tutti i protagonisti saranno costretti ad attraversare ognuno la propria catarsi per il male procurato alla società, ciò che rimane è l’attrattiva seducente e carismatica che hanno mostrato fino a divenire modello non legittimo ma legittimante di comportamenti prossimi e verosimili. Questa prassi appartiene alla logica dello spettacolo in genere, ossia qualsiasi contenuto sia ri-prodotto in Spettacolo assume caratteristiche legittime, perdonabili e accettabili dal pubblico meno in-formato.
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Ancora una volta, a dispetto della tragicità degli eventi reali e delle scelte di vita-violenta e rischiosa dei giovani che in quell’epoca non trovarono altra forma di esistenza se non nel crimine, i nostri produttori di Spettacolo e intrattenimento, dall’alto delle loro posizioni culturali e intellettuali tutte da dimostrare, si sono divertiti a farsi ‘star’ impugnando rivoltelle finte e imbrattandosi con sangue di scena; sciroppo di mais e colorante alimentare rosso. Ancora un prodotto che pur trasudando apparenze anti-sistemiche è invece l’ennesimo investimento gestito al 40% dalla multinazionale Warner Bros.
Sorvolando sulla godibilità e la buona riuscita del prodotto film in senso stretto (grazie ai bravi interpreti e all’intreccio nazional-popolare), e sul product placement Lovable; è impossibile invece sorvolare sui contenuti dis-educativi e indirizzati al mantenimento di dis-valori perfettamente in linea con le attitudini già presenti nelle masse più o meno giovanili del nostro paese. Mi spiego: non basta la scena finale carica di romanticismo e luce evocativa a convincermi che quei ragazzi erano in fondo amici che si ‘volevano bene’ e con goliardia fuggivano via dalla polizia. E ancora, se sullo schermo si pippa, si beve e si fuma…nella realtà qualcuno ripeterà quelle azioni a coscienza assolta, il solleticare è il modus operandi dell’industria culturale. Oltre alla costruzione di contenuti eccitanti (quindi non da docufilm), atti a creare un legame simpatico tra gli spettatori e i protagonisti, nella messa in scena si esaltano e mistificano comportamenti criminosi (perché giustificati dall’ottenimento del Denaro), con l’abuso di elementi narrativi banali (cocaina, alcool, gioco d’azzardo, machismo, violenza), con il trattamento superficiale dell’importanza politico-sociale (reale) dei fatti narrati, e con l’omissione quasi totale del legame tra il potere politico (antidemocratico) degli anni Settanta e quello contemporaneo.
Attenzione, perché qui stiamo parlando della violenza che Pasolini descrisse nella sua ultima intervista (rilasciata a Furio Colombo) nel novembre 1975: “La tragedia è che non ci sono più esseri umani, ci sono strane macchine che sbattono l’una contro l’altra. […] tutti dentro l’arena dell’avere tutto a tutti i costi.  Spinti come una strana e cupa armata in cui qualcuno ha i cannoni e qualcuno ha le spranghe. […] in un certo senso tutti sono i deboli, perché tutti sono vittime. E tutti sono i colpevoli, perché tutti sono pronti al gioco del massacro. Pur di avere, possedere, distruggere. […] Se ho tra le mani un consiglio di amministrazione o una manovra di Borsa usa quella. Altrimenti una spranga. E quando, uso una spranga faccio la mia violenza per ottenere ciò che voglio. Perché lo voglio? Perché mi hanno detto che è una virtù volerlo. Io esercito il mio diritto-virtù. Sono assassino e sono buono.”
Culto del denaro e sottocultura della trasgressione affascinante. Battute a marcare i personaggi di eroismo e sensibilità (la banda viene mostrata anche come “vittima” dei poteri occulti dello stato); in secondo piano la loro natura moralmente abbietta.
“Perché noi abbiamo scelto de’ fa’ proprio ca fine la’, piuttosto che timbrà el cartellino pe tutta ‘a vita!”
Questa affermazione, pronunciata dal capo della banda (il Freddo, K.R.Stuart) contiene vari taciti ‘consigli’; evitare la ‘normale’ esistenza lavorativa, accettare il sopruso imposto agli altri piuttosto che “timbrare il cartellino…”, giustificare il “crimine” in senso lato quale mezzo per non abitare una legale quotidianità di sacrificio. Queste sono le lusinghe più semplici da porre, quindi sono impostura di Sistema.
“Questa è la mia lettera di dimissioni dal servizio, esco di scena in punta di piedi senza far rumore, nel tempo che verrà non ci sarà bisogno di gente come me, perché non ci sarà più nessuna democrazia da salvare, ma solo interessi privati, lotte per più potere, più denaro. I pochi fascicoli che porto con me, riguardano gli uomini che dovranno salvarsi dal diluvio, persone spesso ignobili, anime nere, capitani di ventura, eppure, come già altre volte nella storia, saranno loro a governare il caos.”
Da questa testimonianza, che nella sceneggiatura appartiene a un plausibile dirigente dei servizi segreti che ha assoldato la banda per risolvere alcune questioni (in cambio di intoccabilità giudiziaria; la stessa che tanto indigna nel nostro paese), è certamente un contenuto di importante denuncia politica, ma anche quell’elemento è atto a rendere la totalità del prodotto cinematografico interpretabile e “accettabile” come sorta di spaccato storico-sociale…smussando dunque tutti i modelli mostrati in precedenza. Al contempo poi, e componente più grave, inerentemente alla deriva “irresponsabile” del film, questa testimonianza ri-crea e ri-afferma l’idea (utile al Sistema) che l’individuo, la Società e la Politica non possano essere Liberi perché esiste un Sistema che gestisce appunto tutto senza remore. Quale sottointeso migliore per spingere alla rassegnazione deresponsabilizzata lo spettatore che già non vede l’ora di potersi autonomamente schierare contro il resto della Società e farsi solo gli affari suoi? La lusinga verso il vuoto è la più ammaliante, e rimane una deriva di destra; proprio come quei servizi segreti che per anni hanno fatto il loro “lavoro”.
Insomma, in certi film si ‘dimentica’ di mettere in scena tutte quelle madri che hanno pianto i loro figli morti per overdose o ammazzati. Insomma mancano le immagini dei milioni di cittadini onesti che hanno subito la violenza del crimine, delle trame atlantiche, massoniche, neofasciste e antidemocratiche che hanno gestito il paese per decenni e che oggi hanno solo mutato forma.
Infine è interessante ricordare, a prova della gravità tutt’altro che “spettacolare” (proficuamente spettacolarizzata e mitizzata) di quella storia che ancora ci portiamo addosso (Mafia Capitale), le parole dell’ex-magistrato Libero Mancuso:

“…uno snodo importante dei misteri d’Italia: la struttura illegale denominata Banda della Magliana. Una struttura che non può essere semplicemente definita criminale, pena la sottovalutazione della sua funzione di cerniera con settori dell’eversione armata, dei servizi segreti, del mondo politico, del Vaticano, delle banche… La storia della banda della Magliana evidenzia un ulteriore segmento della storia della prima Repubblica.”

-Libero Mancuso: Co-fondatore di Magistratura Democratica, pm storicamente considerevole per le sue indagini sul terrorismo eversivo – BR e NAR -, mafia, Strage di Bologna, Italicus, P2 (con lui depose Licio Gelli), servizi segreti deviati, Uno Bianca, Marco Biagi, e per aver espresso dichiarazioni di rilevanza sull’antistato all’interno della criminalità organizzata (caso Banda della Magliana). Nel 2002 prese posizione contro le violenze avvenute anche da parte di forze dell’ordine al G8 di Genova nel 2001: “È più difficile indagare su Genova che sulla strage di Bologna. Quando pezzi dello Stato debbono rispondere di accuse così rilevanti penalmente, scattano le coperture.” Tali parole non furono gradite dall’allora guardasigilli, Ministro di Grazia e Giustizia, Roberto Castelli (Lega Nord, Governo Berlusconi), che avviò nei confronti di Mancuso un’azione disciplinare per “violazione dell’obbligo di riserbo nell’esprimere giudizi su un procedimento ancora in fase d’indagine”.
Lettura consigliata: “La banda della Magliana. Storia di una holding politico-criminale”, Gianni Flamini, KaosEdizioni, 2002.

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