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Referendum, il boom del voto degli italiani all'estero

neXtQuotidiano 02/12/2016

L’affluenza dei connazionali che non risiedono in Italia sarebbe infatti arrivata al 40%, percentuale importante e ben oltre il 30% delle elezioni politiche del 2013 e il 19% del referendum sulle trivelle. Un risultato che potrebbe innescare l’effetto rimonta per il sì al referendum?

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Il voto all’estero per il referendum pare essere molto sentito: l’affluenza dei connazionali che non risiedono in Italia sarebbe infatti arrivata al 40%, percentuale importante e ben oltre il 30% delle elezioni politiche del 2013 e il 19% del referendum sulle trivelle. Un risultato che potrebbe innescare l’effetto rimonta per il sì al referendum, come preconizzava Renzi?

Referendum, il boom del voto degli italiani all’estero

Per adesso, scrive Alberto D’Argenio su Repubblica, in Svizzera, secondo i primi dati che circolavano ieri sera nelle stanze del governo, ha votato il 42,2% degli italiani registrati, un netto balzo in avanti rispetto al 36% raggiunto tra i cantoni alle politiche 2013. In Gran Bretagna l’affluenza è stata invece del 37%. In totale, era il calcolo entusiasta dei renziani, da tutto il mondo potrebbero arrivare anche 1,6 milioni di schede – gli aventi diritto sono poco più di quattro milioni – che alla fine in caso di testa a testa tra Sì e No potrebbero rivelarsi decisive.

Non è un mistero, lo confermano anche al Comitato del No, che i voti all’estero dovrebbero premiare la riforma Boschi. Con una proporzione che potrebbe essere di due voti su tre. Un guadagno secco di oltre cinquecentomila voti per Renzi rispetto al voto nazionale. I consolati hanno chiuso le urne alle 16 locali di ieri. Da lì è iniziata la transumanza delle schede da ogni angolo del pianeta verso l’Italia. Tutto il materiale giunto nelle sedi diplomatiche oltre quell’orario è stato bruciato.
Ogni console italiano ha infilato le buste con le schede in una valigetta diplomatica, che è stata scortata al più vicino aeroporto e imbarcata sotto gli occhi del personale della Farnesina nell’apposito scomparto di un volo di linea individuato per tempo. Le valigette arriveranno tra oggi e domani a Fiumicino. Alla Farnesina e al Viminale escludono, forse anche caramanticamente, possibilità di ritardi spiegando che ogni rappresentanza diplomatica ha predisposto nel dettaglio la marcia delle schede. A quel punto verranno immagazzinate in un hangar messo a disposizione dalle autorità aeroportuali dello scalo romano e sorvegliate dalla Polaria, la polizia di frontiera

C’è più di un problema però, innanzitutto – e Renzi lo sa bene – lo stesso genere di ragionamento può essere fatto sul fronte opposto, non a caso il Comitato per il No da diverse settimane punta il dito contro la procedura di voto per gli italiani residenti all’estero e ha annunciato di essere già pronto a fare ricorso in caso i voti risultassero determinanti per la vittoria del Sì. In secondo luogo alle ultime politiche (nel 2013) il numero di voti provenienti dall’estero è stato di un milione e centomila (pari al 32,11% degli aventi diritto nella circoscrizione esteri), quindi poco più di quello di cui “avrebbe bisogno” Renzi per vincere (all’epoca gli aventi diritto erano poco più di tre milioni, e in questi anni sono aumentati di 700 mila unità). Anche perché il Presidente del Consiglio nel suo ragionamento dà per scontato che andrà a votare almeno un milione e mezzo di elettori e che di questi un milione deciderà di votare Sì. All’ultimo referendum, quello “sulle trivelle” hanno votato 700 mila aventi diritto residenti all’estero, ma è innegabile che quella consultazione fosse – soprattutto per chi vive all’estero – decisamente marginale rispetto alle modifiche alla Costituzione.

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Il plico con il materiale per il voto dall’estero, in rosa la scheda per il referendum


C’è infine la questione che nei sondaggi non sono generalmente conteggiate le intenzioni di voto degli elettori residenti all’estero. Questo accade soprattutto per un motivo metodologico dal momento che i vari istituti che si occupano di rilevazioni elettorali non hanno modo di costruire un campione statisticamente rappresentativo di quella categoria di elettori. Pertanto non esiste alcun sondaggio serio che dica che i due terzi degli elettori “stranieri” stanno con il Sì (o con il No) quindi quella di Renzi (e del Comitato per il No) è al massimo una speranza (se non una pia illusione). Non sarebbe però la prima volta che i voti dei nostri connazionali residenti all’estero potrebbero risultare decisivi: alle elezioni 2006 Romano Prodi riuscì a sconfiggere Silvio Berlusconi anche grazie ai voti provenienti dalla circoscrizione estero che proprio a quelle elezioni partecipava per la prima volta al voto. Inoltre bisogna tenere conto che in occasione dei referendum i voti provenienti dall’estero pesano di più che alle politiche perché valgono quanto quelli di chi vota in Italia mentre alle politiche gli elettori all’estero eleggono – in proporzione al loro numero – una quota inferiore di parlamentari rispetto a chi vota in Italia.

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