Opinioni
Lockdown Italia – Cronache da un Paese in Quarantena: 33. Roma, al calar del sole
di Lorenzo Favella
Pubblicato il 2020-04-28
Creature della notte. Felini predatori. Barboni, anzi no: senza fissa dimora. Una chiacchierata con Sara. Un culo irraggiungibile. Un’altra cronichetta. Mercoledì, 29 aprile 2020. Ieri sera, ho salvato una ragazza da uno scippo. Senza che lei se ne sia accorta. Dopo le sette, quando chiudono gli alimentari, ecco che le strade del Pigneto tornano ad […]
Creature della notte. Felini predatori. Barboni, anzi no: senza fissa dimora. Una chiacchierata con Sara. Un culo irraggiungibile. Un’altra cronichetta.
Mercoledì, 29 aprile 2020.
Ieri sera, ho salvato una ragazza da uno scippo. Senza che lei se ne sia accorta.
Dopo le sette, quando chiudono gli alimentari, ecco che le strade del Pigneto tornano ad essere completamente deserte ed escono fuori le creature della notte.
Sotto casa mia, c’è un distributore di sigarette. La tipa teneva un cane al guinzaglio, quando mi sono messo in fila. E subito mi sono accorto di due ragazzi di colore che le ronzavano attorno.
Uno fingeva di volerla aiutare, visto che la macchinetta, non si sa perché, si era messa a sparare una voce metallica in francese.
Quando il felino mi ha visto, ha fatto un passo indietro. Ed è stato lì che ho visto l’altro. E un altro ancora, poco lontano. Una batteria in piena regola, come si dice a Roma.
Nel momento che la ragazza si è allontanata con le sue sigarette, ecco che sono diventato io, la possibile preda.
C’ero già passato e posso anche dirvi il giorno esatto. L’8 novembre 2016, quando avevo fatto notte con un amico, per guardare i risultati delle elezioni presidenziali americane. A un certa ora, vista la malaparata, il mio amico aveva abbandonato il campo. Io avevo atteso i risultati della Pennsylvania. Poi, verso le quattro del mattino, mi sono ritrovato senza sigarette e sono sceso a comprarle.
Avevo un problema al ginocchio e zoppicavo. Come una gazzella ferita, senza accorgermi dei felini predatori appostati nell’oscurità, mi ero avventurato nella jungla urbana.
E’ stato un attimo. Non appena ho tirato fuori il portafoglio per inserire i soldi nella macchinetta, ecco che una pantera nera me l’ha levato di mano ed è fuggita nella notte.
Ieri, si stava ripetendo lo stesso schema. E per quanto abbia il ginocchio a posto, ora, non avevo certo voglia di rischiare.
“Avete rotto il cazzo! Via!” ho preso a inveire.
Ma quelli niente. Hanno fatto spallucce come a dire: che problema c’è?
Avevo provato una strizza assurda, quella notte, ma devo dire che alla fine i felini erano stati comprensivi. Si erano presi il contante, per poi buttare il portafoglio nelle vicinanze.
Il giorno dopo, una vecchietta lo aveva trovato e portato al bar di Valeria, che mi ha subito riconosciuto, nei documenti, e non appena sono sceso a farmi un caffè, prima ancora di andare a fare la denuncia, mi ha riconsegnato il tutto. Che solo all’idea di dover rifare carta d’identità, patente, ecc ecc, sai già che è un tale calvario di burocrazia che avoja i felini predatori. Quasi quasi li avrei voluti ringraziare!
Racconto sta storia a un’amica, al telefono, lamentando il fatto che non ho niente da fumare e non mi va di rischiare a scendere in strada. Devo ricordarmi di comprare le sigarette prima del calar del sole. Pure stasera, me ne sono dimenticato.
“Meglio così, ti fa bene se non fumi!”
“Non mi dire che sei riuscita a smettere di fumare, proprio tu, in sto periodo.”
“See, sto cazzo” ride.
Mi racconta che ha preso a lavorare per l’UDS notturna, che poi vuol dire Unità di Strada notturna. Un servizio organizzato dal comune di Roma, per dare aiuto ai senza tetto.
“I barboni?” dico io.
“Si dice senza fissa dimora” replica lei.
Fa i turni di notte. Dalle otto di sera alle otto del mattino, non stop. Sta andando alla centrale operativa e poi partirà in macchina con un collega, per monitorare certe zone. Stazioni, piazze o vie, dove già sanno di trovare i barboni.
“Si dice senza fissa dimora” ripete lei, che è proprio diventata una soldatina precisa precisa.
“Vabbè, ma poi quando arrivate lì, che fate?”
“Guardiamo se hanno bisogno di qualcosa. Tipo coperte, l’isopack. cose così.”
“L’isoche?”
“Il telo termico.”
“Vabbè, mo‘ non fa freddo, la sera.”
“D’inverno sì. E dice che i prossimi giorni piove. Stronzo.”
Devo dire che a fare gaffe sono particolarmente bravo. Cerco di recuperare.
“Portate anche cibo?” riprendo con voce vellutata.
“No, di quello si occupano altre strutture. Però, a volte, ci portiamo dietro qualcosa anche noi.”
“Quindi, insomma, fate un giro la sera, monitorate certe zone, e poi?”
“No. Non hai capito. Principalmente ci muoviamo perché arrivano segnalazioni alla nostra sala operativa. Interveniamo per assistere chi ha bisogno. E ti assicuro che di segnalazioni ne arrivano sempre, in una città come Roma.”
Mi sale alla mente quella barbona che il giorno prima dell’inizio del lockdown, come se avesse già fiutato tutto, nell’aria, aveva preso a sbraitare. “Mo’ vedrai! Vedrai! Le strade diventeranno tutte nostre! Ce staremo solo noi in giro! A Stronzi!!!”
Bazzica ancora sotto casa e un paio di sere fa, evidentemente, qualcosa è andato storto nella sua testa. Con una sbarra, ha preso a sbattere contro i cassonetti della spazzatura. Fuori di sé.
“Che succede se beccate uno violento, pericoloso…”
“Non mi è mai successo. Di solito, hanno solo bisogno di conforto.”
“Sì, ma se quello ha in mano un bastone, per dire?”
“Ti fai sempre troppi film. Noi, cerchiamo solo di dare un aiuto. Poi, se dovesse succedere qualcosa di grave, avvertiamo le forze dell’ordine. Anche se qualcuno sta male, mica possiamo intervenire noi. Si chiama un’ambulanza.”
“Quindi, in pratica, a parte le coperte, non fate un cazzo.”
…
La pausa fa pensare che la battuta me la potevo anche risparmiare.
“Quando fai così lo stronzo, non so perché, avrei voglia di scoparti.”
“Ah sì?” replico con interesse.
“Peccato che con il corona virus non è cosa.”
Peccato davvero. Ha un gran bel culo, Sara.
Ci salutiamo, perché ormai si sono fatte le otto e lei deve iniziare il turno, in giro per le strade di Roma, tra vie e piazze deserte, che devono essere uno spettacolo.
Io, umilmente, accendo il computer e prendo a scrivere un’altra cronichetta. Questa.