The Italian Lockdown – Cronache da un Paese in Quarantena: 17. Madeleine

di Lorenzo Favella

Pubblicato il 2020-03-29

Un materasso duro, una lettera scritta di getto, un amore mai dimenticato. Domenica, 29 marzo 2020. Ciao amore mio, è da tanto tempo che non ci sentiamo e davvero non lo so, se avremo occasione di rivederci, in futuro. Ti scrivo per una semplice ragione. Questa mattina ho avuto una madeleine e mi sei tornata …

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Un materasso duro, una lettera scritta di getto, un amore mai dimenticato.

Domenica, 29 marzo 2020.

Ciao amore mio,
è da tanto tempo che non ci sentiamo e davvero non lo so, se avremo occasione di rivederci, in futuro.
Ti scrivo per una semplice ragione. Questa mattina ho avuto una madeleine e mi sei tornata alla mente, come d’incanto.
Lo sai cos’è una madeleine, no? E’ quella che si mette in bocca quel personaggio di Proust, nella sua Recherche, dopo un giorno di pioggia, quando torna a casa e chiede alla propria governante una colazione calda.
Gli viene servito un thè con ciambelline, les madeleines.
Nel portarsene una alla bocca, sentendone il gusto, ecco che di colpo una serie di ricordi gli tornano alla mente. Una memoria nitida, che rinasce dentro, come un segreto profondo e mai dimenticato.

 

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Mi è successa una cosa simile, questa mattina. Non chiedermi perché, mi sono ubriacato la notte scorsa, era sabato sera, volevo ballare, e ho finito per dormire nella camera degli ospiti. Dove c’è un letto dal materasso duro, come quello che avevi comprato tu.

Ho fatto tardi e mi sono svegliato altrettanto tardi.

Fuori, una giornata bigia, di quelle che non invogliano per niente a uscire da sotto le coperte. E poi, di sti tempi, anche uscire è ormai una fatica.
Mi sono rigirato nel letto, più volte, su quel materasso duro, fino a riscoprire una di quelle domeniche, in quella casa di piazza San Quirino.
Ho allungato un braccio, alla mia destra, senza trovare nessuno.
Eppure, tu eri lì, come in quelle mattine, che diventavano pomeriggi interi, passati a fare all’amore, fino a sfinirci. Fino a quando, stremati dalla fame, uno dei due trovava il coraggio di trascinarsi fino al frigorifero, per cercare qualcosa da mettere sotto i denti. Quei momenti, di colpo, li ho rivissuti, come se fosse ieri.
E’ per questo che ho sentito il bisogno di scriverti. Ho sentito il bisogno di dirtelo. Perché… anche se non dovessimo vederci mai più, voglio che tu lo sappia. Quelli sono stati tra i momenti più belli della vita mia. E lo rimarranno per sempre. Custoditi, nascosti, dentro di me.

Ho stampato la lettera e sono sceso al tabaccaio, sotto casa, per comprare busta e francobollo. Ma è domenica e il tabaccaio è chiuso.
Ho comprato le sigarette dal distributore automatico, dove sono registrato e mi basta inserire il dito, perché esca fuori la mia marca abituale, le gauloises rosse. Dovrei smettere di fumare, lo so, ma non ci riesco. E di questa lettera, tra le mani, non so più che farci. La butto via. In uno di quei cassonetti della spazzatura che non traboccano più di monnezza. Chissà perché, la raccolta dei rifiuti, a Roma, funziona meglio ora.

Tanto la lettera ce l’ho, nel computer. Forse un giorno ne stamperò un’altra copia e la spedirò.
Oggi va così. Domani è un altro giorno, si vedrà.
Lo cantava anche la Vanoni.

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