Cultura e scienze
Quando i giornali promettono una cura che non c'è
Giovanni Drogo 26/03/2015
Quante volte abbiamo letto sui giornali l’annuncio di una cura miracolosa o della nuova scoperta in grado di cambiare le nostre vite per sempre e quante volte è successo davvero? Un ‘analisi di come i quotidiani raccontano il progresso medico-scientifico dando spesso false speranze ai malati
Un bel pezzo di Vox ci spiega il motivo per cui dobbiamo dubitare dei giornali quando ci raccontano la storia di quella nuova e promettente ricerca medica che ha scoperto una nuova terapia per curare una terribile malattia (oppure che un particolare alimento è utilissimo per la prevenzione del cancro). Nella maggior parte dei casi queste promesse di innovazioni in campo medico non si traducono in nuove pratiche mediche ma rimangono solamente dei titoli sui quotidiani.
TANTI ANNUNCI NON FANNO UNA CURA
Una ricerca condotta nel 2003 ha preso in esame 101 articoli scientifici apparsi tra il 1979 e il 1993 sulle più importanti riviste specializzate. Questi articoli avevano in comune l’annuncio di una scoperta dalla portata rivoluzionaria in campo medico. Dall’analisi dei successivi sviluppi delle pratiche mediche è emerso che solo in cinque casi il prodotto farmaceutico tanto reclamizzato è riuscito ad arrivare sul mercato e ad essere messo a disposizione dei malati e solo in un caso il farmaco veniva ancora utilizzato nel 2003. Naturalmente questa evoluzione non lascia traccia sulle pagine dei giornali, perché quello che conta è la notizia dell’importante scoperta. Mentre è molto meno notiziabile il racconto che l’attesa cura miracolosa non è mai arrivata. Il problema riguarda non tanto il modo in cui viene fatta la ricerca scientifica (anche se qualche dubbio circa certe “clamorose scoperte” fatte per attirare finanziatori c’è), quanto gli annunci troppo ottimistici dei giornali ogni qual volta viene pubblicato un nuovo studio che promette “miracoli”. È il caso ad esempio della terapia vascolare per curare la sclerosi multipla annunciata nel 2009 dal Dott. Paolo Zamboni. All’epoca i giornali uscirono quasi tutti con la storia del chirurgo che “curava la sclerosi per amore” dal momento che Zamboni aveva ingaggiato la lotta contro la malattia nella speranza di curare la moglie affetta da sclerosi multipla. Purtroppo dopo i roboanti annunci è venuto fuori che la cura Zamboni non funzionava, ma intanto fiumi d’inchiostro erano stati versati per magnificarne le doti, i malati si erano illusi e l’Associazione italiana sclerosi multipla aveva finanziato una ricerca da un milione e mezzo di euro. La storia della terapia Zamboni è simile a tante altre apparse sui giornali e che vedono come protagonisti non solo gli scienziati che avanzano le loro ipotesi scientifiche ma anche i mass media che amplificano a dismisura il contenuto delle ricerche creando un vero e proprio filone giornalistico. Lo stesso Zamboni ha criticato il modo in cui è stata presentata la sua terapia sperimentale sui giornali:
Qualcosa è sfuggito di mano. Ho pubblicato su riviste scientifiche i miei dati per corroborare le mie ipotesi, ma ci sono stati imprenditori che hanno cavalcato l’idea per fini commerciali e ‘pifferai magici’ che hanno promesso guarigioni. Una ricerca neonata che era in incubatrice è stata trattata come un bambino capace di correre sulle proprie gambe, dando per scontato che non servissero conferme
Ma il mondo delle notizie non ha tempo per aspettare conferme o smentite. E noi in Italia abbiamo un caso abbastanza recente (ed uno di qualche anno fa) a ricordarci quale potere abbiano certe notizie riguardo terapie miracolose e i loro effetti devastanti sulla sanità pubblica e sui malati.
L’ETERNA STORIA DI QUELL’ALIMENTO MIRACOLOSO IN GRADO DI CURARCI
Il problema di fondo è che il progresso scientifico e il lavoro giornalistico non hanno gli stessi tempi. Mentre gli scienziati e i ricercatori iniziano a mettere alla prova le affermazioni contenute negli studi scientifici per verificarne la loro attendibilità i giornali sono già alla ricerca di una nuova promettente scoperta con la quale fare il prossimo titolo di apertura. Lo stesso vale per le ricerche che dimostrano l’efficacia di un alimento per prevenire il cancro (o viceversa per favorirne l’insorgere). Ieri diversi giornali riportavano la notizia che uno studio ha individuato nella quinoa un alimento efficace per prevenire i tumori. Gli articoli consigliavano quindi di assumere dosi giornaliere di quinoa per preservare la propria salute. Peccato però che nello studio scientifico non si facesse alcun riferimento alla quinoa ma solo a “whole grain” e che la pianta sudamericana non venisse mai nominata. La cosa interessante è che esiste uno studio medico del genere quasi per ogni alimento. Anzi: ci sono studi che dicono che un alimento è in grado di non farci ammalare di cancro ed altri che sostengono che lo stesso cibo in realtà è una tra le cause del cancro. Se considerate nel loro insieme queste ricerche hanno un certo fondamento scientifico. Nei giornali però assistiamo ad un susseguirsi di annunci isolati di segno opposto che comprensibilmente lasciano disorientati i lettori. Non bisogna inoltre dimenticare che anche gli scienziati possono sbagliare: gli studi possono essere concepiti nel modo sbagliato oppure semplicemente andando avanti con il processo di analisi scientifica si scopre che l’ipotesi di partenza non era corretta. La forza del metodo scientifico sta anche nel fatto di consentire la possibilità di riconoscere (ed eventualmente correggere) gli errori.
Questa corsa alla cura miracolosa o al cibo in grado di guarirci da tutti i mali riflette la necessità vorace di notizie rassicuranti e di promesse strabilianti che non può essere in alcun modo delusa. Julia Belluz su Vox scrive che la nostra epoca ha sviluppato una dipendenza da “medical hype” ovvero da quelle incredibili promesse di progresso medico e scientifico alle quali la nostra civiltà tecnologica ci ha abituati. Quasi che per sentirci parte del nostro tempo sia quasi obbligatorio assistere alla scoperta di qualcosa di sensazionale e rivoluzionario in grado di cambiare le nostre vite per sempre e naturalmente in meglio. Allo stesso tempo siano costantemente bombardati da nuovi studi scientifici che facciamo fatica a comprendere e che non siamo in grado di valutare, soprattutto quando fanno riferimento a ricerche che non sono ancora entrare in fase avanzata. Non ha quindi molto senso affidare tutte le nostre speranze ad i risultati riportati all’interno di un unico studio scientifico. Il progresso scientifico è un lavoro collettivo, svolto da più persone che lavorano allo stesso obbiettivo in modo differente, l’interazione tra diversi studi medici è un indicatore più interessante di quell’unico, promettente, studio che annuncia che a breve avremo una nuova e miracolosa cura.
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