Economia

Banca Popolare di Bari vuole salvarsi da sola

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-04-17

Niente investitori istituzionali, niente cessione dei crediti deteriorati: l’istituto di De Bustis punta sulla causa alla UE e sulla fusione

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Gli investitori istituzionali chiamati a rafforzare la Banca popolare di Bari non si sono presentati: né è stato siglato il complesso accordo per cedere i 2,5 miliardi di cattivi crediti, in parte ad aziende ancora attive. Il nuovo piano di Vincenzo De Bustis va però comunque avanti e  punta a una fusione – favorita dalla norma ad hoc sui benefici fiscali allo studio – e su una maxi richiesta danni alla Commissione Ue, che per fonti di mercato sfiorerà il miliardo.

Un modo per compensare la mancata acquisizione di Tercas, il cui risanamento a cura del Fondo tutela depositi nel 2015 fu ostacolato dall’antitrust Ue mentre un mese fa la Corte di giustizia ha detto che quell’intervento non era aiuto di Stato. L’8 maggio il cda approverà il bilancio 2018, atteso in perdita (la semestrale era a meno 139 milioni)  Bari ha già convocato l’assemblea sociale il 29 e 30 giugno: non a caso le ultime date utili.

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Banca Popolare di Bari, i conti (La Repubblica, 6 gennaio 2019)

E dopo? Spiega oggi Andrea Greco su Repubblica:

Il management guidato da Vincenzo De Bustis e i suoi vari consulenti – tra cui Rothschild, lo studio legale Rcc, lo studio notarile Marchetti, Gualtieri & associati – cercano di raggiungere, in vista dell’assemblea, almeno tre obiettivi concreti. Il primo, come tempi, potrebbe essere l’emendamento, da inserire nei decreto Brexit o in quello Crescita, per contare i crediti fiscali come patrimonio in caso di fusione.

Le Dta, frutto di perdite fiscali per svalutazioni di crediti o marchi rateizzate negli anni, sono recuperabili solo se c’è un imponibile; ma Bankitalia e Tesoro stanno affinando una norma che le conteggi nel patrimonio primario per banche sotto i 30 miliardi di attivi che pagano un canone annuo all’erario. Così per Bari, che ha 327 milioni di Dta, una fusione accrescerebbe del 4,3% il patrimonio: si vocifera di contatti con le popolari di Puglia e Basilicata e del Lazio. Secondo obiettivo è la causa per danni in stesura a Bari: la convizione è che dal veto Ue su Tercas – sostituito da due ricapitalizzazioni – sia partita la spirale di fughe dei depositi, rincari alla provvista, illiquidità delle azioni, reclami e indagini in Procura.

Il terzo elemento è l’espulsione di tutti i crediti deteriorati: da mesi ci sono contatti con DoBank e altri operatori privati, ma la scelta potrebbe cadere sulla Sga del Tesoro, più indicata per un’operazione di sistema che potrebbe includere altre delle 22 cooperative popolari che attendono l’incentivo del governo per fondersi e ripulire i crediti.

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