Fatti
I perditempo che non vogliono perdere tempo
di Alessandro D'Amato
Pubblicato il 2016-06-27
“Non abbiamo tempo da perdere”, si legge nella dichiarazione comune diffusa a Berlino dopo la conferenza stampa di Merkel, Hollande e Renzi. Eppure anche di fronte all’emergenza Brexit non sembra che ci sia così fretta
“Non abbiamo tempo da perdere“, si legge nella dichiarazione comune diffusa a Berlino dopo la conferenza stampa di Angela Merkel, François Hollande e Matteo Renzi. Verrebbe da dire: finalmente. Peccato che sia uno scherzo. Nel senso che la Brexit ha preso in contropiede cancellerie e governi, sì. Ma, così come chi fra i Tory ha soffiato sulla rivolta salvo scoprire le difficoltà del giorno dopo, così nemmeno in Europa qualcuno aveva preparato un piano B politico per fronteggiare la Brexit. Oggi il direttorio Merkel-Hollande-Renzi rilascia dichiarazioni tranquillizzanti sul futuro dell’Unione Europea. «Siamo sicuri che la Ue è abbastanza forte per dare la risposte giuste» alla decisione del popolo britannico di uscire dalla Ue, fanno sapere i tre. Finora devono averle tenute ben nascoste, allora.
I perditempo che non vogliono perdere tempo
Oggi l’agenzia di stampa Reuters ha fatto sapere che il premier avrebbe chiesto a Merkel e Hollande forme di garanzia pubblica sui bond bancari e chiede vi sia una risposta europea alla crisi innescata dalla Brexit. Secondo quanto riferisce una fonte governativa all’agenzia, il premier Matteo Renzi avrebbe chiesto stasera ad Angela Merkel e a François Hollande nuova flessibilità in bilancio e una lettura meno rigorosa della normativa europea in materia di aiuti di Stato. Di certo negli interventi ufficiali alla fine dell’incontro non ce n’è traccia:
Il settore del credito è ora normato dal ‘bail-in’ e questo rende più difficoltoso un intervento del governo, ma l’Ue e l’Italia faranno “tutto ciò che è necessario” per mettere a riparo le banche dalle conseguenze della Brexit. Lo ha detto Matteo Renzi durante la conferenza stampa al termine del trilaterale a Berlino con Angela Merkel e Francois Hollande. “Esistono regole europee. Prima che vi fossero queste regole europee alcuni paesi, per esempio la Germania – secondo me facendo molto bene, faccio i miei complimenti – hanno fatto gli interventi necessari. Purtroppo i governi italiani precedenti non lo hanno fatto”.
“Oggi – ha aggiunto – il quadro normativo è molto difficile da maneggiare, ma tutto ciò che servirà per dare tranquillità e fiducia ai cittadini sarà oggetto di attenzione delle istituzioni euorpee e del governo italiano. E’ chiaro che le dinamiche dei mercati scontano incertezza, non solo nel sistema del credito, penso ad alcune compagnie aeree low cost, a realtà che fanno business nel mondo inglese. A mio giudizio occorre prudenza e grande equilibrio”. Per Renzi, però, bisogna “prendere atto che l’ Europa c’è e ha una sua strategia, non c’è tempo da perdere ma siamo nelle condizioni di affrontare qualsiasi difficoltà e fare tutto ciò che è necessario nel quadro normativo vigente per sistemare i problemi che eventualmente si verificassero e che in questo momento stanno punendo tutto il mondo del credito europeo”.
Renzi sembra piuttosto preoccupato di non dare l’impressione di pensare soltanto alle banche, come gli hanno rimproverato anche oggi in Parlamento dai banchi dell’opposizione: «Ora va valorizzato ciò che ci unisce, l’Europa sociale, dei musei, del volontariato, degli asili, non solo l’Europa delle procedure e delle banche». Riguardo la lettura meno rigorosa della normativa sugli aiuti di Stato e la flessibilità in bilancio, non c’è stato nemmeno un accenno alla questione durante le dichiarazioni finali. Dove però si è parlato molto di Italia-Spagna e del prossimo quarto degli azzurri con la Germania.
Il comunicato di Merkel, Hollande e Renzi
“L’Ue dovrebbe essere più presente sulle priorità essenziali per le quali gli europei devono unire le loro forze e tirarsi indietro laddove gli Stati nazionali possono agire meglio”, dicono nella dichiarazione comune diffusa a Berlino dopo la conferenza stampa. “Siamo convinti che l’Ue possa andare di nuovo avanti se verrà supportata dai suoi cittadini. L’Ue deve quindi dedicarsi alle preoccupazioni dei suoi cittadini, mettendo in chiaro i suoi obiettivi e le sue funzioni”, prosegue la dichiarazione comune. Ovvero, tutte dichiarazioni di intenti che sentiamo da anni senza risultati. Eppure proprio Renzi aveva detto oggi qualcosa di interessante su crescita, deficit e surplus: «Serve un’Europa sociale, della crescita, che considera un problema il deficit ma anche il surplus di alcuni Paesi». Il persistente surplus della Germania nel saldo con l’estero è una delle cause principali dei problemi odierni:
Insistendo sull’austerità durante la crisi dell’Eurozona, e non aumentando la spesa per investimenti in patria, Berlino ha contribuito in modo decisivo a deprimere la domanda aggregata, sia entro i confini nazionali sia nell’Eurozona in generale. La lunga depressione dell’Eurozona ha provocato il calo dell’inflazione al di sotto del tasso obbiettivo (che è appena sotto il 2 per cento). La risposta della Bce è stata tagliare i tassi a breve termine a livelli negativi e comprare attività finanziarie. Se la politica di bilancio della Germania fosse stata neutrale, in questo periodo, il compito della Bce sarebbe stato più semplice: avrebbe centrato il suo obbiettivo di inflazione e non avrebbe dovuto ridurre così tanto i tassi.
Berlino considera il suo attivo nel saldo con l’estero semplicemente come un riflesso della superiore competitività della Germania. È una visione da analfabeti economici, o più probabilmente un tentativo deliberato di distogliere l’attenzione dal vero problema. Se la Germania avesse una sua valuta e un tasso di cambio fluttuante, lo squilibrio delle partite correnti scomparirebbe quasi interamente. Anche in un’unione monetaria, uno squilibrio significativo non avrebbe rilevanza se l’unione fosse politicamente integrata e avesse una politica di bilancio comune. Ma gli squilibri hanno rilevanza nell’unione monetaria con cui ci ritroviamo, senza sistemi di ridistribuzione e riassicurazione. Non è un caso che la Germania non vuole questi meccanismi di ridistribuzione: è così che massimizza il suo attuale surplus; per lei rappresenta un obbiettivo implicito di politica economica.
Insomma, ce ne erano di argomenti da sollevare – e non in parlamento, ma nel “direttorio”, direttamente nel faccia a faccia con la Merkel e Hollande. Un perditempo che ha smesso di perdere tempo dovrebbe saperlo.