Perché la Fondazione Gimbe dice che la Lombardia “trucca” i dati sul Coronavirus

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-05-28

Fare pochi tamponi potrebbe essere una strategia opportunistica (e rischiosa): tenere il numero di casi ufficiali basso e non andare a cercare gli asintomatici, col pericolo che poi il sommerso riemerga in ospedale, all’improvviso, coi ricoveri. Piemonte e Lombardia, più la Liguria e l’Emilia-Romagna, che fanno tamponi in media col resto d’Italia ma trovano più «positivi»

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Secondo un’analisi della Fondazione Gimbe Lombardia, Piemonte e Liguria, non sono pronta, dal punto di vista epidemiologico, alla riapertura tra Regioni di cui si discute per il 3 giugno. “Le analisi post lockdown della fondazione Gimbe dimostrano che in queste tre Regioni si registra la percentuale più elevata di tamponi diagnostici positivi e il maggior incremento di nuovi casi”, si legge in una nota, diffusa dopo l’intervento del presidente del Gimbe Nino Cartabellotta a Radio 24, che ha provocato lo scontro con la Regione Lombardia.

Perché la Fondazione Gimbe dice che la Lombardia “trucca” i dati sul Coronavirus

La Fondazione Gimbe, per arrivare alle sue conclusioni, ha valutato tre elementi nel periodo 4-27 maggio: percentuale di tamponi diagnostici positivi, tamponi diagnostici per 100mila abitanti, incidenza di nuovi casi per 100mila abitanti. Lombardia, Piemonte, Liguria, Puglia ed Emilia-Romagna risultano superiori alla media nazionale per quanto riguarda la percentuale di tamponi diagnostici positivi, ma anche per l’incidenza di nuovi casi per 100.000 abitanti: rispetto alla media nazionale, la Lombardia ne ha 96, la Liguria 76 e il Piemonte 63. “Il governo – commenta Cartabellotta – a seguito delle valutazioni del Comitato Tecnico-Scientifico si troverà di fronte a tre possibili scenari: il primo, più rischioso, di riaprire la mobilità su tutto il territorio nazionale; il secondo, un ragionevole compromesso, di mantenere le limitazioni solo nelle 3 Regioni più a rischio, con l’opzione di consentire la mobilità tra di esse; il terzo, più prudente, di prolungare il blocco totale della mobilità interregionale, fatte salve le debite eccezioni attualmente in vigore”.

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Il grafico della Fondazione Gimbe sui tamponi nelle regioni (Corriere della Sera, 24 maggio 2020)

Non solo. Il 24 maggio scorso il Corriere della Sera ha pubblicato un grafico che permette divalutare l’attuale livello di ricerca del virus delle Regioni, elaborato dagli esperti della Fondazione Gimbe. Il periodo di riferimento è tra il 22 aprile e il 20 maggio, il passaggio dal lockdown alla «Fase 2». Tre dati sono importanti: quanti tamponi «diagnostici» al giorno ogni 100 mila abitanti (i tamponi «diagnostici» sono i primi, quelli che servono a scoprire se una persona è infetta o no, escludendo i successivi di controllo); quanti «positivi» vengono scoperti (sempre per 100 mila abitanti), e infine la percentuale di tamponi «positivi» sul totale.

Incrociando i dati, le Regioni vengono collocate in quadranti: il primo è quello delle più virtuose, con numero di tamponi sopra la media italiana e numero di nuovi malati ben sotto la media. Tradotto: quelle Regioni cercano tanto il virus e lo trovano poco, dunque la bassa circolazione del Covid 19 è in qualche modo garantita da una vasta lente di ricerca. Umbria e Basilicata, ad esempio, nel periodo di riferimento hanno fatto 2.700-2.800 tamponi e hanno trovato solo 8«positivi» (sempre su 100mila abitanti). Nel secondo quadrante si posizionano invece le Regioni con tamponi sotto la media ma anche «positivi» sotto la media: trovano pochi malati, ma li cercano anche poco. Dunque, può restare il dubbio che circoli più virus di quello che viene intercettato.

Puglia e Campania, ad esempio, hanno scoperto solo 19 e 10«positivi» per 100mila abitanti, tra il 22 aprile e il 20 maggio, ma hanno fatto anche meno di 600 tamponi.

Fare pochi tamponi potrebbe essere una strategia opportunistica (e rischiosa): tenere il numero di casi ufficiali basso e non andare a cercare gli asintomatici, col pericolo che poi il sommerso riemerga in ospedale, all’improvviso, coi ricoveri. Dunque il vero tema è: quali Regioni stanno cercando il virus in maniera approfondita ed efficace? Per certe Regioni come la Lombardia con un elevato numero di casi, il tracciamento dei contatti dei «positivi» può diventare problematico (anche se da giorni il numero di tamponi è in crescita), ma per uno screening profondo e capillare non c’è altra strada.

Nel terzo quadrante (il quarto è vuoto), si trovano Piemonte e Lombardia, più la Liguria e l’Emilia-Romagna, che fanno tamponi in media col resto d’Italia ma trovano più «positivi». «Vista l’incidenza dei nuovi casi, è auspicabile — ribadisce Cartabellotta — che queste Regioni aumentino la propria capacità di effettuare tamponi».

In una nota Regione Lombardia ha definito “gravissime, offensive e soprattutto non corrispondenti al vero” le parole del presidente della Fondazione Gimbe Nino Cartabeellotta che, a Radio 24, parlando della Lombardia, ha sostenuto che ‘si combinano anche magheggi sui numeri’. “In Lombardia i dati sono pubblicati in modo trasparente. Nessuno, a partire dall’Iss, ha mai messo in dubbio la qualità del nostro lavoro. E’ inaccettabile ascoltare simili affermazioni che ci auguriamo siano rettificate da chi le pronunciate”, conclude la nota.

EDIT ORE 16,18: “Regione Lombardia, attraverso il proprio ufficio legale, ha deciso di presentare una querela contro la fondazione Gimbe e il suo presidente Nino Cartabellotta. Un atto inevitabile, il nostro, dopo quanto affermato dal presidente della fondazione che, parlando dei dati sanitari della Lombardia, ha dichiarato, fra l’altro, che ‘si combinano anche dei magheggi sui numeri'”. Lo comunica in una nota la Regione Lombardia. “Accuse intollerabili e prive di ogni fondamento – si legge nella nota – per le quali il presidente di Gimbe dovrà risponderne personalmente. I nostri dati, come da protocollo condiviso da tutte le Regioni, vengono trasmessi quotidianamente e con la massima trasparenza all’Istituto Superiore Sanità”.

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