Cultura e scienze

Perché il Coronavirus fa più male agli sportivi

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-04-25

La questione posta dagli scienziati potrebbe essere importante nella spiegazione di quanto è successo al paziente 1 Mattia, che è appunto uno sportivo

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Il Corriere della Sera illustra i risultati di un articolo scientifico, pubblicato come pre-print su internet (all’indirizzo https:// www.preprints.org/manuscript/202004.0436/v1) e appena rilanciato dall’Istituto superiore di sanità, è al vaglio della rivista internazionale Pediatric Allergy and Immunology.

Secondo il modello scientifico-teorico, l’esito dell’infezione si decide nei primi dieci-quindici giorni dal contagio e dipende dal bilancio tra la dose cumulativa di esposizione virale e l’efficacia della risposta immunitaria innata locale. Le componenti attive sono gli anticorpi IgA (immunoglobuline A) e IgM (immunoglobuline M) naturali, che si trovano nella saliva e nelle secrezioni delle mucose delle vie aree superiori. Il modello è stato elaborato congiuntamente dal dottor Paolo Maria Matricardi, immunologo dell’Università Charité di Berlino, dal dottor Roberto Nisini, immunologo dell’Istituto superiore di sanità e dal dottor Roberto Walter Dal Negro, fisiopatologo respiratorio di Verona con numerosi contributi scientifici nell’ambito della medicina sportiva.

a) l’immunità innata è debole; questa condizione si realizza in molti anziani e nei soggetti privi di anticorpi per difetti genetici
b) La dose di esposizione cumulativa al virus è enorme; situazione ad esempio comune tra medici e operatori sanitari che hanno curato molti pazienti gravi senza le dovute protezioni;
c) Si compie un esercizio fisico intenso e/o prolungato, con elevatissimi flussi e volumi respiratori, proprio nei giorni di incubazione immediatamente precedenti l’esordio dei sintomi, facilitando così la penetrazione diretta del virus nelle vie aeree inferiori e negli alveoli, riducendo fortemente l’impatto sulle mucose delle vie aeree, coperte da anticorpi “neutralizzanti”

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Coronavirus: COVID-19, la malattia (La Repubblica, 4 marzo 2020)

 

La questione posta dagli scienziati potrebbe essere importante nella spiegazione di quanto è successo al paziente 1 Mattia, che è appunto uno sportivo:

«Se Sars-CoV-2 supera il blocco dell’immunità innata e si diffonde dalle vie aeree superiori agli alveoli già nelle prime fasi dell’infezione, allora può replicarsi senza resistenza locale, causando polmonite e rilasciando elevate quantità di antigeni», spiegano i ricercatori. «La successiva risposta immunitaria adattativa è ritardata ma forte (anticorpi IgM,IgA ed IgG ad alta affinità) e —aggiungono gli autori dello studio —, incontrando grandi quantità di antigeni virali nel frattempo già accumulate, provoca grave infiammazione e innesca cascate di mediatori (coagulazione e tempesta di citochine) che portano a complicazioni che spesso richiedono la terapia intensiva e, in alcuni pazienti, provocano il decesso».

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