Attualità
Quello che non torna nelle risposte di Patrizio Cinque sulle case abusive di Bagheria
di Giovanni Drogo
Pubblicato il 2017-09-25
Il sindaco di Bagheria (autospeso dal M5S) è stato sentito per due ore dal Gip inmerito alle tre vicende per le quali è indagato. Ma non tutte le risposte date da Cinque sembrano fornire una spiegazione convincente per il suo comportamento
Questa mattina Patrizio Cinque, sindaco M5S di Bagheria, indagato per rifiuto o omissione d’atti d’ufficio, rivelazione di atti d’ufficio, turbata libertà degli incanti e falso ideologico è stato sentito dal gip di Termini Imerese Michele Guarnotta. Cinque assieme ad altre 22 persone tra cui il vicesindaco, alcuni dipendenti comunali e un ispettore della polizia municipale. Le vicende per cui a Bagheria è stato imposto l’obbligo di firma sono sostanzialmente tre: quella dell’azienda incaricata di gestire i rifiuti a Bagheria senza gara, quello dell’affidamento della gestione del Palazzetto dello Sport e quella di una casa abusiva e di un vigile del suo Comune.
La casa abusiva del cognato di Patrizio Cinque
L’interrogatorio di Cinque – che aveva annunciato di non volersi avvalere della facoltà di non rispondere – è durato circa due ore. Il sindaco ha risposto a tutte le domande del gip. Il sindaco del M5S (al momento è “autosospeso” dal partito) ha negato ogni addebito riguardo la rivelazione del segreto d’ufficio spiegando di essere stato lui “a spingere mio cognato ad autodenunciarsi per l’immobile abusivo. Quindi quando ho saputo che l’autodenuncia, poi rivelatasi falsa, era stata presentata, gliene ho parlato, certo che avesse seguito il mio consiglio. Non potevo immaginare che la firma sotto l’esposto non fosse sua”. Così Cinque ha spiegato la genesi dell’inchiesta nata appunto da un esposto presentato falsamente a firma del cognato Domenico Buttitta che si autodenunciava in quanto proprietario di un’abitazione abusiva (anche la casa del sindaco risulta non essere ancora stata sanata). L’immobile abusivo, una palazzina con diversi appartamenti, è stata dichiarata abusiva ed è stata, dopo l’ordine di demolizione del Comune, acquisita al patrimonio del Comune stesso in base al regolamento comunale considerato “salva abusivi”.
“Siccome si sono presentati i vigili che penso lo sai”. “Ti serve più tempo?”, chiedeva Cinque al cognato. Risposta: “… mi serve più tempo certo”. Cinque: “ Si può rinviare”. Quindi il sindaco scriveva a Chiappone: “… in pratica ci chiedono di andare mercoledì prossimo così ne possono parlare in famiglia.. allora dico che andate mercoledì 8”»
Sempre in merito a questa vicenda Cinque avrebbe anche messo in discussione l’entità della multa da fare al cognato, cercando di ottenere uno sconto per il marito della sorella:
“… però chiaramente si aprirà tutta una situazione, una situazione dove io volevo dirti una cosa noi stiamo facendo la sanzione cioè si può fare da duemila a ventimila euro, Aiello sta facendo a ventimila euro, è una cifra troppo grande non capisco perché… una cosa è pagare duemila euro o una cifra mediana, diecimila, cinquemila, e sono soldi che vanno per le demolizioni per carità, una cosa è ventimila euro che sono cioè una cifra enorme per tutti…”.
E diceva di fare una multa alta ad altri suoi concittadini, quelli che hanno la casa vicino al mare, e bassa al cognato: «“Quindi vediamo di fare questa, di abbassare questa sanzione, di farla bassa magari puoi mettere quelli a 150 metri dal mare gliene dai 20 mila quello è doveroso… perché comunque sai che se la possono passare bene”. Maggiore sembrava recepire: “Vediamo com’è che hanno fatto se ci sono situazione analoghe oppure… ci sono criteri così come dicevi tu e magari li applichiamo”. “Ed in caso – concludeva Cinque – diamo un atto di indirizzo”». In un’altra intercettazione Cinque critica aspramente l’ex dirigente del settore Urbanistica Enzo Aiello per avere applicato sanzioni troppo pesanti: «Sta dando ventimila euro a tutti, secondo me è una follia, perché non fai duemila, scusa? La vogliamo vedere questa cosa?», chiede Cinque al suo assessore Maria Laura Maggiore.
Davanti al gip Cinque ha spiegato che nel colloquio con l’assessore in realtà intendeva tutt’altro ovvero “ci vuole proporzionalità. Non si può dare una multa di 20mila euro a chi ha costruito una verandina abusiva equiparandolo a chi edifica in zona vincolata”. Anche perché – diceva Cinque in un’altra conversazione intercettata – il fenomeno dell’abusivismo edilizio “va storicizzato e contestualizzato e poi un politico deve comprendere i problemi reali. Non siamo più negli anni dei grossi abusi”. Pronta la replica, riportata dall’agenzia di stampa AGI, anche a Claudia Mannino, deputata nazionale eletta a Palermo nel Movimento cinque stelle da cui si è mesi fa autosospesa e che Cinque ha definito “una minchiona”: «Pensi anche a quello che fanno i suoi familiari. Ci sono vicende che, mi dicono, riguardano alcuni suoi parenti». Per inciso la casa di famiglia di Cinque – una palazzina di “appena” quattro piani – si trova all’interno della zona tutelata di Villa Serradifalco.
L’indagine per l’affidamento della gestione del Palazzetto dello Sport
A Cinque viene contestato dai pm, tra l’altro, l’avere fatto pressioni sull’ex commissario della città metropolitana, Manlio Munafò, anche lui indagato, perché il palazzetto sportivo di Bagheria fosse affidato in partnership al comune e all’associazione Nuova Aquila Palermo. La procura ha parlato di accordo collusivo tra Cinque e il presidente della società Salvatore Rappa, pure lui indagato con il quale Cinque parò di una “convenzione fatta su misura per noi”. Attraverso una corposa documentazione e anche annunciando la possibilità di produrre testimonianze, Cinque ha negato qualunque intenzione di gestire la struttura con Nuova Aquila Palermo, anzi ha dimostrato di avere più volte negli anni chiesto l’affidamento del palazzetto ai comuni con Bagheria capofila e non ai privati. Tanto da aver presentato la busta per la manifestazione di interesse fuori termine. E comunque nessun bando di gara è stato mai fatto, ha sostenuto.
Uno dei due legali di Cinque, Vincenza Scardina ha spiegato che “nel settembre 2014 Cinque aveva presentato alla provincia la prima manifestazione d’interesse per una gestione affidata ai Comuni e non ha mai avuto riscontro”. L’incontro con Rappa sarebbe avvenuto invece “solo nel settembre del 2015 quando i sindaci dei comuni sono stati invitati in Provincia per discutere della gestione del Palazzetto e in quell’occasione ci fu anche uno scontro forte perché Cinque si rese conto che ci si stava orientando per un’affidamento ai privati della struttura”. Nelle intercettazioni però Cinque dice a Munafò: «Noi non ne abbiamo problemi, appena fate l’avviso eh… noi comuni insieme… ad Aquila Palermo… facciamo, partecipiamo all’avviso… insieme al partenariato».
L’accusa di affidamento della raccolta dei rifiuti senza gara
L’inchiesta di Termini riguarda anche una “fantasma”, quella per il noleggio di automezzi da destinare alla raccolta dei rifiuti. Secondo l’accusa la procedura per l’affidamento del servizio alla società Tech per una durata di sei mesi a partire dall’aprile 2015 e un importo pari a tre milioni di euro sarebbe stata una “procedura totalmente informale e per di più adottata con ordinanze contingibili e urgenti“. L’appalto è uno dei più grandi tra quelli assegnati dal Comune di Bagheria negli ultimi anni e ad accusare Cinuque è l’ex capo dell’ufficio tecnico Laura Picciurro.
Patrizio Cinque ha detto di aver fornito “un quadro più ampio della vicenda che si basa solo sulla denuncia di una dirigente, guarda caso sottoposta a procedimento disciplinare” spiegando che “l’ipotesi di reato è comunque uscita fortemente ridimensionata dalla misura del gip che ha escluso il reato di turbativa d’asta. Da ottobre peraltro, finita l’emergenza, il servizio è gestito direttamente dal Comune”. La Picciurro era stata sospesa dal servizio dal 17 giugno 2015 al 16 maggio 2016 per decisione del sindaco Patrizio Cinque proprio perché aveva presentato un esposto su un affidamento da tre milioni per sei mesi del Comune alla ditta TECH, del settore dei rifiuti. La dirigente venne ascoltata in commissione antimafia all’Assemblea Regionale Siciliana dove parlò di presunte anomalie nell’appalto. Il provvedimento disciplinare quindi è successivo alla denuncia e non precedente, come vorrebbe invece far intendere Cinque per screditare il teste La dirigente inoltre ha vinto la causa contro il Comune di Bagheria: il giudice del Lavoro Roberto Rezzonico ha disposto il pagamento degli 11 mesi durante i quali la Picciurro non ha lavorato, per un totale di oltre 93mila euro.