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I duecentomila voti persi dal PD
di Alessandro D'Amato
Pubblicato il 2016-06-10
Il partito di Renzi aveva 900mila voti nel 2011 e supera di poco i 700mila oggi nei 24 comuni capoluogo al voto
Marco Palombi sul Fatto Quotidiano di oggi torna sui voti del Partito Democratico alle elezioni comunali e sul confronto con le altre elezioni che in questi giorni ha scatenato molte polemiche. I numeri – quelli del ministero dell’In terno che il quotidiano pubblica – sono chiari: «nei 24 comuni capoluogo al voto (nel 25esimo, Villacidro, c’erano solo liste civiche non attribuibili a schieramenti nazionali) il Pd perde 200 mila voti reali sulle sue liste rispetto alle precedenti comunali, solo in parte recuperati (+35 mila) dalle liste civiche a cui ha dato in franchising la gestione dei territori in questo turno amministrativo».
Il calcolo è semplice e può farla chiunque: il Partito democratico sommando i voti di Roma, Milano, Napoli a quelli di centri meno importanti come Novara, Carbonia eccetera aveva oltre 900mila voti nel 2011 mentre supera di poco i 700mila oggi. I risultati sono tutti negativi, eccetto che in tre Comuni: Varese, Rimini e Caserta (duemila voti in più in totale). Le liste civiche –escluse dal conteggio quelle palesemente di centrodestra (verdiniani, alfaniani, etc.) –a sostegno dei candidati del Pd nei 24 capoluoghi portarono 273mila voti cinque anni fa e 308 mila oggi: 35 mila in più.
PONDERATE per le diverse affluenze registrate nel 2011 e 2016 –gli aventi diritto al voto sono circa 6,6 milioni di persone, la metà della platea coinvolta nel voto di domenica – il risultato percentuale all’ingrosso dice questo:le liste del Pd cinque anni fa valevano il 21%circa dei voti, cui andava aggiunto il 6% abbondante delle civiche; domenica le liste del Pd invece hanno preso il 18% dei voti nei 24 capoluoghi e le liste civiche quasi l’8 %. Tradotto: giù di oltre un punto percentuale.