Gli onorevoli MDP che sono ancora dipendenti PD

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2017-03-16

Enrico Rossi è ancora dipendente del Partito Democratico. Ma non c’è soltanto lui: anche Roberto Speranza e Nico Stumpo sono ancora inquadrati nel PD rispettivamente come coordinatore e quadro. Il governatore della Toscana ha fatto sapere che lascerà a breve. Gli altri?

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Il caso è venuto fuori ieri grazie al Corriere Fiorentino: Enrico Rossi, che è passato a MDP, è ancora dipendente del Partito Democratico. Ma non c’è soltanto lui: anche Roberto Speranza e Nico Stumpo sono ancora inquadrati nel PD rispettivamente come coordinatore e quadro. Il governatore della Toscana ha fatto sapere che lascerà a breve. Mentre dalle parti degli altri tutto tace.

Gli onorevoli MDP che sono ancora dipendenti PD

Se ne è parlato all’assemblea provinciale del PD pisano, dove si accusava Rossi di farsi pagare ancora i contributi pensionistici con il denaro pubblico. E allora il governatore ieri ha risposto: «Avete rotto le palle con questa storia. Mi auto licenzio dal Pd e costituiamo un gruppo per conto nostro e ci lasciamo così. Ci si può lasciare anche con serenità». E ancora: «Regolarizzerò i conti col Partito Democratico per quanto riguarda il versamento dei contributi e altro», chiudendo così 30 anni da funzionario dipendente di Pc, Pds, Ds e infine Pd. Racconta Claudio Bozza:

Nella sua carriera politica Rossi è stato sindaco di Pontedera (riuscendo, con una grande vittoria politica, a fermare la delocalizzazione in Campania della Piaggio), per poi essere eletto in Regione con i Ds, diventare assessore alla Sanità e nel 2010 governatore, rieletto nel maggio 2015, sempre per il Pd. Rossi, in questo lungo arco di tempo, era stato inquadrato come dipendente di partito, con i relativi contributi pensionistici pagati legittimamente (come prescrive la legge) dalle relative istituzioni che ha governato.

enrico rossi

Lunedì sera, a Pisa, i vertici del Pd si erano riuniti per eleggere il nuovo segretario provinciale, dopo che Alessio Lari, sindaco di Buti e in quota renziana, aveva fatto un passo indietro. Nell’ambito di un accordo unitario, a succedergli è stato nominato Massimiliano Sonetti, già vicesindaco di Pontedera e anche lui renziano. Mentre sulla poltrona di tesoriere, dopo Nicola Landucci siederà Paolo Panattoni, già sindaco di San Giuliano Terme. Nell’ambito delle trattative tra correnti è però saltato fuori che tra i dipendenti del partito di Pisa risultava anche un nome che ha lasciato tutti sorpresi: Enrico Rossi, per cui appunto la Regione paga i contributi.
Rossi, verificati i documenti, risultava infatti essere ancora funzionario dipendente del partito che ha mollato in polemica con Renzi. «Non voglio certo fare polemiche populiste, perché quello di Rossi è un diritto previsto a tutela di ogni lavoratore che si impegna in politica — aveva spiegato il tesoriere uscente Landucci — Ma è evidente, dopo l’addio al nostro partito, che la coerenza politica indicherebbe una strada precisa»: licenziarsi da dipendente del partito. Landucci, nell’ultimo anno, con i finanziamenti pubblici al lumicino, ha dovuto fare i conti con debiti importanti.

Niente dichiarazioni pubbliche invece da parte degli onorevoli Speranza e Stumpo. Entrambi risultano assunti dal 2008, il secondo con la qualifica di quadro e il primo con la qualifica di coordinatore.

I voti in parlamento di MDP

Ieri intanto ci sono stati due voti che hanno permesso di saggiare la tenuta della nuova maggioranza che regge il governo Gentiloni. In mattinata la fiducia sul ddl sul processo penale ha incassato 156 sì, 121 no e un astenuto. In questa occasione i numeri hanno rispettato gli schieramenti politici: tutta la maggioranza ha votato la fiducia, compreso Ncd che non era d’accordo su alcune norme, che infatti ha preannunciato di volere chiedere modifiche alla Camera. Disciplinati gli ex Pd ora in Mdp che non hanno fatto mancare il sì. La maggioranza non è invece stata compatta nel pomeriggio, al momento della mozione di sfiducia a Lotti, perché Mdp ha compiuto il primo strappo verso il governo, non votando contro la mozione di M5s. Ma gli ex Pd non si sono trasformati in Bruto e Cassio, non tanto perché questa volta Ala si è schierata con la maggioranza, bensì perché la mozione di sfiducia aveva l’appoggio solo di M5s, Lega, SI e altri ex 5 stelle.

Era il Pietro Secchia di Bersani, ma adesso…

Alla fine non sono arrivati nemmeno tutti e 60 i Sì previsti sulla carta, viste alcune assenze, e ci si è fermati a quota 52. A togliere qualsiasi pathos al voto, era stata Fi che già da giorni aveva annunciato che i suoi 43 senatori non avrebbero preso parte alle votazioni non condividendo lo strumento della sfiducia individuale. Anche se tutti gli altri gruppi di opposizione avessero votato contro Lotti, questi non sarebbe stato sfiduciato. E’ successo, poi, che anche gli altri gruppi d’opposizione, come i “fittiani” di Direzione Italia o Gal non hanno preso parte al voto. Alla fine i sì sono stati 161, nonostante alcune assenze nelle file della maggioranza, con i senatori di Ala che questa volta – in nome del garantismo – hanno votato in modo conforme alla maggioranza, compensando la scelta di Mdp che non ha preso parte alle votazioni per marcare il dissenso rispetto al ministro Lotti, al quale hanno chiesto di dimettersi. Se oggi non si sono presentati problemi di numeri, nel governo c’è una certa apprensione verso Mdp. Se infatti in un qualche futuro passaggio parlamentare tutte le opposizioni si presentano compatte, con Ala al loro fianco, un eventuale scartamento dei 14 senatori di Mdp potrebbe risultare assai rischioso, a meno che – appunto – si ricorra al soccorso dei 16 senatori di Ala, o di qualche ex M5s.

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