Perché NurOwn di Brainstorm rischia di diventare un altro caso Stamina

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-04-30

La battaglia di Paolo Palumbo, malato di Sla, ha acceso i riflettori della politica su una terapia sperimentale a base di cellule staminali mesenchimali. Il rischio è che i nostri rappresentanti in Parlamento non siano in grado di cogliere le sfumature della questione

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Paolo Palumbo è un giovane chef ventunenne di Oristano, dal 2105 è malato di Sla (sclerosi amiotrofica laterale). Da tempo sulla sua pagina Facebook Paolo Palumbo – Finalmente Abili combatte per i diritti dei malati di Sla, soprattutto per il diritto all’assistenza. Ad esempio ha inventato un tampone che consente a chi soffre di disfagia (difficoltà a deglutire) di gustare i sapori di un piatto senza dover deglutire. Palumbo, oltre ad avere il poco invidiabile primato di essere il più giovane malato di Sla in Europa, è famoso per aver iniziato uno sciopero della fame per poter chiedere di fare parte della sperimentazione di una cura per la Sla.

Cosa chiede Paolo Palumbo e cosa promette Brainstorm

La sperimentazione è quella dell’azienda israeliana Brainstorm che sta studiando le cellule staminali mesenchimali e preparando un farmaco che si chiama NurOwn. Per poter entrare a far parte della sperimentazione Palumbo ha fatto 14 giorni di sciopero della fame e ha aperto una campagna di raccolta fondi per poter pagare il viaggio in Israele e le terapie. Anche se è entrato nel programma di sperimentazione infatti lo chef sardo dovrà pagare 500mila euro per le terapie a cui si aggiungono i fondi necessari per gli spostamenti da Oristano a Gerusalemme e quelli per le degenze ospedaliere. Il problema è che questa cura – scrive oggi sulla Stampa Gilberto Corbellini, docente di bioetica alla Sapienza, Consigliere dell’Associazione Luca Coscioni e già membro del Comitato Nazionale di Bioetica – al momento non esiste.

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Il farmaco NurOwn ha superato la fase 1 e 2 della sperimentazione, quelli sulla sicurezza del medicinale e sull’efficacia su un gruppo ristretto (14 in questo caso) di pazienti. È poi stato svolta una sperimentazione di fase 2, negli Stati Uniti su 48 pazienti che sono già stati reclutati. E dovrebbe iniziarne un’altra, questa volta di Fase 3, sempre negli USA, su 200 pazienti, 100 che riceveranno il NurOwn e 100 che riceveranno il placebo. Di fatto quindi Palumbo non farà parte dei trial clinici che prevedono appunto una sperimentazione in doppio cieco con placebo (ovvero con un gruppo di controllo di malati ai quali non viene somministrato il farmaco) ma pagherà per sottoporsi ad una cura la cui efficacia non è al momento provata in modo decisivo. Non siamo di fronte ad un nuovo caso Stamina, perché quella volta non c’erano nemmeno sperimentazioni di Fase 1 (sulla sicurezza del farmaco).

Il problema di NurOwn

A creare false speranze e distorsioni potrebbe essere al solito l’interessamento di parecchi esponenti politici. Il Presidente del Consiglio Conte che ha scritto a Palumbo per  manifestargli la sua vicinanza e fargli sapere di essere «in contatto con il ministro Grillo che sta seguendo personalmente la tua vicenda». Anche Salvini alla ministra della Salute si sono interessati al caso del giovane chef sardo che ha così potuto interrompere lo sciopero della fame.

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Quale è il problema della vicenda? Se Palumbo si vuole curare all’estero – e se ci sono persone che lo sosterranno anche economicamente – è un suo diritto. Vero, ma c’è un problema di tipo etico: è giusto far pagare ad un malato per una terapia che non si sa nemmeno se è efficace per il suo tipo di malattia? Palumbo spiega che sa bene che la “cura” di Brainstorm al momento ha un effetto solamente temporaneo e lenitivo. E lo dice chiaramente su Facebook quando scrive che non vuole dare false speranze: «NESSUNO può assicurarci che le richieste vadano a buon fine. Nonostante la volontà di tutti, l’ultima parola spetta all’azienda farmaceutica detentrice della cura. Ma l’importante è che gli organi ministeriali abbiano capito l’urgenza dei malati e si siano attivati fin da subito». Palumbo ha tutto il diritto di cercare una cura o una terapia che gli consenta di tornare a provare un piacere così elementare e scontato come quello di poter mangiare.

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Ma è giusto che lo Stato incentivi false speranze portando una cura non sperimentata in Italia? In questo modo lo Stato – e la politica – sarebbero responsabili dell’ennesima illusione ai danni dei malati, che pagherebbero centinaia di migliaia di euro per qualcosa che potrebbe rivelarsi inefficace. Scrive Corbellini: «i sistemi sanitari e i medici dovrebbero intervenire in aiuto psicologico delle persone a cui viene prospettata l’illusione di una cura inesistente. L’investimento di false speranze, da parte di malati che non ne hanno più di vere, su obiettivi sbagliati che sono miraggi di facili ricchezze per investitori e scienziati senza scrupoli, è ingiusto». Ed è questo che rischia di rendere Brainstorm e NurOwn un nuovo caso Stamina, non l’eventuale bontà della terapia. Per noi “sani” è facile fare questi ragionamenti, sono sottigliezze che una persona che sente il suo corpo diventare una prigione non può concedersi. E difficilmente una persona sana riesce ad immaginare cosa si prova. Il problema infatti non sono i malati di Sla come Palumbo alla ricerca di una cura. Il problema è il modo in cui la politica affronta queste questioni senza pensare alle conseguenze. Pretendere una cura è un diritto di tutti i malati. Ma se un politico illude un malato è un crimine.

Leggi sull’argomento: Simone Di Stefano e le “scaramucce di paese” in cui era stato coinvolto Francesco Chiricozzi

 

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