FAQ
Filippo Nogarin, sacrificio a 5 Stelle?
Alessandro D'Amato 09/05/2016
Con i numeri a rischio in Comune il primo cittadino potrebbe farsi da parte. La sua maggioranza traballa comunque
Il sindaco di Livorno Filippo Nogarin sabato ha ricevuto un avviso di garanzia, arrivato a pochi giorni da quelli notificati all’assessore Gianni Lemmetti (M5S) e all’ex sindaco Alessandro Cosimi (Pd). La vicenda riguarda l’Aamps, la società di raccolta dei rifiuti partecipata al cento per cento dal Comune di Livorno, gravata da 40 milioni di debiti e avviata sulla strada del concordato preventivo come voluto dal sindaco. L’inchiesta della Procura, che finora vede indagate 11 persone, riguarda gli anni dal 2012 al 2016, con ipotesi di reato diverse. L’Aamps ha chiuso il bilancio 2014 con un rosso di 21 milioni di euro, in gran parte incassi della tariffa sui rifiuti mai riscossi: crediti inesigibili che il Comune ha messo a bilancio, spalmandoli sulle bollette dei cittadini e abbattendo il rosso a 11 milioni. Il Comune, ha deciso poi Nogarin, non avendo i soldi per ripianare i conti dell’azienda, ha portato la società in concordato preventivo. «Io sono sereno, sono io che ho portato i libri in tribunale, sono gli altri che non devono essere sereni», ha detto il sindaco. Marco Imarisio sul Corriere della Sera dettaglia i termini della questione giudiziaria:
Il giudizio sulla buona fede spetta ai magistrati. Ma l’avviso di garanzia per concorso in bancarotta fraudolenta, annunciato da almeno un mese, da quando venne spedito all’assessore al Bilancio Gianni Lemmetti, che aveva varato gli atti oggi contestati dalla Procura e controfirmati a suo tempo dal sindaco, lascia pensare che i peccati originali siano altri. In primo luogo l’ingenuità, seguita dalla consapevolezza della propria fragilità politica. Quando Nogarin decide di portare in tribunale i libri di Aamps, 300 dipendenti e un buco nero di 11 milioni di perdite certificate dall’ultimo bilancio, che risale al 2014, forse è al corrente dell’impossibilità di quelle assunzioni.
I sindacati insistono, e soprattutto dopo cinque espulsioni di consiglieri comunali decise dai meet up dei 5 Stelle, i numeri della giunta sono appesi a un filo, 17 a 16. Quando il capogruppo M5S Alessio Batini annuncia che se i precari non fossero stati assunti si sarebbe dimesso, facendo venire giù tutto, la strada è segnata. Il vecchio cda viene cacciato il 7 gennaio. L’atto di revoca cade dal cielo, senza passare dal vaglio dell’avvocatura civica e dalla firma di alcun dirigente, diventando anch’esso materiale per l’inchiesta, insieme all’ultimo bilancio Aamps, approvato nonostante il parere sfavorevole del collegio dei revisori.
Emanuele Buzzi, sempre sul Corriere, scrive invece che il M5S sta ragionando attorno alla possibilità di chiudere l’esperienza Nogarin proprio per preservare la battaglia su Roma, la campagna elettorale delle amministrative e le future elezioni politiche. D’altro canto gli scricchiolii nella maggioranza che sostiene Nogarin sono oggi ben visibili e il voto di vantaggio che la giunta conserva in Consiglio comunale potrebbe presto venire a mancare. In questa ottica oggi si comprende perfettamente l’errore clamoroso delle espulsioni a 5 Stelle all’epoca del voto sul bilancio. Proprio a causa di quei consiglieri cacciati oggi il sindaco potrebbe essere costretto a dimettersi:
Uno spettro, quello del passo indietro, ventilato anche da alcune indiscrezioni, che fanno temere (a causa sempre delle solite battaglie interne nel Movimento) la mancata fiducia di un paio di consiglieri e il possibile venir meno della maggioranza in giunta. Ipotesi per ora respinte con forza dai vertici. Ecco quindi la scelta (nel caso ci sia una crisi della giunta), ma anche la necessità, secondo i pragmatici, di giocare le proprie carte in anticipo. A partire già dal post di due giorni fa del sindaco. Nogarin, se fiutasse il pericolo di una sfiducia, si dimetterebbe evitando il passaggio in Aula, senza provocare ai Cinque Stelle un danno di immagine. Anzi, cercando casomai l’effetto contrario, di martire del sistema. Lui, insomma, sarà il volto del Movimento. Da solo. Almeno in questa prima fase.
Una concertazione cercata e voluta tra direttorio e sindaco: «Questo per noi è un test dopo quanto successo in Campania», dicono nel Movimento 5 Stelle. «Di sicuro non vogliamo fare regali ai dem». Parole che trovano riscontro nei post infuocati di Roberto Fico e Danilo Toninelli contro gli attacchi dei democratici «Noi chiediamo ai nostri sindaci quello che chiediamo ai sindaci del Partito democratico», spiega Di Maio (che questa settimana sarà lontano dall’Italia, impegnato in tour tra Parigi, Berlino e Strasburgo). Ma in realtà il pensiero dei 5 Stelle va oltre le vicende giudiziarie, l’orizzonte è a più ampio raggio. «In questo momento rimaniamo concentrati su Roma», chiosa un parlamentare. Un passaggio che ha un significato chiaro: i pentastellati sono pronti a sacrificare Livorno sulla strada per il Campidoglio e per un eventuale testa a testa alle Politiche.
Il direttorio però sembra non rendersi conto che Nogarin, al contrario di Pizzarotti, è una bandiera del M5S e gode di una credibilità presso i fondatori molto più ampia anche di alcuni parlamentari. Di certo venderà cara la pelle.