La storia di Niccolò Daviddi, allontanato dalla cooperativa dopo aver denunciato in tv lo sfruttamento degli archeologi

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2022-06-16

Il giovane, intervistato da Agorà, aveva parlato della paga ridotta – 6 euro l’ora – e dopo quelle sue parole è stato tagliato fuori dalla suddivisione dei lavori nei vari cantieri

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Aveva raccontato in televisione lo sfruttamento dei giovani archeologi e la paga oraria di gran lunga al di sotto di quell’idea di portare il salario minimo a 12 euro come previsto da quanto approvato solo ieri in Europa. E per averlo fatto – senza mai citare la cooperativa presso la quale prestava servizio come “partita IVA” – Niccolò Daviddi ha perso il suo lavoro. Essendo un libero professionista, non si può parlare propriamente di “licenziamento”, ma l’effetto è ovviamente quello.

Niccolò Daviddi, il giovane che ha perso il lavoro dopo aver denunciato lo sfruttamento

Il 32enne lavorava – a partita IVA – per una cooperativa che si occupa dei cantieri di Roma. La Sovrintendenza dei Beni Culturali, infatti, prevede la presenza di almeno un archeologo (quotidianamente) su ogni sito aperto. E lui, ogni giorno, riceveva sulla chat Whatsapp della cooperativa un messaggio con la suddivisione dei lavori tra lui e i suoi colleghi. Il tutto a paga ridotta, ridottissima. Ad Agorà, infatti, aveva parlato non della “azienda” con la quale aveva questo contratto da libero professionista, ma del sistema generale che porta a stipendi miseri per i giovani archeologi. Ma il video della sua intervista è finito in un gruppo social – molto frequentato – e alla fine è arrivata l’amara sorpresa.

“Volevo dirvi che sono stato licenziato – ha scritto a una pagina Twitter che da sempre si occupa di problemi relativi a questo settore -. Cioè, naturalmente non licenziato in senso tecnico: dato che lavoro a partita Iva, neppure quell’onore posso permettermi. Ma ieri sera, poche ore dopo che il video del servizio era stato condiviso in un grosso gruppo Facebook di archeologi, sono stato rimosso (senza alcuna comunicazione) dalla chat Whatsapp in cui la cooperativa assegnava le commissioni per i vari cantieri. Ma ieri sera, poche ore dopo che il video del servizio era stato condiviso in un grosso gruppo FB di archeologi, sono stato rimosso (senza alcuna comunicazione) dalla chat whatsapp in cui la cooperativa assegnava le commissioni per i vari cantieri. Quindi, ho perso il lavoro. Mi sembra giusto raccontarlo, perché è segno di dove siamo adesso: siamo ricattabili e ricattati. Non avevo raccontato nulla su quella cooperativa, avevo parlato di un sistema che non va: compensi orari medi intorno ai 6€/h, obbligo di aprire la partita IVA per lavorare. Lavoro “da libero professionista” che in realtà si configura come lavoro para-dipendente senza diritti. Una cosa che qualsiasi archeologo romano, ma vorrei dire italiano, sa. A quanto pare però si può sapere, si può fare, ma non si può dire”.

Niccolò Daviddi era stato “costretto” ad aprire la partita IVA per lavorare, perché la tipologia di contratto offerta lo prevedeva. Per questo non si può parlare di “licenziamento” nel senso più profondo del termine. Ma gli effetti per lui sono esattamente gli stessi. Perché ha perso il lavoro e quello stipendio da 6 euro l’ora che, seppur contestato, gli consentiva di respirare.

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