Moody’s, l’Italia e l’uscita dall’euro

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2018-05-27

Il rapporto dell’agenzia di rating sul rischio downgrade: i piani del nuovo governo e le sue intenzioni sulle riforme alla base della bocciatura

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Il mix tra costosissime misure senza copertura e agguerriti propositi di affossamento della legge Fornero ha motivato la scelta di Moody’s di mettere sotto osservazione il debito italiano per una possibile retrocessione del suo rating, il voto che le agenzie internazionali danno alla capacità di uno Stato di ripagare i propri creditori. A sorpresa, però, nel rapporto che oggi Repubblica illustra meno preoccupazioni suscitano invece le pulsioni anti-europeiste e lo scetticismo sulla permanenza nell’euro. Perché non sono considerate credibili.

«Il presidente italiano – dice Moody’s con un atto di fiducia non irrilevante nei confronti della figura di Sergio Mattarella – ha un potere significativo nel garantire che ogni governo onori i suoi impegni internazionali, compresi quelli assunti nell’adesione all’area dell’euro». Insomma, il rischio che si realizzi il piano B prefigurato da Paolo Savona, o che solo si pensi di prepararlo (come indicava la versione iniziale del “contratto” Lega-M5S) «è molto basso».

Il vero pericolo viene invece da altri due versanti. Uno è quello dei conti pubblici: il piano di spese e detassazioni del nuovo governo crea un «rischio significativo di indebolimento della forza di bilancio dell’Italia».

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Le previsioni di Moody’s per l’Italia (Repubblica, 27 maggio 2018)

Conclusione dell’agenzia: i piani del nuovo governo e le sue intenzioni sulle riforme «suggeriscono che il debito non scenderà in misura sostenibile», e se questo avverrà, la bocciatura sarà certa. Cosa accadrebbe dopo? Con un debito declassato (magari anche dalle altre due principali agenzie di rating) e quindi meno affidabile, aumenterebbe il costo di rifinanziamento per il Tesoro. E le banche riceverebbero meno liquidità perché si deprezzerebbero i titoli di Stato portati a garanzia alla Banca centrale europea. Ma soprattutto, quanto ci costa l’aumento dello spread? Se dopo il primo gradino scendessimo anche di un secondo, ci troveremmo al livello “junk” (spazzatura), con i titoli di Stato non più acquistabili dalla Bce e in pratica senza mercato.

In copertina: illustrazione di Artefatti

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