Matteo Salvini: #ilmilitante che non riesce a governare

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2015-05-08

Esce oggi #ilMilitante, il primo libro che racconta la vita e le battaglie di Matteo Salvini, da quando andava a bere una birra al Leoncavallo ai pranzi con Marine Le Pen. Un libro per capire Salvini e la sua strategia di comunicazione per non rischiare di banalizzare il fenomeno (e il popolo) che rappresenta

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Di Matteo Salvini si parla ovunque, non è possibile sfuggire alla sua presenza televisiva ed ancora più difficile è non incappare in qualche suo post (o qualche commento su di lui) su Facebook o su Twitter. Ad eccezione del Presidente del Consiglio e visto che Beppe Grillo è ancora “stanchino”, Salvini è il leader politico del momento, di lui si scrive tutto e il contrario di tutto. Alessandro Franzi e Alessandro Madron cercano di fare il punto e in Matteo Salvini #ilMilitante: La nuova Lega guarda anche al Sud per cambiare il centrodestra e l’Europa. Contro Renzi, l’euro e l’immigrazione di massa ci raccontano, con interviste a molti protagonisti della politica che hanno incrociato Salvini in passato, la genesi di Salvini e il modo in cui il leader della Lega ha cambiato il suo partito nell’era del dopo Bossi (e soprattutto nel dopo Maroni).

OLTRE LA FELPA C’È DI PIÙ
«Quarantadue anni, in politica da ventidue. Mai un ruolo di governo» . Così viene presentato Salvini che incarna appieno la figura del militante, di quello che sta contro, perennemente all’opposizione (almeno fin’ora). E questo non è un caso del destino, ma una precisa scelta di immagine, così come lo sono le sue felpe improbabili e soprattutto il suo modo di porsi sui social network. Matteo Salvini ha scelto di presentarsi come il popolo che vuole rappresentare, e va orgoglioso della sintonia che si è creata tra lui e il suo elettorato. Al punto che, come fanno notare gli Autori, spesso e volentieri i commentatori superano (in razzismo, proclami violenti, odio per la ka$ta) il tono dei post originali del Capitano. E le felpe sono solo uno dei modi che Salvini utilizza per mostrare la sua vicinanza al popolo leghista per “marcare il territorio” come dice in una delle interviste del libro. Fino ad ora questa strategia ha pagato, la Lega è risalita nei sondaggi e ha ottenuto consensi importanti anche in zone dove storicamente non ha mai brillato (ad esempio in Emilia Romagna). C’è da vedere però se Salvini saprà superare sé stesso se sarà in grado di continuare ad essere il Militante (o il Capitano, come lo chiamano i suoi) per diventare Capo (come Bossi) oppure sindaco o Presidente del Consiglio. Al momento non ha ancora scelto se sfidare Renzi alle Politiche oppure presentarsi come candidato sindaco a Milano. In entrambi i casi sarebbe un bel passo avanti, perché Matteo non ha mai governato. Anche quando è stato consigliere di maggioranza a Milano con Albertini di lui l’ex-sindaco ricorda che preferiva stare fuori da Palazzo Marino con il megafono invece che stare dentro a votare con i suoi.

DAL LEONCAVALLO ALLE STELLE
La vulgata racconta che fin dal suo esordio in politica Matteo Salvini sia stato un leghista atipico (e considerando che negli anni Novanta la Lega era un movimento atipico di suo è tutto dire): frequentatore dei centri sociali e candidato nella lista dei Comunisti Padani. In realtà le cose non stanno proprio così, Salvini probabilmente è andato a qualche serata del Leoncavallo ma non lo si può certo definire un assiduo frequentatore del centro sociale milanese è un’esagerazione, come racconta nel libro Daniele Farina, uno dei leader storici del Leonka:

Mai avuto nulla a che fare con noi, chi l’ha mai visto, Salvini? Penso che dire di essere un leoncavallino possa essergli stato utile a fare un po’ di eterodossia, per farsi largo come ragazzo di belle speranze nello spazio leghista. Le sparava già grosse.

Anche la storia di Salvini comunista, seppur “padano”, non è del tutto vera. Emerge infatti che Salvini fu più un “comunista per caso” in virtù della necessità di presentare nell’allora (nel 1997) nascente Parlamento Padano un numero di liste più che sufficiente (sessantatré in tutto) a coprire tutto lo spettro politico. Insomma Bossi avrebbe piazzato Salvini (che prenderà 191 voti) in quella lista solo per fare numero. Ma incredibilmente questo abbastanza insignificante episodio nell’altrettanto insignificante storia del Parlamento Padano continua a tornare fuori ogni volta che bisogna raccontare Matteo Salvini e la sua storia politica. Ma questo non dà fastidio a Matteo un po’ – forse – perché fa buon gioco a scardinare quello che, nella definizione data a neXt Alessandro Madron, è il pregiudizio sulla Lega. Ovvero il fatto che ogni proposta leghista venga recepita con una buona dose di pregiudizi perché viene “da quelli che vogliono radere al suolo i campi nomadi”. Il Matteo che è stato leoncavallino e il Matteo che è stato comunista fanno parte di quella strategia salviniana di tentare di unire gli opposti, un politico bifronte, un personaggio di rottura che si definisce “un politico trasversale“, che quando c’è da protestare non ci pensa due volte (e anche un gran paraculo, dice Madron), come spiega Albertini nel libro:

Era uno che da solo faceva per dieci ma gli riusciva difficile, come ancora adesso, mettere insieme la responsabilità dell’amministrazione col suo istinto da pescecane nell’odorare il sangue, nel saper cogliere emozioni, paure e rancori che sono reali ma che lui sa valorizzare e trasformare in consenso.

ma quando c’è da governare? Non pervenuto.

QUALE SARÀ IL FUTURO DI SALVINI?
Il presente di Salvini è la protesta ovunque e l’invasione delle reti televisive, una strategia di comunicazione diversa da quella di altri politici perché, spiega Alessandro Madron «la sua peculiarità è quella di andare ovunque, non solo da Vespa ma anche nelle più piccole emittenti locali». Ma cosa pensano ci riserverà il futuro di Salvini? Andrà al Governo o sceglierà la poltrona di sindaco di Milano? Fermo restando che il libro è stato scritto prima dell’approvazione dell’Italicum è probabile, dice Madron, che Salvini sceglierà di confrontarsi direttamente con quello che considera il suo avversario naturale: Matteo Renzi. E Beppe Grillo? Non andrà mai a governare, dice Salvini. C’è solo da aspettare di vedere i risultati delle regionali in Toscana (dove si vota con un sistema elettorale simile all’Italicum) che potrebbe essere il primo vero test della Lega Nord nazionale fortemente voluta da Salvini.

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