La dignità di Calabresi che risponde alla mancata estradizione dei terroristi da parte della Francia

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2022-06-30

Il giornalista, figlio del commissario ucciso dal già condannato Giorgio Pietrostefani, ha commentato la decisione presa ieri dalla Corte d’Appello di Parigi

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La decisione della Chambre de l’Instruction della Corte d’Appello di Parigi di non dare il via libera all’estradizione di 10 terroristi rossi arrestati lo scorso anno in Francia. Tra di loro c’è anche Giorgio Pietrostefani, l’ex militante di Lotta Continua già condannato in Italia per l’omicidio di Luigi Calabresi. E questa decisione arrivata mercoledì dalla capitale francese è stata commentata con grande dignità da Mario Calabresi, giornalista (già direttore de La Stampa e del quotidiano La Repubblica) e figlio del commissario di Polizia ucciso il 17 maggio del 1972 a Milano.

Mario Calabresi risponde alla mancata estradizione di Pietrostefani

A oltre 50 anni di distanza da quel delitto, le polemiche non sono mancate. Pietrostefani, infatti, fu condannato solo nel 1988 (dopo la confessione di uno degli esecutori materiali dell’omicidio) a 22 anni di carcere per il suo ruolo di mandante (insieme ad Adriano Sofri). Poi la fuga in Francia, il ritorno in Italia, l’arresto, la scarcerazione il ritorno a Parigi dove è stato arrestato lo scorso anno. Quasi mezzo secolo dopo l’uccisione di Luigi Calabresi. E il figlio Mario ha un pensiero molto preciso in merito all’ultima decisione della Corte d’Appello francese.

“Da tempo sono convinto, insieme a mia madre e ai miei fratelli, che mettere oggi in carcere Giorgio Pietrostefani, condannato per l’omicidio di mio padre, non abbia più molto senso, perché è passato mezzo secolo e perché si tratta di una persona anziana e molto malata.
Ma la decisione di rigettare in blocco la richiesta di estradizione per tutti e dieci gli ex terroristi rifugiati da anni in Francia, senza fare distinzione tra le loro diverse biografie, gli iter giudiziari, le condizioni di salute, ha un sapore che la mia famiglia e quelle degli altri parenti delle vittime conoscono molto bene. Il sapore amaro di un sistema, quello francese, che per decenni ha garantito l’impunità ad un gruppo di persone che si sono macchiate di reati di sangue.
Nella vita si può cambiare, queste persone lo avranno certamente fatto, e così si può diventare degli ex terroristi, ma non si può pensare che il tempo possa rimediare o cancellare la responsabilità o la colpa di aver tolto la vita ad un altro uomo. Oggi forse gli ex terroristi festeggeranno di averla scampata per sempre, ma insieme al sollievo, auguro loro di sentire un’emozione diversa: il bisogno di fare i conti con le loro responsabilità e, un istante dopo, il coraggio di fare un passo e contribuire alla verità su quei delitti”.
Ora, dunque, non ha più senso il carcere per l’uomo che ha ucciso suo padre (Mario Calabresi aveva solamente due anni quando è avvenuto l’omicidio), ma il sistema francese ha concesso anni di impunità a criminali che hanno sparso sangue in Italia negli “anni di piombo”.

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