I soldi del M5S mai dati alle vittime del tornado

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-07-18

Il Meet Up di Este accusa i consiglieri regionali veneti di non aver dato i 52mila euro che avevano raccolto per le famiglie e gli imprenditori danneggiati dal tornado che l’8 luglio 2015 devastò la Riviera del Brenta. Ma sotto c’è una guerra interna ai grillini

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Base contro vertice nel MoVimento 5 Stelle del Veneto. Il Gazzettino racconta oggi che il Meet Up di Este accusa i consiglieri regionali veneti di non aver dato i soldi che avevano raccolto per le famiglie e gli imprenditori danneggiati dal tornado che l’8 luglio 2015 devastò la Riviera del Brenta: «I 52mila e rotti euro tanto strombazzati alla vigilia di Natale quando i cinque del M5s si fecero immortalare a Palazzo Ferro Fini con un mega assegno destinato ai tre Comuni colpiti dal tornado, sono tuttora fermi nel conto corrente del consigliere Simone Scarabel».

I soldi del M5S mai dati alle vittime del tornado

«I soldi sono a sua disposizione per suo uso e consumo», accusa il Meet Up. Falso, risponde l’interessato:  «Colpa della burocrazia se i soldi sono stati bloccati, servivano le perizie asseverate, ma è questione di giorni e li daremo ai privati danneggiati dal tornado», dice il nuovo capogruppo del M5s in Regione sempre al Gazzettino. I 5 Stelle hanno raccolto i soldi tagliandosi l’indennità dei consiglieri regionali: si fanno accreditare lo stipendio su un conto corrente a loro intestato presso Banca Etica, prelevano 3000 euro e lasciano i restanti 5mila sul conto come da accordi. I primi soldi accumulati con questo metodo sarebbero dovuti andare ai danneggiati dal tornado, e infatti qualche tempo fa i consiglieri si fecero fotografare con il solito assegno da 52mila euro. Ma i soldi sono rimasti sul conto di Banca Etica intestato a Scarabel, perché lui ha fatto da tesoriere. «I soldi non sonostatiancoraconsegnatiperché servivano le perizie asseverate. Ora che i danni sono stati certificati, faremo degli assegni intestati ai privati danneggiati dal tornado», dice lui sempre al Gazzettino. Ma le accuse non si placano:

Da Este arrivano però altre accuse: quella di aver fatto carta straccia del “manifesto etico” che dice che bisogna partecipare agli incontri provinciali e regionali (ma Scarabel dice di non averlo mai firmato) e quello delle “minacce” di espulsione alla Bartelle. «Non sono minacce – dice Scarabel – È come con il codice della strada: se superi la velocità vieni multato. E questo giro forse c’è un poliziotto più severo». Da parte di Bartelle (che di mestiere fa la poliziotta) nessun commento,da parte di Scarabel un rammarico: «Dovremmo parlare di ben altro, magari della manifestazione di don Torta mercoledì a Treviso a sostegno dei risparmiatori danneggiati dalle banche popolari, spero che tutti partecipino».

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Cosa c’è dietro

Si comprende comunque abbastanza facilmente che dietro l’accusa nei confronti di Scarabel c’è qualcos’altro. Ovvero una guerra interna ai pentastellati che contrappone quattro consiglieri regionali (lo stesso Scarabel, Jacopo Berti, Erica Baldin, Manuel Brusco) a Patrizia Bartelle. In Veneto c’è chi, tra gli iscritti al Movimento 5 Stelle, sta infatti raccogliendo le firme – ne servono almeno 500 – per attivare il “recall” e sottoporre così al vaglio della base il comportamento dei consiglieri regionali pentastellati. Se la base li dovesse giudicare “inadempienti”, i consiglieri regionali dovrebbero dimettersi. La raccolta di firme viene proprio dal Meet Up di Este, da cui proviene la stessa Bartelle. Gli stessi quattro consiglieri non sono andati a una riunione a Pedavena proprio perché era, secondo loro, il Bartelle Fan Club. Con la consigliera gli altri quattro sono ai ferri corti e il dissenso è diventato pubblico quando l’ex poliziotta ha votato in difformità con il gruppo sulla legge sui rom:

Giovedì la poliziotta in aspettativa ha voluto ribadire le proprie ragioni: «Quel voto non era contro l’eliminazione dei campi ma contro il popolo rom», ha sottolineato, stigmatizzando «una manovra razzista e seguita a ruota da pochi altri «Ponzio Pilato» dell’opposizione » (fra cui i suoi colleghi) e facendo presente che al Senato un anno fa «la nostra portavoce Manuela Serra ha fatto approvare, in commissione Diritti Umani, una risoluzione in cui impegna il governo ad adottare misure urgenti ed efficaci per superare i campi Rom… non certo i Rom».
Nella sua dichiarazione di voto, però, il capogruppo Jacopo Berti aveva rimarcato la linea della chiusura già indicata da Virginia Raggi, candidata a Roma e nuova icona del Movimento. Così sempre giovedì il leader veneto ha espresso il suo disappunto: «Prendo atto che ci sono stati tre voti in difformità dal gruppo e un’uscita sul crocifisso che ho trovato fortemente irrispettosa dei credenti. Ora valuteremo internamente la questione, attraverso un franco confronto. Magari è stato solo un inciampo, l’importante è che torniamo a essere un gruppo che vota in maniera forte e compatta».

Gli altri consiglieri avevano polemizzato con la Bartelle anche in occasione di un voto sul crocifisso. Insomma, una guerra interna condotta a suon di bannerini. Come in tante altre occasioni.
Foto copertina da qui

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