Cultura e scienze
Come le Iene affrontano un caso di stupro se la vittima è un uomo
di Giovanni Drogo
Pubblicato il 2017-12-13
Il modo in cui Le Iene hanno analizzato la testimonianza di Matteo, che ha raccontato di aver subito una violenza sessuale da parte di un “cantante famoso”, ha suscitato parecchi dubbi. Perché quando si è trattato di accusare Fausto Brizzi il programma Mediaset non si è fatto così tanti scrupoli a verificare la veridicità dei racconti delle vittime?
Continua la strana caccia al tesoro delle Iene agli abusi e alle molestie sessuali commesse da vip e personaggi famosi del mondo dello spettacolo. Come abbiamo già visto per “l’inchiesta” su Fausto Brizzi la prima puntata serve a creare l’hype, l’attesa e a fare una rivelazione sconcertante. Poi arriveranno altre segnalazioni e quindi un nuovo servizio. A finire nel tritacarne mediatico per ora è solo Matteo, il protagonista del servizio della Iena Ruggeri andato in onda martedì 12 dicembre. Matteo oggi è un uomo di 38 anni ma ventuno anni fa, quando aveva 16 anni, ha subito una violenza sessuale da parte di un cantante famoso.
Il racconto di Matteo, violentato a 16 anni da un cantante famoso
Matteo ha raccontato di essere stato violentato nel 1996 quando era in servizio come cameriere presso un hotel di Porto Rotondo. Un cantante famoso, al momento senza nome, avrebbe costretto il giovane cameriere a subire un rapporto sessuale contro la sua volontà. Alle Iene Matteo ha fornito il suo libretto di lavoro, per dimostrare che ha effettivamente lavorato in quella struttura alberghiera e numerosi dettagli sulla disposizione dell’arredamento della stanza d’albergo. Ha anche detto in che occasione sarebbe avvenuta la presunta violenza, durante un evento canoro al quale aveva preso parte anche Katia Ricciarelli (che non è in alcun modo coinvolta nella vicenda). Le Iene hanno anche precisato che di quell’evento, a vent’anni di distanza, non c’è più alcuna traccia su Internet.
Ciononostante qualcuno su Internet ha già giocato a fare l’investigatore segreto e sostiene di aver trovato l’identità del presunto colpevole. In particolare una utente di Twitter sostiene di aver trovato la prova di un evento del 1996 organizzato a Porto Rotondo da Katia Ricciarelli al quale ha partecipato un famoso cantante. Il tweet è stato poi rimosso forse perché l’autrice si è resa conto che qualcuno avrebbe potuto denunciarla per diffamazione. Ma ormai è troppo tardi perché il nome è stato fatto e in molti hanno iniziato a parlarne.
Il nuovo metodo delle Iene per raccontare le violenze sessuali
Ci sono però delle fondamentali differenze tra come è stato raccontato dal programma Mediaset il caso delle presunte molestie sessuali da parte di Fausto Brizzi e quello di Matteo. La prima è che non è stato fornito alcun dettaglio e alcun indizio per poter risalire all’identità del cantante. Si sa che è ancora famossissimo e che – ovviamente – era in attività nel 1996. Con Brizzi andò diversamente, perché venne detto subito che il presunto molestatore era “un regista romano quarantenne”. Un’indicazione che rese molto facile risalire all’identità di Brizzi ancora prima che le Iene la rivelassero. Perché questa cautela e questa differenza di trattamento?
Se da un lato è apprezzabile che le Iene abbiano deciso di non dare il La alla caccia alle streghe senza prove dall’altro molti si sono chiesti se questa scelta sia dovuta anche al fatto che a denunciare questa volta non è una donna ma un uomo. Anche perché di cautele le Iene ne hanno utilizzate parecchie questa volta. Molti hanno avuto il sospetto che questo sia stato fatto perché la vittima è un uomo e si parla di un rapporto omosessuale. Oltre alla visita all’hotel (cosa non possibile nel caso di Brizzi visto che le presunte molestie si sarebbero svolte nel suo ufficio) le Iene hanno anche consultato un criminologo che ha dato consigli alla Ruggeri su come intervistare Matteo e su quali domande porre per poter accertare se stava raccontando la verità o meno.
È però evidente che un conto è se certe domande le fa un professionista un altro se le fa un’inviata delle Iene (o un giornalista senza alcuna esperienza nel campo). Il primo saprà come modularle, il secondo invece ripeterà a pappagallo i “consigli”. Il metodo lascia parecchi dubbi: un medico può spiegarmi come visitare un paziente e io posso anche ripetere pedissequamente le istruzioni ma non potrò dire di aver visitato una persona solo perché le ho seguite. Dal punto di vista dei diritti dell’accusato (non imputato visto che non c’è alcun procedimento penale in corso) è un bene che le Iene abbiano deciso di usare maggiore prudenza.
Non si capisce però come mai questo metodo, che certo è stato inventato nelle ultime due settimane, non sia stato utilizzato anche per le interviste su Brizzi. Anche perché una delle due donne che avevano accusato a volto scoperto il regista ha poi ritrattato le accuse. In fondo le domande che la Iena ha posto a Matteo sono dello stesso genere di quelle fatte alle presunte vittime di Brizzi (per le quali non era stato chiesto l’aiuto dell’esperto). Solo la testimonianza di Matteo però è stata poi analizzata “alla moviola” dallo psicologo. Probabilmente le Iene hanno cercato di “fare bene” ma è davvero incredibile che questa idea non sia venuta in mente anche in altre occasioni dove si è andati decisamente molto meno per il sottile.