Le 24 ore in cui Giorgia Meloni ha sotterrato politicamente Salvini

di Lorenzo Tosa

Pubblicato il 2021-04-28

Tanto rumore per nulla. La mozione di sfiducia al ministro della Salute Roberto Speranza presentata in Senato da Fratelli d’Italia è andata a finire nell’unico modo possibile: contro il muro della maggioranza più ampia della storia repubblicana, e, soprattutto – come da copione – contro l’ipocrisia di Matteo Salvini, che con un doppio carpiato ha …

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Tanto rumore per nulla. La mozione di sfiducia al ministro della Salute Roberto Speranza presentata in Senato da Fratelli d’Italia è andata a finire nell’unico modo possibile: contro il muro della maggioranza più ampia della storia repubblicana, e, soprattutto – come da copione – contro l’ipocrisia di Matteo Salvini, che con un doppio carpiato ha salvato l’odiato Speranza pur di mantenere poltrone e ministri.

Non che Agli atti ufficiali del Senato, quei 221 voti contrari (29 i favorevoli) saranno archiviati come quelli di chi ha respinto una delle più sgagnherate, propagandistiche e temerarie mozioni di sfiducia della storia repubblicana. Ma, nelle cronache della politica, pesano molto di più i 64 senatori della Lega che mancano all’appello di una destra sovranista che ha fatto del tiro al bersaglio su Speranza lo sport preferito degli ultimi mesi, con il proprio “capitano” in prima linea.

E, mentre nel Carroccio in queste ore non si contano i malpancisti per essere stati costretti a rinnegare un anno di battaglie “aperturiste”, dall’altra parte Giorgia Meloni incassa quello che era il massimo risultato della vigilia: aver infierito sulle ferite purulente del suo alleato che, nel giro di 24 ore, in nome della lealtà a Draghi (e alle poltrone) è stato costretto ad alzare bandiera bianca su due delle battaglie più identitarie della Lega versione pandemia: il No al coprifuoco e la sfiducia a Speranza.

Missione compiuta, insomma, per chi, come Meloni, ha scommesso tutte le sue carte sul suo ruolo di opposizione vergine, pura e unica, lasciando che a sinistra si assumano le responsabilità politiche dell’emergenza e a destra l’irresponsabilità delle proprie ipocrisie. Tanto basta a Giorgia “donna, madre, cristiana” per andare a bussare ai sondaggisti, aspettando sulla riva del fiume il cadavere di un Salvini che, in meno di due anni, ha perso quasi il 20% e si prepara, prima del previsto, a passare il timone del centrodestra.

E, intanto, mentre Salvini e Meloni giocano politicamente sulla pelle di un Paese in ginocchio dal punto di vista economico e sanitario, paradossalmente ad uscire da questa giornata più forte che mai è lo stesso Speranza, il cui discorso al Senato è stato applaudito (seppur a denti stretti) anche da larghe parti del centrodestra e che, invece di una impossibile sfiducia, incassa, almeno nei numeri, una fiducia che lo rafforza più che mai, in uno dei momenti più difficili dal punto di vista politico e personale dall’inizio della pandemia.

L’unico a pagar dazio, ancora una volta, è lui, Matteo Salvini, sempre più schiacciato tra la giacca e cravatta governista e la felpa ormai lisa e scolorita del Masaniello verde. E i sondaggi sono lì a dimostrarlo: stando alle ultime rilevazioni di EMG per Cartabianca la Lega è scesa per la prima volta sotto il 22% (al 21,9%), con Fratelli d’Italia staccato ormai 4 punti e mezzo al 17,4%. Avanti di questo ritmo, il tanto atteso cambio della guardia nella leadership del centrodestra potrebbe concretizzarsi già entro l’inizio dell’estate.

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