Cultura e scienze
Burioni ci spiega perché la storia dell'influenza che si accanisce sui vaccinati non sta in piedi
di Giovanni Drogo
Pubblicato il 2018-01-11
Un medico di Rovereto ha notato che tra i suoi pazienti molti vaccinati hanno contratto l’influenza. Il Trentino ci fa un articolo che ha fatto gridare al complotto di Big Pharma a molti laureati in medicina all’Università della Strada. Un vero medico ci spiega come stanno davvero le cose e perché quei dati, per quanto interessanti, non bastano per dire che il vaccino non serve
Ha avuto molto successo in certi ambienti dell’Internet immuni alla comprensione del testo un articolo pubblicato oggi sul Trentino che racconta che l’influenza si accanisce sui vaccinati. Tutto ha luogo a Rovereto, ridente cittadina del Trentino dove un medico di base ha notato che quest’anno tra i suoi pazienti la percentuale di persone che si ammalano di influenza tra coloro che hanno fatto il vaccino antinfluenzale sarebbe maggiore di quella registrata tra chi non ha fatto il vaccino.
L’influenza che si accanisce sui vaccinati a Rovereto
Una “stranezza” e “un’impressione” condivisa da altri due colleghi del medico che però non hanno precisi dati numerici. Il primo medico di base, quello che si è accorto di questa anomalia, invece i numeri li ha e parla di circa l’80% dei pazienti ai quali aveva somministrato il vaccino (o che comunque sa essersi vaccinati) si, è già ammalato di influenza. I fatti, nudi e crudi sono questi, un medico di base sostiene che la maggioranza dei suoi pazienti vaccinati si siano ammalati. Questo però non significa che la maggioranza di tutti i vaccinati contro l’influenza si sia ammalato.
Indovinate invece che messaggio è arrivato? Che il vaccino stagionale contro l’influenza è inefficace ed anzi fa ammalare. Non mancano quelli che ci spiegano che l’influenza è in realtà viene inoculata proprio con i vaccini. Oppure che l’epidemia di influenza è dovuta al fatto che quest’anno è “subentrata l’obbligatorietà dei vaccini”. Curiosamente i vaccini erano obbligatori anche prima e quello contro l’influenza non è obbligatorio (ancorché gratuito per alcune categorie a rischio).
Insomma la storia è sempre la stessa ed è quella di Big Pharma che con la complicità degli istituti di sorveglianza, dei medici e dei politici fa affari mentre noi ci ammaliamo. Qualcosa però non torna, e non sono le affermazioni del medico intervistato dal Trentino, ma il fatto che da un piccolo cluster di pazienti non ben identificato si sia arrivati a dedurre che la situazione è uguale in tutta Italia (e perché no, in tutta Europa, visto che l’influenza è un virus che si diffonde su scala globale).
Roberto Burioni: «Quando si parla di efficacia dei vaccini è bene farlo in base a osservazioni precise e rigorose»
Siccome le cose non stanno così e dal momento che è stato chiamato in causa abbiamo chiesto direttamente al Dottor Roberto Burioni. Il quale oltre ad essere un virologo si è occupato di studiare il virus dell’influenza con particolare attenzione allo studio della emoagglutinina una delle regioni variabili del virus che è il motivo per cui non è possibile sviluppare un’immunità permanente contro l’influenzas. Burioni fa subito chiarezza spiegando che l’osservazione aneddotica è senza dubbio il punto di partenza per uno studio più approfondito ma precisa che «da sola non basta per poter fare certe affermazioni». La ” “stranezza” rilevata dal medico di Rovereto deve essere quindi analizzata e confermata sulla base di dati rigorosi. Ad esempio, chiede Burioni, «questi pazienti hanno tutti contratto l’influenza o qualche forma parainfluenzale?». Si tratta di un dato importante perché – come spiegava Burioni qualche mese fa – ci sono molti virus che danno luogo a “false influenze”.
Il vaccino trivalente contro l’influenza però protegge solo ed esclusivamente contro il virus influenzale (di tipo A e di B) e non contro le false influenze. Sarebbe quindi opportuno capire quanti dei pazienti vaccinati hanno contratto l’influenza e quanti invece altre infezioni respiratorie. Non è chiaro nemmeno – prosegue Burioni – «quanti siano in rapporto ai vaccinati, i pazienti non vaccinati che hanno contratto l’influenza». Come sempre quando si parla di argomenti medico-scientifici è bene farlo in maniera rigorosa..
Ma davvero è possibile che un vaccino possa far aumentare il numero di casi tra i vaccinati? Secondo Burioni la risposta è no: «Possiamo accettare che il vaccino antinfluenzale sia inefficace, ad esempio se è stato conservato male, ma che il vaccino faccia ammalare più spesso richiederebbe la formulazione di teorie immunologiche completamente innovative».
Perché ogni anno è necessario rifare il vaccino?
Una volta dato per assodato che il vaccino non fa ammalare come è possibile spiegare il fatto – seppur aneddotico – che i vaccinati si ammalino di influenza? Per capirlo – continua il medico del San Raffaele – bisogna tenere in considerazione il modo in cui si presenta il virus dell’influenza e come viene prodotto il vaccino. Tutti sanno che generalmente i casi di influenza si verificano solitamente da gennaio alla prima metà di marzo (quest’anno i primi dati sembrano suggerire che la fase di picco si iniziata qualche settimana prima). Il vaccino (si tratta di un vaccino trivalente che fornisce una copertura da ceppi scelti del virus) viene invece prodotto prodotto sulla base di scelte che vengono effettuate all’inizioall’inizio dell’anno per essere pronto a partire da ottobre.
Valutare l’efficacia del vaccino anti-influenzale è una procedura complessa perché il virus si evolve in modo così rapido che il nostro sistema immunitario per ogni nuova variante deve rdeveriadattare le sue difese immunitarie specifiche, che potrebbero non essere efficaci contro la successiva variante del virus. Diversi gruppi di ricerca stanno cercando si studiare un vaccino “universale” contro l’influenza che protegga dalle varie mutazioni ma al momento il vaccino stagionale è quanto di meglio ci sia per proteggersi dall’influenza e dalle sue complicanze.