Il piano di Marino per restare sindaco di Roma

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-10-26

L’ex primo cittadino potrebbe ritirare le dimissioni e trasferire la crisi in aula. Dove il PD dovrebbe sfiduciarlo insieme all’opposizione. Intanto c’è chi disegna un’exit strategy

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“Noi siamo realisti. Vogliamo l’impossibile”. Firmato Ignazio Marino detto ‘el Che’. Sarà forse che li accomuna il lavoro di medico ma non è la prima volta che il sindaco-chirurgo cita frasi e aforismi di Ernesto Guevara. Certo è che il ‘marziano’ nei momenti più difficili si affida alle parole del medico e rivoluzionario argentino. Oggi lo ha fatto salutando la folla di suoi sostenitori radunatasi in piazza del Campidoglio. Poi ha riportato la frase del Che anche sul suo profilo Facebook, accompagnandola con una foto che lo ritrae di spalle mentre fa il suo discorso alla piazza. “Voi mi chiedete di ripensarci. Io ci penso e non vi deluderò” scrive ancora il ‘rivoluzionario’ Marino impegnato in queste settimane in un teso braccio di ferro con il Partito democratico.

Il piano di Marino per restare sindaco di Roma

Che piano ha in mente Marino? Cosa vuole provare a fare per restare sindaco di Roma? A spiegarlo oggi è Sebastiano Messina su Repubblica: l’obiettivo dell’ex primo cittadino è ritirare le dimissioni prima della scadenza dei venti giorni previsti dalla legge. E ha richiamato in molte dichiarazioni pubbliche il ruolo dei consiglieri: 19 del Partito Democratico, quattro di SEL e quattro della Lista Marino:

Sulla carta, non ci sarebbe storia, perché sia Renzi che Vendola hanno preso le distanze dal sindaco, e dunque la verifica dovrebbe essere una formalità dall’esito scontato. In realtà la situazione è assai più cornplicata. E si sta complicando sempre di più. Perché il commissario del Pd romano, Orfini, non è finora riuscito a far ripetere il suo “no” ai 19 rappresentanti del partito in Campidoglio. Molti frenano. Obiettano. E resistono. Quando il commissario ha convocato i consiglieri del Pd chiedendo loro da che parte stavano, il gruppo si è spaccato: la maggioranza – 10 contro 9 – si è schierata con Marino. II clima si è fatto tosi rovente che giovedì il gruppo si è riunito lontano dalla capitale (e dal Nazareno), nella casa di campagna di un consigliere. Venerdì, dopo l’intervista di Marino, il capogruppo Fabrizio Pane-caldo ha sottoposto ai suoi una lettera concordata con Orfini che dava lo sfratto definitivo al sindaco. Nessuno l’ha firmata. “Riparliamone domenica” hanno risposto i più. E nel “gruppo chiuso” su Whatsapp è stato fissato anche un orario: “Ci vediamo alle 16”. Ieri, però, dopo aver sentito le parole del sindaco, nessuno si è più fatto vivo. La riunione, forse, si farà oggi.

Ed è proprio tra oggi e domani che potrebbe arrivare la mossa a sorpresa del Marziano: chiedere lui di fare “comunicazioni urgenti” nell’aula di Giulio Cesare, per esempio giovedì o venerdi:

Rivendicare a voce alta il proprio diritto a realizzare il programma per il quale è stato eletto e, una volta messa da parte la questione degli scontrini, annunciare che si va avanti con nuovi e ambiziosi obiettivi. Ritirando pubblicamente, davanti al Consiglio comunale, le sue dimissioni. Una mossa simile spiazzerebbe il Pd romano. Perché Marino, al contrario di chi vuole sfrattarlo, non ha bisogno di chiedere un voto del Consiglio. E dunque, se il partito volesse andare fino in fondo dovrebbe presentare una mozione di sfiducia o depositare le dimissioni contestuali di tutti i suoi consiglieri. E in entrambi i casi dovrebbe stringere un accordo con l’opposizione -ovvero con Alemanno, i grillini e Marchini -perché senza quei voti la sfiducia non passerebbe e le dimissioni non basterebbero a provocare lo scioglimento del Consiglio. Una prospettiva che, si capisce, non entusiasma affatto il Nazareno. Ecco perché il sindaco non si sta affannando a cercare consensi tra i suoi consiglieri: ha capito che la confusione che regna nel Pd gioca a suo favore. II vero problema. a questo punto, ce l’ha Matteo Orfini: o riesce in 48 ore a convincere il gruppo, tutto il gruppo Pd, che è meglio tornare alle urne, o l’assedio a Marino rischia di trasformarsi nella rivincita di Marino.

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Foto di G. Perilli su “Io sto con il sindaco Marino” (Facebook)

L’ultima mossa di Marino

Ma lì, tra gli scranni dell’Aula Giulio Cesare, ci sono i consiglieri dem pronti a dimettersi in massa. “E’ un’esperienza finita” chiosa il senatore del Pd Stefano Esposito, ormai ex della giunta Marino: “La posizione del partito è chiara”. Addirittura rumors parlano di un’ipotesi azzeramento giunta subito dopo il ritiro delle dimissioni: una mossa in extremis per spuntare un eventuale controffensiva del Pd. Di sicuro il Pd, fiaccato ed estenuato da questo braccio di ferro, vorrà allontanare a tutti i costi l’epilogo in Aula con annessa sfiducia del sindaco. A suggerire una exit strategy l’ex segretario dei dem a Roma, ora deputato, Marco Miccoli: “La proposta è questa – dice – aprire un confronto che duri sei mesi. In questo periodo Marino resta sindaco e il Pd di volta in volta decide se appoggiare le sue proposte, una sorta di appoggio esterno”. Ma c’è chi considera “l’era Marino” già finita, come Alfio Marchini che dice “I duelli di palazzo tra Marino e il PD e tra Alemanno e il suo partito sono il funerale di un sistema al collasso. Noi continuiamo a concentrarci su come migliorare la vita dei romani”. Mentre per la leader di FdI Giorgia Meloni, che non esclude una candidatura a Roma, il ‘non vi deluderò’ di Marino, “sembra più una minaccia”. Intanto domani inizieranno per Ignazio Marino i suoi, forse, ultimi sette infuocati giorni da sindaco.

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