Opinioni
«Il M5S non ha presentato il bilancio. E la trasparenza?»
di dipocheparole
Pubblicato il 2015-12-09
Sergio Boccadutri, onorevole ex SEL oggi nel Partito Democratico oltre che estensore della legge-sanatoria che permette oggi ai partiti di incassare i soldi del finanziamento pubblico senza la certificazione del bilancio, va all’attacco del MoVimento 5 Stelle su Twitter: Boccadutri si riferisce all’obbligo, per chi vuole avere accesso al finanziamento pubblico, di presentare un bilancio certificati. […]
Sergio Boccadutri, onorevole ex SEL oggi nel Partito Democratico oltre che estensore della legge-sanatoria che permette oggi ai partiti di incassare i soldi del finanziamento pubblico senza la certificazione del bilancio, va all’attacco del MoVimento 5 Stelle su Twitter:
Boccadutri si riferisce all’obbligo, per chi vuole avere accesso al finanziamento pubblico, di presentare un bilancio certificati. I 5 Stelle avevano spiegato di non avere intenzione di presentare il bilancio perché avevano rifiutato il finanziamento pubblico.L’Ufficio di Presidenza della Camera ha approvato oggi la delibera che permetterà ai partiti di ricevere per il 2015 complessivi 10 milioni di rimborsi elettorali. Ad opporsi è stato M5s i cui rappresentanti, Luigi Di Maio e Riccardo Fraccaro, hanno abbandonato i lavori. L’opposizione di M5s nasce dal fatto che la delibera è stata possibile grazie alla cosiddetta legge Boccadutri, che ha consentito l’erogazione senza alcuni controlli da parte dell’apposita Commissione di vigilanza. Luigi Di Maio aveva promesso una diffida. La legge Boccadutri serve ad aggirare la verifica della commissione di garanzia prevista dalla legge del governo Letta che abolisce il finanziamento pubblico ai partiti in favore del 2xMille dei contribuenti. Oltre a quei soldi per gli anni 2013 e 2014 (e fino al 2017) sono previsti ancora emolumenti pubblici, ma a patto che i bilanci e le relative spese dei partiti siano sottoposti a controllo da parte della commissione. Che però nei mesi scorsi ha candidamente ammesso di non aver concluso la certificazione dei bilanci a causa della scarsità del personale preposto. La legge è stata licenziata dalla commissione Affari Costituzionali il 30 luglio scorso alla vigilia della pausa estiva dei lavori parlamentari con il mandato al relatore Teresa Piccioni (Pd). Prevede che la disposizione secondo cui, nell’esercizio del controllo sui rendiconti dei partiti, la Commissione verifica anche la conformità delle spese effettivamente sostenute e delle entrate percepite alla documentazione prodotta dai partiti, si applica ai rendiconti relativi agli esercizi successivi al 2014 (escludendo dunque quelli del 2013 e 2014).
Di conseguenza, la relazione della Commissione sul giudizio di regolarità e conformità alla legge dei rendiconti relativi agli esercizi 2013 e 2014 viene effettuata secondo tale previsione. Per il solo esercizio 2013 la relazione (che avrebbe dovuto essere approvata entro il 30 giugno 2015) deve essere resa, sulla base delle nuove norme, entro 30 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento. La disposizione trae origine dal fatto che il presidente della Commissione di controllo sui partiti Calamaro, nel trasmettere la relazione sull’attività di controllo sui rendiconti dei partiti politici relativi al 2013 il 30 giugno scorso, ha fatto presente come, vista la complessità delle verifiche richieste dalla legge e in considerazione delle risorse strumentali e di personale di cui dispone, la Commissione non ha potuto effettuare, nei termini previsti, il controllo sui rendiconti dei partiti politici relativi al 2013. Di conseguenza, la Commissione non ha potuto rendere il giudizio di regolarità e di conformità dei rendiconti alla legge. Dal momento che il giudizio è il presupposto necessario per l’irrogazione delle eventuali sanzioni, gli Uffici di Presidenza della Camera e del Senato hanno sospeso, per i fondi di rispettiva competenza, l’erogazione delle quote dei contributi spettanti ai partiti per il 2015, che avrebbero dovuto essere liquidate entro il 31 luglio di tale anno. Si tratta sia delle quote dei contributi a titolo di rimborso delle spese per la campagna elettorale, sia di quelle a titolo di cofinanziamento per l’anno 2015. Entrambe le forme di contribuzione sono state prima ridotte del 50% dalla legge 96 del 2012 (governo Monti) e poi abrogate dal decreto 149 del 2013 (governo Letta) in modo graduale a partire dall’esercizio 2014 (con una ulteriore riduzione progressiva per gli anni 2014, 2015 e 2016 e poi completamente dal 2017).