Marwa Bouchenafa: storia di una bimba che vive solo attaccata alle macchine

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2017-03-02

Approda al Consiglio di Stato di Francia la vicenda di Marwa, una bambina di un anno e mezzo che in seguito ad un’infezione fulminante è costretta a vivere attaccata alle macchine ed è paralizzata a causa dei gravissimi danni neurologici. I genitori si oppongono al parere dei medici che suggeriscono di porre fine all’accanimento terapeutico

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La storia di Marwa Bouchenafa, nata a Nizza il 10 novembre 2015, inizia il 25 settembre del 2016 quando a causa di un’infezione da enterovisrus Marwa viene ricoverata all’ospedale di Marsiglia in gravissime condizioni. Ha la febbre a 41° e il virus le ha provocato gravi danni neurologici che secondo i medici francesi sono definitivi. Da allora la bambina, vive attaccata alle macchine per la respirazione artificiale e ha tutti e quattro gli arti paralizzati. Per i medici non ci sono più speranze, l’entità del danno patito dalla piccola è tale che non è possibile che si riprenda e continuare con le cure sarebbe un inutile accanimento terapeutico.
 

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I tifosi del Marsiglia hanno esposto degli striscioni a sostegno di Marwa

Il dibattito in Francia sul destino di Marwa

Non sono dello stesso parere Mohamed e Anissa Bouchenafa che non vogliono che i medici sospendano il trattamento nella speranza che le cose possano migliorare. I medici invece sostengono che Marwa dovrà essere sempre alimentata con i sondini e sarà per sempre costretta a vivere attaccata alle macchine e quindi non avrà mai una vita normale, l’estensione del danno neurologico non lascerebbe spazio a dubbi ed inoltre non è possibile determinare se in questo momento la bambina di appena un anno e mezzo stia provando dolore o meno. Da una parte c’è chi per pietà e per non accanirsi su un corpo fragile e indifeso chiede di porre fine alle sofferenze della bambina, dall’altra invece i genitori che non si vogliono rassegnare a perdere la figlia e sperano che Marwa possa un giorno tornare a vivere una vita come quella della sua gemella. Il giornale Le Parisien spiega che legge francese sul fine vita la legge Leonetti (dal nome di Jean Leonetti il deputato dell’allora UMP che se ne fece promotore), promulgata nel 2005, dà la definizione legale di accanimento terapeutico e il potere ai medici di decidere e stabilire quando è il caso di interrompere un trattamento che è diventato ormai inutile. Nei fatti non accade mai che il personale sanitario decida in completa autonomia e si cerca sempre di ottenere il consenso dei familiari in seguito ad un confronto sulle possibilità terapeutiche e le possibilità di guarigione. In alcuni casi, come quello di Vincent Lambert che dal 2008 si trascina per le aule dei tribunali francesi e vede contrapposti i genitori e la sorella dell’uomo – che secondo il parere dell’equipe medica versa in uno stato vegetativo cronico non reversibile – che non vogliono la sospensione del trattamento (che di terapeutico ormai ha ben poco) e la moglie e un altro fratello di Vicent che invece sono d’accordo con i medici che propongono di porre fine all’accanimento terapeutico e lasciar morire Lambert.

La decisione del Consiglio di Stato francese che potrebbe cambiare la legge

Anche i genitori di Marwa, così come quelli di Lambert si sono rivolti ai giudici per poter affermare il loro diritto ad avere l’ultima parola sul destino della figlia dopo che il 4 novembre 2016 il comitato etico dell’ospedale di Marsiglia aveva deciso all’unanimità di proporre alla famiglia la sospensione della ventilazione artificiale. I genitori si sono opposti a questa eventualità sostenendo che la piccola mostra continui segni di miglioramento e che risponde alla voce della madre quando la chiama. La mamma sostiene che anche i disabili abbiano diritto a vivere e la famiglia posta continuamente video su Facebook per difendere il diritto a vivere di Marwa. I genitori non ignorano il fatto che Marwa rimarrà sempre così – anche se su Facebook dicono di essere convinti che prima o poi si risveglierà e tornerà cosciente – ma accettano che la figlia possa vivere in quelle condizioni. È stata anche aperta una petizione online che ha superato le duecentomila firme per chiedere che non vengano spenti i sostegni vitali che mantengono in vita Marwa. Nel frattempo i coniugi Bouchenafa si sono rivolti ai giudici per chiedere che venga rispettata la loro volontà, l’otto febbraio il tribunale di Marsiglia si è pronunciato a favore della coppia spiegando che la diagnosi dei medici è “prematura”. A loro volta i sanitari si sono rivolti al Consiglio di Stato, l’ultima istanza giuridica francese, per chiedere di stabilire chi abbia il diritto di decidere il destino di Marwa, ovvero se porre fine alle sue sofferenze o condannarla ad una vita di sofferenze. Il caso di Marwa non ha nulla di simile con quello di Dj Fabo perché la bambina in quanto tale non ha la possibilità di prendere una decisione del genere. Siamo qui davvero ai confini del dibattito sul fine vita che siamo invece soliti immaginare riguardare adulti o persone che hanno avuto modo – nel corso della loro esistenza – di riflettere su cosa vorrebbero venisse fatto in quelle estreme circostanze. Nel caso di una bambina di poco più di un anno chi è che può prendere decisioni che siano nel migliore interesse del paziente? L’avvocato dei Bouchenafa sostiene che siano i genitori e non i medici a poter avere l’ultima parola, dall’altra parte i medici ritengono che non sia umano condannare la bambina ad un’esistenza che potrebbe (ma non lo sappiamo) essere caratterizzata da un’estrema sofferenza e infelicità. Non è questione di decidere se la vita di qualcun altro è più o meno degna di essere vissuta ma di capire quale sia il diritto predominante: quello del paziente o quello dei genitori? Sono decisioni che sono dolorose e che vanno prese e che il legislatore (soprattutto in Italia) non può più rimandare. Perché a furia di non decidere sarà qualcun altro – ad esempio la scarsità di risorse per potersi prendere cura di tutti i pazienti – a decidere per tutti, sia al posto di chi è contro l’accanimento terapeutico sia al posto di chi si oppone alla possibilità che venga “staccata la spina”.

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