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Dieci parlamentari PD contro il referendum di Renzi
neXtQuotidiano 04/08/2016
Manconi, Mucchetti, Ricchiuti, Tocci, Monaco ed altri annunciano che voteranno no ed elencano sei criticità della riforma costituzionale. Ma continueranno ad appoggiare il governo
Dieci parlamentari del Partito Democratico presentano un documento in cui si argomenta il ‘No’ di merito al referendum costituzionale che non va inteso come un ‘no’ al Governo. I firmatari sono Paolo Corsini, Nerina Dirindin, Luigi Manconi, Claudio Micheloni, Massimo Mucchetti, Lucrezia Ricchiuti, Walter Tocci, Luisa Bossa, Angelo Capodicasa e Franco Monaco. Bossa, Capodicasa e Monaco sono deputati, gli altri sono senatori. I parlamentari sostengono che la loro iniziativa possa essere due volte utile: a centrare il confronto referendario sul merito e non su pregiudiziali posizioni di partito o di schieramento, come finalmente un po’ tutti dichiarano di auspicare; a dare voce a elettori e quadri Pd che non condividono la revisione costituzionale. Ferma restando la consapevolezza, apertamente espressa dai firmatari nel documento, che la loro e’ posizione in dissenso da quella ufficiale del Pd, ma, insieme, nella convinzione che, a norma di statuto, su principi e impianto costituzionale, non si dia disciplina di partito.
Dieci parlamentari PD contro il referendum di Renzi
Le motivazioni sono raccolte in sei punti: circa il deficit di autorevolezza di questo Parlamento viziato dal Porcellum; in ragione del metodo, tutto in capo al Governo, su materia genuinamente parlamentare, che ha concorso a un varo della riforma a stretta e ondivaga maggioranza; perché essa non persegue gli stessi obiettivi dichiarati di semplificazione e di efficienza del sistema istituzionale; perché disegna un bicameralismo confuso, un procedimento legislativo farraginoso, un Senato nel quale si dà una contraddizione tra la sua composizione e le sue alte competenze (in materia costituzionale e internazionale); in quanto opera una esorbitante ricentralizzazione nel rapporto tra Stato e Regioni; perché permane irrisolto il nodo della elettività dei senatori; per il sovraccarico politico di cui si è investito il referendum con le sue implicazioni sul profilo del Pd e sul complessivo assetto del sistema politico.