Cultura e scienze

Davvero la lattuga inquina più del bacon?

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2015-12-16

Comparare l’alimento di origine animale con il maggiore apporto calorico con la verdura con il minore apporto calorico per concludere che la carne “inquina di meno” non è buona scienza. Dare la notizia senza analizzare i fatti è cattivo giornalismo

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A volte i giornali hanno bisogno di titoli sensazionali e ad effetto soprattutto quando si tratta di “scoperte” scientifiche. Ieri Scientific American, il Telegraph, l’Independent e I Fucking Love Science hanno pubblicato tutti il pezzo sulla lattuga che inquina di più (a produrla) di una fetta di croccante e succulento bacon. Il problema, come sempre quando si leggono notizie di ricerche del genere, è che sono studi concepiti in modo da ottenere solo quel risultato. Vi ricordate quando parlavamo dello studio che dimostrava che il cioccolato che fa dimagrire? Ora, io non sono vegetariano ma non ci vuole un genio (né un vegano di decimo livello) per capire che qualcosa non torna. Ecco cosa.
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«La lattuga è tre volte peggio del bacon per l’ambiente»

Come sempre queste notizie strabilianti, che sono molto appetibili perché polarizzano i lettori tra “erbivori” e “carnivori” pronti a scannarsi nei commenti, vanno prese con le pinze. Perché un conto è quello che si dice nel titolo un altro è quello che dice davvero la ricerca. Che come tutte le ricerche ha ovviamente dei limiti che, stranamente, non vengono tenuti in considerazione quando si scrive un pezzo del genere. Il succo della ricerca è questo: rispetto alla quantità di calorie fornita dai due alimenti in questione (lattuga e bacon) lo studio “Energy use, blue water footprint, and greenhouse gas emissions for current food consumption patterns and dietary recommendations in the US” condotto dai ricercatori della Carnegie Mellon ha “scoperto” che produrre lattuga in quantità tali da fornire le stesse calorie del bacon è molto più inquinante sia in termini di consumo di suolo, che di acqua che di energia necessaria per produrle. Booom. Nella settimana dopo il grande meeting COP21 di Parigi dove si è parlato di strategie per ridurre l’inquinamento questa si è che è una notizia.

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Il riassunto delle precedenti puntate

Dati accuratamente scelti

Il problema della ricerca in questione è sostanzialmente uno solo, non ha senso paragonare un cibo (la lattuga) che nessuno mangia per l’apporto di calorie che fornisce (che è davvero molto basso) con uno che viene assunto invece proprio per (ma non solo) l’apporto calorico. Questo si chiama cherry picking, ovvero prendere solo i dati che avvalorano la propria tesi senza tenere conto – ad esempio – che tra gli animali d’allevamento che producono più gas serra ci sono i bovini e non i suini. Quello che i ricercatori hanno fatto è stato paragonare l’alimento di origine vegetale con il più basso apporto calorico con quello di origine animale che è incidentalmente uno tra i minori produttori di emissioni. Insomma se vogliamo dire che dare da bere alle piante di lattuga, coltivarle e processarle è – in rapporto alle calorie fornite – più dispendioso e inquinante che allevare un maiale possiamo dirlo. Ma questo non significa che la dieta vegetariana sia più inquinante. Come ha scritto qualcuno su Reddit:

By extension of the article’s logic, water is the most environmentally destructive thing we could possibly consume. Contains zero calories, takes energy to pump and transport it. Literally infinite environmental impact per calorie

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Uno studio serio avrebbe paragonato l’inquinamento pro-caloria prodotto dall’allevamento delle vacche da carne e da latte con la coltivazione di frutti decisamente più calorici (noci, fagioli, cereali) o proteici, e forse sarebbe stato uno studio serio. Ma non è finita qui, perché c’è un ulteriore aspetto che va tenuto in considerazione: lo studio della Carnegie Mellon riguarda solo gli Stati Uniti: il modo in cui gli alimenti vengono prodotti (allevati o coltivati) e le abitudini alimentari degli americani. Lo stesso discorso, avvertono i ricercatori, potrebbe non essere valido per il continente europeo, dove una percentuale maggiore di cibo viene prodotta e consumata localmente (abbattendo quindi i costi energetici per il trasporto). Avrebbe avuto più senso spiega Martin Heller su Scientific American fare un paragone tra l’apporto nutrizionale delle diverse diete, per consentire di creare una dieta bilanciata con un sufficiente apporto calorico ma meno inquinante di una dieta unicamente basta sugli alimenti di origine animale. Quanto ai giornali che hanno stampato e pubblicato la notizia, c’è da chiedersi quale sia il rapporto tra informazione e inquinamento prodotto.

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