Fatti
Curano i piedi dei migranti della rotta balcanica, ma per la polizia “favoriscono l’immigrazione clandestina”
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2021-02-24
Da anni, ogni fine settimana, Lorena Fornasir e Gian Andrea Bianchi arrivano davanti alla stazione di Trieste per curare i piedi dei migranti, spesso minori, provenienti dalla rotta balcanica. Ieri la polizia ha fatto irruzione nella loro casa, sequestrato pc, cellulari e libri contabili. L’associazione: “In Italia regalare scarpe, vestiti e cibo agli ultimi è perseguito di più che l’apologia di fascismo”
Lorena Fornasir e Gian Andrea Franchi a Trieste li conoscono tutti. Sono due attivisti per i diritti umani, due volontari che ogni giorno arrivano davanti alla stazione Trieste, armati di garze e forbici, per curare i piedi dei migranti della rotta balcanica devastati da migliaia di chilometri. Lei, 68 anni, psicoterapeuta. Lui, 84, professore di Filosofia in pensione. Insieme, offrono cibo, vestiti, medicine, scarpe, sacchi a pelo a migranti, spesso minori, che scappano da miseria, fame, torture. E, in mezzo, sono stati 20 volte in Bosnia per missioni umanitarie, l’ultima appena poche settimane fa.
Eppure, all’alba di ieri, Fornasir e Gian Andrea si sono risvegliati con un’irruzione della polizia nella loro casa – che è anche la sede dell’associazione umanitaria Linea d’ombra ODV da loro fondata. Nel corso del blitz sono stati sequestrati telefoni personali, pc, libri contabili e diversi altri oggetti. Gli agenti erano lì per un motivo preciso: trovare indizi e prove a sostegno di un’accusa pesantissima: favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Un’imputazione che Fornasir e Bianchi rifiutano in modo categorico poiché – hanno scritto in un comunicato – “viene utilizzata in modo strumentale per colpire la solidarietà”.
A prescindere da ogni valutazione nel merito, un blitz del genere, nei confronti di persone che nella loro vita hanno fatto e continuano a fare solo del bene, che negli ultimi vent’anni hanno curato, salvato e assistito, a livello pratico, materiale ed economico (attraverso donazioni) migliaia di migranti, spesso minori non accompagnati, è la dimostrazione lampante di un clima di fondo diffuso nel nostro Paese, da Riace in avanti, con cui la solidarietà è diventata un bersaglio, l’umanità un reato.
“Quando arrivano sono il fantasma di se stessi – ha raccontato qualche tempo fa Lorena Fornasir a “Redattore Sociale” – vediamo tante ferite sui loro corpi, spesso sono in condizioni terribili, esausti. Non mangiano da giorni, patiti di fame e di sete, perché hanno bevuto acqua solo da pozzanghere a terra. Oggi la terra di confine è sempre più pericolosa. A Trieste vediamo quelli che riescono ad arrivare, poi ci sono quelli che la polizia rintraccia e che vengono rimandati indietro, per una politica di deportazioni spietata”.
La nota dell’associazione è fermissima nel condannare quella che giudicano un’accusa priva di ogni fondamento.
“Siamo indignati e sconcertati nel constatare che la solidarietà sia vista come un reato dalle forze dell’ordine. Oggi, in Italia, regalare scarpe, vestiti e cibo a chi ne ha bisogno per sopravvivere è un’azione perseguitata più che l’apologia al fascismo, come abbiamo potuto vedere il 24 ottobre scorso sempre in Piazza Libertà. Condanniamo le azioni repressive nei confronti di chi è solidale, chiediamo giustizia e rispetto di quei valori di libertà, dignità ed uguaglianza, scritti nella costituzione, che invece lo Stato tende a dimenticare. Chiediamo la solidarietà di tutta la società civile, per tutte le persone attaccate perché solidali. Sarà nostra premura comunicare informazioni più precise appena ne entreremo in possesso”.