Cosa ci dicono, per ora, i dati sulla scarsa affluenza alle urne

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2021-10-18

A livello nazionale hanno partecipato al voto (con le urne che si chiuderanno oggi alle 15) poco più di 1 italiano su 3. A Roma e Torino (le due principali città al ballottaggio per l’elezione del sindaco) il calo più sensibile

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Ancora poche ore e poi si conosceranno i nomi dei prossimi sindaci di Roma e Torino (ma anche di centinaia di altri Comuni in cui non è stato “trovato” il nome al primo turno). Ma il dato che salta all’occhio, al termine della domenica di ballottaggio, è quello della scarsa affluenza. Lungo tutto lo Stivale, infatti, poco più di 1 italiano su 3 si è recato alle urne per esprimere la propria preferenza (con più di 6 punti percentuali in meno rispetto a due domeniche fa). E a fare rumore sono i numeri che arrivano dalla capitale e dalla città della Mole, dove molti dei cittadini che vivono nelle zone più periferiche hanno deciso (almeno fino alle 23 di ieri) di non recarsi al proprio seggio.

Affluenza a Roma e Torino in calo, cosa ci dicono (per ora) i dati

Una situazione, parziale, che ricalca in pieno quanto accaduto al primo turno in tutto il Paese. E lo fa con dati che, fisiologicamente, risentono dell’effetto “ballottaggio”. A Roma, alle 23 di domenica 17 ottobre, ha votato il 30,87% degli aventi diritto. Solo 14 giorni prima, alla stessa ora, il numero totale era superiore di quasi 6 punti percentuali.

Come spiega Lorenzo Pregliasco dio YouTrend, la scarsa affluenza è trascinata dai numeri bassissimi che arrivano dalle periferie capitoline. Se nel 2016 furono proprio le zone più estrema della città a “premiare” Virginia Raggi, oggi quel fortino di “voti” conquistati da Enrico Michetti (candidato del centrodestra) al primo turno sembra esser messo a rischio proprio dal ridotto numero di votanti.

“La sindaca grillina Raggi, ricandidata e sconfitta, ha avuto in quel municipio, che è il VI, il 28% . Michetti il 40 per cento. È la periferia più estesa e difficile dal punto di vista sociale e economico. Mentre nel centro storico e in altri quartieri centrali, dove l’affluenza sta tenendo, Gualtieri era andato meglio al primo turno”.

Numeri che sono, ovviamente, parziali ma che potrebbero rappresentare lo specchio di una situazione differente rispetto al primo turno (con un’affluenza finale che, secondo le proiezioni, sembra essere molto più vicina al 40% finale che al 50%).

Il caso delle periferie, anche sotto la Mole

La situazione della capitale sembra ricalcare anche il trend di Torino. Nel capoluogo piemontese, alle 23 di domenica 17 ottobre, si è registrata una percentuale di votanti più bassa del 4% rispetto al primo turno.

Anche in questo caso, come accaduto per Roma, il calo è fisiologico tra primo turno e ballottaggi. E un’altra analogia con la capitale arriva dall’analisi dei dati delle periferie.

Nelle zone a Nord del capoluogo del Piemonte si registra il calo più evidente in termini di affluenza. Numeri che, però, non sembrano influire direttamente sulla vittoria finale di uno dei due candidati (Stefano lo Russo per il centrosinistra e Paolo Damilano per il centrodestra).

Nonostante tutto ciò, però, la situazione sembra essere in linea con quella capitolina. Sia per dinamiche, sia per numeri. Come spiega Maurizio Tropeano sul quotidiano La Stampa, infatti, i seggi elettorali più periferici (da Barriera di Milano. a Regio Parco, passando per Borgo Vittoria, Vallette e Lucento) fecero registrare – nel 2016 – un grandissimo exploit per il MoVimento 5 Stelle e resero solida la vittoria dell’allora candidata sindaca (poi eletta) Chiara Appendino. E alle scorse elezioni Regionali quelle zone segnarono il bottino grosso del centrodestra (con la Lega in testa). Ora l’affluenza è bassissima e il risultato finale (con un discorso che vale sia per Torino che per Roma) potrebbe risentire della scarsa – scarsissima – partecipazione al voto da parte dei cittadini.

(foto ipp/clemente marmorino)

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