Coronavirus: il pericolo contagio negli aeroporti del mondo

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-02-14

Più grandi sono i cerchi, maggiore è il numero di passeggeri infetti che potrebbero arrivare. Spiega oggi Elena Dusi che  Thailandia, Giappone e Corea del Sud sono — non a sorpresa — i Paesi più a rischio

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Una mappa disegnata dall’università di Berlino e dall’Istituto tedesco Koch e riprodotta oggi da Repubblica mostra il pericolo di contagio di ciascun aeroporto del mondo per il Coronavirus 2019-nCov ribattezzato COVID-19. Più grandi sono i cerchi, maggiore è il numero di passeggeri infetti che potrebbero arrivare. Spiega oggi Elena Dusi che  Thailandia, Giappone e Corea del Sud sono — non a sorpresa — i Paesi più a rischio.

Al di fuori della cintura che circonda la Cina, le persone infettate approderanno con maggiore probabilità negli Stati Uniti e in Australia. La via di contagio più agevole per l’Europa è la Germania, in particolare Francoforte. Segue la Gran Bretagna e, subito prima della Francia, l’Italia, con i due aeroporti di Roma in primis e Milano poi. Le rotte stimate del virus coincidono con i collegamenti aerei rimasti aperti. E non è un caso che la probabile porta d’ingresso del virus in Africa sia Addis Abeba: la Ethiopian Airlines è la più importante linea aerea del continente a mantenere i voli con la Cina. «Uno dei nostri mercati più forti», ribadisce la compagnia, resistendo a ogni pressione e invito alla prudenza.

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Coronavirus: il pericolo contagio negli aeroporti del mondo (La Repubblica, 14 febbraio 2020)

In Africa vive circa un milione di cinesi, in Cina studiano 80mila giovani africani (5 mila nell’Hubei), Pechino è il primo partner commerciale del continente e 8 voli diretti al giorno uniscono le due regioni, per un totale di un migliaio di passeggeri. Eppure nessun caso di Covid-19 è stato diagnosticato in Africa:

Finora i 32 casi sospetti registrati in Africa sono tutti risultati negativi. Alcuni campioni sono stati spediti a Parigi per il test, ma l’Oms ha promesso che i laboratori muniti di kit per la diagnosi saliranno a 24 entro il fine settimana. «Al momento siamo a 13, il rischio è certo alto, ma ci si sta organizzando rapidamente», spiega Vittoria Colizza dell’Inserm, l’Istituto statale di ricerca medica in Francia, coordinatrice di uno studio che valuta il rischio di epidemia in Africa, pubblicato su MedRxiv.

Per ora le principali precauzioni riguardano gli screening negli aeroporti. Sfruttano protocolli e strumenti messi a punto per Ebola. «Ma basta un malato con sintomi blandi, o che abbia preso un antipiretico, per sfuggire ai controlli». Dai tempi della Sars, che nel 2003 toccò l’Africa con un unico caso sugli 8 mila totali, «le connessioni con la Cina sono aumentate del 600% — prosegue Colizza — Il rischio d’importare il virus è alto. Ma lo è soprattutto quello di non riuscire a circoscriverlo, una volta arrivato».

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