Coronavirus: in Italia prevale il ceppo che viene dalla Germania

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-07-10

Uno studio su 59 nuovi genomi italiani di SarsCoV2 dice che l’epidemia di Covid-19 in Italia porta la firma del Coronavirus di ceppo europeo B1, quello arrivato in Germania da Shanghai, mentre il ceppo originario di Wuhan sembra avere un ruolo del tutto marginale

article-post

Uno studio su 59 nuovi genomi italiani di SarsCoV2, messi a disposizione della comunità scientifica internazionale dai ricercatori dell’Università Statale di Milano dice che l’epidemia di Covid-19 in Italia porta la firma del Coronavirus di ceppo europeo B1, quello arrivato in Germania da Shanghai, mentre il ceppo originario di Wuhan sembra avere un ruolo del tutto marginale. Lo studio, condiviso sul sito medRxiv, è stato da un’équipe guidata da Alessia Lai, Massimo Galli, Claudia Balotta e Gianguglielmo Zehender del Dipartimento di Scienze biomediche e cliniche Luigi Sacco dell’università Statale di Milano e del Crc Episomi (Centro di ricerca coordinata Epidemiologia e sorveglianza molecolare delle infezioni).

coronavirus italia germania 1

“I 59 campioni provengono da pazienti di Lombardia, Veneto, Marche e Toscana: di questi, ben 58 appartengono al ceppo europeo B1, arrivato dalla Germania: secondo la nostra analisi filogenetica, era presente in Italia già a inizio febbraio”, spiega Gianguglielmo Zehender, professore associato di igiene alla Statale. “A sorpresa solo un paziente del Veneto, che non ha riferito viaggi recenti o contatti con persone dalla Cina, è risultato contagiato dal virus del ceppo ancestrale B di diretta importazione da Wuhan”. Lo studio non è stato ancora sottoposto a revisione.

coronavirus italia germania 2

Questo unico virus di origine cinese rappresenta un vero rompicapo per i ricercatori. Innanzitutto bisogna capire come mai non sembra essersi diffuso. “Ancora non sappiamo se il ceppo cinese sia meno contagioso del virus europeo, oppure se la sua corsa da noi sia stata frenata dalle caratteristiche genetiche dell’ospite umano”, afferma Zehender. Un altro elemento sorprendente è che il ceppo B riscontrato in Veneto presenta una particolare mutazione della proteina Spike (la mutazione 614G) che solitamente caratterizza il ceppo europeo. “La stessa mutazione di Spike è stata trovata anche in alcuni virus del ceppo B isolati in Thailandia, Turchia, Romania, Olanda e Israele”, ricorda Zehender. “Questo ci dice che è una mutazione di grande interesse: alcuni ipotizzano che possa aver aumentato la contagiosità del virus, ma il dibattito è ancora aperto”.

Dall’indagine emerge quindi “la netta prevalenza in Italia di un singolo lignaggio virale (e di suoi lignaggi discendenti) ascrivibile, secondo uno dei sistemi di classificazione più largamente impiegati, al lignaggio B1 e correlabile al primo cluster europeo, che ha avuto luogo in Germania attorno al 20 gennaio ed è stato causato dalla documentata importazione di un ceppo circolante a Shanghai. La divergenza tra gli isolati B1 è risultata relativamente modesta, con differenza nucleotidica media di soli 6 nucleotidi, con alcune eccezioni”. “Tutti i genomi ‘italiani’ – rilevano ancora gli autori – mostrano la mutazione 614G nella proteina Spike”, l”arpione’ usato da Sars-CoV-2 per attaccare le cellule bersaglio. Mutazione, questa, che “caratterizza ormai la gran parte dei genomi virali isolati in Europa e al mondo. Non solo quelli del ceppo B1, ma anche l’unico appartenente al ceppo B” trovato dagli studiosi. “La mutazione di Spike del lignaggio B – rammentano – era peraltro stata rintracciata in alcuni isolati in Thailandia, Turchia, Romania, Olanda e Israele”.

Quello chiamato in gergo tecnico “approccio filodinamico, che attraverso l’analisi della forma dell’albero filogenetico” di un microrganismo “consente di stimare il tasso di crescita esponenziale o il numero riproduttivo effettivo (Re) – riportano ancora gli scienziati – ha mostrato che il virus” Sars-CoV-2 “era già presente in Italia i primi di febbraio, anche se la crescita esponenziale si è verificata tra la fine di febbraio e la metà di marzo, quando l’Re (un parametro che indica il tasso di contagiosità, ndr) è passato da un valore iniziale prossimo a 1 a più di 2,3 e il tempo di raddoppiamento dell’epidemia si è ridotto da 5 a 3 giorni. Solo nella seconda metà di marzo l’analisi ha potuto evidenziare una lieve flessione dei valori di Re, probabilmente in relazione alla adozione delle misure di distanziamento sociale”, ipotizzano gli studiosi. In definitiva la nuova ricerca, commentano da UniMi, “estende le osservazioni preliminari attuate nelle primissime fasi dell’epidemia a un numero di sequenze e a un periodo più ampio e permette di ipotizzare la diffusione largamente prevalente in Italia di un ceppo di Sars-CoV-2 originato verosimilmente da un’unica fonte iniziale di contagio e la sua successiva ulteriore differenziazione in sotto-lignaggi attualmente largamente diffusi in tutto il mondo”.

Leggi anche: L’indice di contagio RT sopra 1 in Piemonte

Potrebbe interessarti anche