Come cambia il Salva-Roma

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-04-24

Un compromesso che permette a Matteo Salvini di dire che lo Stato non si è accollato i debiti di Roma, ma che rende anche più difficile il progetto di ridurre l’addizionale Irpef a carico dei romani

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Il Consiglio dei ministri è finito a mezzanotte e ha trovato un accordo sul Salva-Roma. Sono rimasti in piedi soltanto gli articoli 1 e 7, mentre gli altri sono stati stralciati dal Decreto Crescita. Questo comporta che rispetto agli annunci di Castelli e Raggi il contenuto del provvedimento che dovrebbe risolvere il problema del debito di Roma cambia e di molto.

Come cambia il Salva-Roma

Spiega oggi Il Messaggero che con le nuove norme tutto il vecchio debito di Roma, 12 miliardi di euro di passivo antecedente al 2008, sarà trasferito al Campidoglio. La gestione commissariale che oggi si occupa di gestire il pesante fardello sarà chiusa. Il Comune si occuperà direttamente di pagare le rate dei mutui.

Per farlo potrà contare sui 200 milioni annui che arrivano dall’addizionale Irpef del 4 per mille sui redditi dei romani, e sul versamento da parte dello stato di un contributo annuo di 300 milioni di euro. Esattamente quello che già oggi il Tesoro versa al commissario straordinario. Un compromesso che permette a Matteo Salvini di dire che lo Stato non si è accollato i debiti di Roma, ma che rende anche più difficile il progetto di ridurre l’addizionale Irpef a carico dei romani.

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Il Salva-Roma e il debito di Roma (Il Messaggero, 24 aprile 2019)

Fino a tarda sera le norme prevedevano altro:

Il ministero dell’Economia si doveva accollare il cosiddetto “Colosseum bond”, il buono comunale da 1,4 miliardi di euro emesso a partire dal 2003 dal Comune di Roma. Si tratta di un prestito a tasso fisso che paga una cedola annuale a tasso fisso molto alta, il 5,345%, circa 75 milioni di euro ogni dodici mesi. Il capitale invece, doveva essere restituito in un’unica soluzione nel 2048.

Lo Stato, sempre tramite il Tesoro, si sarebbe accollato anche un altro debito, quello acceso con la Cassa Depositi Prestiti e con alcuni istituti bancari all’inizio della gestione commissariale. Si tratta di 4,5 miliardi circa per i quali oggi il commissario paga una rata di circa 180 milioni di euro l’anno. Il Tesoro, insomma, avrebbe dovuto far fronte a 250 milioni di euro annui di rate del vecchio debito di Roma e il saldo finale del “Colosseum Bond”, ma in cambio non avrebbe dovuto più versare allo stesso commissario straordinario i 300 milioni di euro di contributo annuale.

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E gli altri comuni?

Non è tutto.  Salvini vuole che la norma venga estesa in un provvedimento ad hoc che includa gli altri Comuni in difficoltà: Catania, Alessandria, Torino, Genova, Napoli, Reggio Calabria.  Secondo il Fatto la viceministra Laura Castelli sta lavorando a queste possibilità:

Una di queste, la possibilità per i Comuni che hanno già varato piani di riequilibrio prima del 2019 di spalmare in 20 anni i costi del debito sarebbe dovuta finire nel testo (riguarda una trentina di comuni, tra cui spicca Reggio Calabria). Per le altre misure (possibilità di rinegoziare i mutui con Cassa Depositi e Prestiti, sospensione per due anni delle rate etc.) sarebbe rientrata in un pacchetto in fase di conversione del decreto perché servono coperture e l’accordo di banche e Cdp. La linea di Salvini, invece, è che tutto deve finire in un provvedimento unico.

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Il debito delle grandi città (Il Sole 24 Ore, 23 aprile 2019)

Prima del Cdm Salvini aveva spiegato di aver chiesto a Conte «che tutti i comuni in difficoltà» venissero «tutti aiutati nella stessa maniera, non qualcuno prima e qualcuno dopo». Con un «provvedimento ad hoc per tanti comuni in dissesto, in pre-dissesto, indebitati, in difficoltà economica al Nord, Centro e Sud. Vogliamo aiutare i cittadini romani, savonesi, catanesi e alessandrini».

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