Perché curare il cancro con le terapie complementari fa diminuire le speranze di guarigione

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2018-07-20

Molti pazienti oncologici si rivolgono alle terapie complementari (un insieme molto vasto di pratiche che va dall’agopuntura all’omeopatia) nella speranza di poter aumentare le chance di guarigione. Ma una ricerca spiega: quando queste scelte terapeutiche non sono in accordo con la medicina ufficiale il rischio è di compromettere il percorso di guarigione

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Il ricorso alle terapie complementari per la cura dei malati oncologici può far diminuire le speranze di sopravvivenza in quei pazienti affetti da un tumore curabile. A dirlo è uno studio dal titolo Complementary Medicine, Refusal of Conventional Cancer Therapy, and Survival Among Patients With Curable Cancers condotto da medici e ricercatori del Cancer Outcomes, Public Policy and Effectiveness Research Center (COPPER) della Yale School of Medicine.

Lo studio che mostra come le terapie complementari possono compromettere il percorso terapeutico

Secondo il Dottor Skyler Johnson l’uso della medicina complementare – un insieme di approcci che non rientrano però nell’ambito della medicina – viene spesso scelto dai pazienti oncologici conviti che un approccio olistico che unisca le terapie “convenzionali” e quelle delle medicine complementari possa aumentare le chance di cura. Non stiamo quindi parlando di pazienti che abbandonano completamente percorsi terapeutici basati su evidenze scientifiche per curarsi solo con intrugli, pozioni o omeopatia. Si tratta invece di persone che ritengono che fare ricorso alle terapie complementari possa invece “aiutare”, sostenere o migliorare la possibilità di guarigione.

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Con medicine complementari gli autori dello studio intendono un ampia gamma di prodotti usati dai pazienti oncologici come: erbe e prodotti fitoterapici, vitamine e integratori, medicina tradizionale cinese, omoeopatia, naturopatia e diete “speciali”. Generalmente chi è affetto da tumore si rivolge alle medicine complementari per migliorare la qualità della vita, ad esempio per ridurre gli effetti collaterali della chemioterapia, oppure sono spinti dal comprensibile desiderio di non voler lasciare nulla di intentato per provare a guarire. Alcune ricerche hanno infatti dimostrato che alcune terapie complementari, quali ad esempio il massaggio, l’agopuntura e lo yoga possono in effetti migliorare la qualità della vita e si stima che negli Stati Uniti una percentuale variabile tra il 48% e l’88% dei malati di cancro abbia riferito di aver fatto ricorso ad una qualche forma di terapia complementare.

Qual è il problema del rapporto tra chemioterapia e medicina complementare

I pazienti oncologici credono che così facendo possano aumentare le chance di guarigione. Ma l’analisi della letteratura scientifica fatta dai ricercatori di Yale non ha trovato lavori scientifici che abbiano valutato l’efficacia degli approcci complementari. I ricercatori hanno esaminato 1.290 pazienti colpiti da cancro al seno, alla prostata, ai polmoni, al colon-retto, registrati dal National Cancer Database. Gli scienziati hanno confrontato, nell’arco di un periodo che va dal 2004 al 2013, 258 pazienti che hanno usato la medicina complementare con 1.032 che non l’hanno fatto.

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La ricerca non ha lo scopo di dire (ed infatti non lo dice) che le terapie complementari uccidono o abbassano la speranza di vita perché interagiscono in maniera negativa con altre terapie come la chemioterapia (anche se è sempre meglio consultarsi con il medico curante prima di assumere integratori naturali e preparati fitoterapici). La questione è un’altra; i pazienti che sceglievano di ricorrere anche alle medicine complementari per combattere il tumore sono risultati essere più propensi a rifiutare altri trattamenti oncologici convenzionali e, di conseguenza, “avevano un rischio maggiore di non sopravvivere rispetto a chi si era affidato alle terapie standard riconosciute dalla scienza”. Questo perché i ricercatori hanno scoperto che chi sceglie le medicine complementari ha maggiori probabilità di rifiutare almeno uno dei componenti di una terapia oncologica standard oppure di ritardare di intraprendere terapie convenzionali. È questo il motivo per cui i pazienti che ricorrono alle terapie complementari si espongono a rischi maggiori. Non perché le terapie complementari siano intrinsecamente pericolose ma perché nella lotta ai tumori curabili è fondamentale non procrastinare o interrompere le terapie perché il fattore tempo gioca un ruolo cruciale nel processo di guarigione e remissione del tumore. «Sfortunatamente – avverte Skyler Johnson, primo autore della ricerca – c’è una grande confusione sul ruolo delle cure complementari in oncologia. Anche se possono essere usate per aiutare i pazienti che hanno effetti collaterali importanti dalle terapie tradizionali, sembra che vengano commercializzate o intese come armi efficaci nel combattere il cancro». Insomma il problema è sempre lo stesso: quando una terapia (alternativa o complementare) allontana il paziente da un percorso terapeutico di provata efficacia anche se quelle terapie non hanno effetti collaterali il risultato è che diminuiscono le speranze di sopravvivenza.

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